Per tutti era Mike Bird. Il grande pubblico l’aveva conosciuto così, con il nome che aveva scelto per l’edizione 2017 di Amici. Nel suo ultimo successo, Tutto per me, che ha raccolto 4 milioni di ascolti su Spotify, cantava: “Ho anche paura di volare, lo so fa ridere per la mia età”. È morto a 28 anni la notte del 7 giugno per una leucemia acuta fulminante. Nel suo ultimo post su Instagram, una richiesta di aiuto davanti a un bellissimo tramonto che oggi suona tristemente profetica.
Cos’è successo a Michele
Michele non stava bene da qualche giorno: un forte mal di testa e mal di gola. Sintomi che non sono stati riconosciuti, e che invece potevano rappresentare un campanello d’allarme. Dal pronto soccorso del primo ospedale in cui si è fatto visitare, a Vergato, è stato mandato a casa con un antibiotico per curare le placche in gola. Lamentava grande stanchezza, eppure era un ragazzone sano e vitale. Poi il dolore al collo. Il padre ha raccontato che «Se lo avessero visitato, avrebbero visto le macchie sulla pelle», che sono un’altra spia della leucemia acuta. Forse qualcuno avrebbe capito. Poi si è sentito male a casa di amici. Da lì il ricovero all’ospedale Maggiore di Bologna, ma era già gravissimo. L’intervento d’urgenza per un’emorragia cerebrale non è stato sufficiente. Dopo 3 giorni in rianimazione, è morto. Nel frattempo tutto il mondo dello spettacolo, attonito, si era stretto intorno alla famiglia. E, dopo, una pioggia di messaggi sui social, uno shock collettivo troppo difficile da esprimere che, forse, in questo caso, trova nei cuoricini e nella musica il giusto modo per essere raccontato, visto che le parole non esistono. Tra tutti, quello di Emma, sua coach ad Amici.
Leucemia acuta: come si riconosce
Ma perché nessuno ha capito che Michele era in così grave pericolo di vita? Possono un mal di gola o un mal di testa improvviso far pensare a una leucemia? Lo chiediamo al dottor Marco Zecca, direttore dell’Unità di Oncoematologia pediatrica del San Matteo di Pavia e presidente dell’Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica. «Non esistono sintomi specifici con cui si presentano le forme di leucemia più grave – le acute, molto diverse dalle forme croniche. Le leucemie acute si suddividono in linfoblastiche e mieloidi. Nel bambino le leucemie linfoblastiche acute, più frequenti, sono curabili nella maggior parte dei casi. Le leucemie mieloidi acute, più rare, sono invece delle forme ancora più gravi ma anch’esse curabili. E tra queste, poi, esiste la leucemia acuta promielocitica, che può essere fulminante per la rapidità con cui colpisce ma che comunque, nella modalità improvvisa, riguarda casi rarissimi, meno del 5 per cento. Purtroppo questo giovane rientra in questa casistica. L’evoluzione è molto rapida, questione di giorni ma anche di ore». Però ci sono dei segnali che aiutano a decifrare questo tumore del sangue e che in genere si presentano insieme: «Perdite di sangue dal naso oppure dalle gengive quando ci si lava i denti, una cistite, la febbre, una forte stanchezza e soprattutto lividi improvvisi sulla pelle, dovuti a emorragie».
Perché l’emorragia cerebrale
Tranne che alla gola, non sappiamo fino a oggi se Michele avesse anche questi problemi, saranno le indagini già avviate a chiarirlo. Di sicuro aveva mal di testa. «Il dolore alla testa può nascondere gli inizi dell’emorragia cerebrale, una delle complicanze più gravi e pericolose della leucemia acuta» prosegue il dottor Zecca. «Nelle forme acute, i globuli bianchi possono crescere rapidamente fino ad arrivare a diverse centinaia di migliaia. Questo rende il sangue viscoso e, così denso, fatica a circolare, soprattutto nei vasi più piccoli. Da qui le emorragie, favorite anche da sostanze anti coagulanti che vengono rilasciate dai globuli bianchi, moltiplicatisi rapidamente». Il sangue insomma fatica a circolare e, quello che irrora i vasi e gli organi, è una bomba chimica. Il paradosso è che l’innalzamento dei globuli bianchi, il segnale tipico della leucemia, non significa una protezione estrema dalle infezioni, anzi: «I globuli bianchi in realtà vengono sostituiti dalle cellule leucemiche malate, che fanno crollare le difese immunitarie. Per questo l’organismo è esposto a qualsiasi tipo di infezione, come alla gola o alle vie urinarie».
La lotta contro il tempo
La diagnosi tempestiva è fondamentale. «Basta un semplice emocromo con gli esami per la coagulazione, per capire se ci si trova di fronte a una leucemia. I globuli bianchi alti, un’anemia importante e i fattori della coagulazione alterati sono i primi segnali per il medico. A volte, però, il pronto soccorso di un ospedale non di primo livello può non avere il tempo di passare all’azione». A parlare è il dottor Francesco Lanza, ematologo e trapiantologo, direttore dell’Unità di Ematologia e trapianti della Romagna – la regione in cui tutto è accaduto – e membro del Consiglio del Gitmo (Gruppo italiano trapianti midollo osseo). «In Romagna abbiamo attivato una rete capillare ed efficiente per cui gli ospedali più piccoli, appena subentra il sospetto di leucemia, ci contattano immediatamente per mettere in moto un ematologo, così da iniziare subito trasfusioni di piastrine e una chemioterapia mirata. Ma nei casi più gravi, anche in presenza di diagnosi, può davvero non esserci il tempo. Ci sono pazienti con esami del sangue perfetti fino a pochi giorni prima, e che dopo sono in fin di vita. La fase più critica sono sempre le prime ore dalla diagnosi, quando si rischiano appunto emorragie cerebrali o trombi. È qui che bisogna intervenire».
Michele Merlo è morto in Emilia Romagna. Il giorno prima della crisi per cui è stato ricoverato a Bologna, era stato rimandato a casa dall’ospedale di Vergato, sempre in Emilia Romagna. Ora è in corso un’indagine interna.