2 Giugno 2023. È festa della Repubblica Italiana anche a Los Angeles, con tanto di console italiano, ospiti hollywoodiani, tenori e baritoni. All’improvviso si sente un grande applauso e sul palco sale un uomo che di italiano ha il nome e il fascino. Il sorriso e lo sguardo non ingannano: è Milo Ventimiglia, l’attore amatissimo di This is Us – la serie che gli è valsa 4 nomination agli Emmy – di Gilmore Girls, e di Heroes, nonché del nuovo The company you keep (prossimamente in streaming sulle piattaforme) in cui interpreta l’italo-americano Charlie Nicoletti, truffatore professionista, che passa una notte di passione con l’agente della Cia sotto copertura Emma, interpretata da Catherine Haena Kim. Naturalmente i loro mondi sono inconciliabili, lui vuole tirarsi fuori dagli affari di famiglia, lei dà la caccia al criminale che tiene in pugno la famiglia di lui. Lo abbiamo incontrato.

L’intervista a Milo Ventimiglia

This is Us si è concluso con la sesta stagione. È stato difficile smettere i panni di Pearson?

«This is Us è stato un progetto meraviglioso ma emotivamente molto impegnativo. Dopo 5 anni nei panni di un padre americano, volevo fare qualcosa di diverso, con dei momenti più divertenti, in cui staccare la spina e disconnettersi dalla quotidianità. Il ruolo di Charlie Nicoletti è stata l’opportunità perfetta per interpretare un personaggio cattivo ma con aspetti affascinanti, sinceri e innocenti».

Nella serie le due famiglie principali – Hill e Nicoletti – sono differenti da quelle che di solito vediamo in tv. Perché questa scelta?

«Perché racconta il sogno americano, e non credo che ci sia modo di farlo senza includere l’esperienza degli immigrati. È la nostra società, e in molti si ritroveranno: parla di persone con la nostra stessa voglia di relazionarsi con gli altri, persone che ci assomigliano, con le nostre aspirazioni. Al giorno d’oggi è diventato sempre più difficile realizzare i propri sogni, creare un impero dal nulla».

Come ha creato il personaggio di Charlie, facendo dimenticare a tutti Jack Pearson?

«Vorrei fare una premessa: ho sempre cercato di difendere la mia privacy anche perché quando mi immergo in un personaggio voglio che il pubblico non sia influenzato da quello che faccio nella mia vita privata. La mia ispirazione per Jack Pearson è venuta dall’osservazione di mio padre, dai miei ricordi con lui. Per Charlie invece mi sono guardato allo specchio e ho cercato di capire me stesso in modo più profondo. Alla fine, tutti i personaggi che interpreto sono in qualche modo il riflesso del punto in cui mi trovo in un determinato momento della mia vita».

Ha mai provato a mettere in atto una truffa da imbroglione come Charlie?

(ride) «Non in modo criminale, ma potrei considerare la mia recitazione una sorta di truffa, facendo credere a tutti che sono un bravo attore! In realtà quando reciti cerchi di far emergere le tue emozioni più profonde. Quindi forse truffare e recitare sono facce diverse della stessa medaglia. Non trova?».

È vero che ascoltava tanta musica mentre girava la serie con Charlie?

«Sì, ricorro spessissimo alla musica per creare il personaggio che interpreto. Qui, per costruire lo spessore emotivo di Charlie ho ascoltato un mix di canzoni che mi piacevano come i Massive Attack, Elvis Costello, Black Rebel Motorcycle Club, Audioslave, Thom Yorke, Dan Auerbach, Killer Mike. Nella playlist c’era persino una canzone intitolata Lose Your Soul, scritta ed eseguita da Ryan Gosling quando faceva musica con la sua band, The Dead Man’s Bones».

Milo Ventimiglia e la regia

Lei ha diretto alcuni episodi di This is Us. Le sarebbe piaciuto dirigere un episodio di questa serie?

«Tantissimo, ma essendo costantemente sul set non ho avuto il tempo necessario per prepararmi come regista. Quando lo guarderete, capirete immediatamente cosa intendo: sono in quasi tutte le inquadrature, non sarebbe stato facile coordinarsi. Aggiunga il fatto che intanto stavo anche girando il film di Russell Crowe, Land of Bad. Proprio non avrei potuto».

In passato ha dichiarato che nonostante il successo che aveva avuto nella serie Heroes, ancora non aveva ricevuto proposte interessanti di lavoro. Credeva che non sarebbe riuscito a sfondare come attore?

«Sì, è stato un momento difficile, nonostante facessi provini tutti i giorni, non riuscivo a ottenere un ruolo. Ma tutta questa negatività è stato un momento decisivo per la mia carriera: mi sono chiesto se forse non avrei dovuto fare altro, lasciare Hollywood e usare la mia cittadinanza Italiana per trasferirmi in Italia, prendere una fattoria, allevare animali e coltivare la terra. Il miei bisnonni erano siciliani, la bisnonna veniva da Castelvetrano. Adoro l’Italia».

E poi cos’è successo?

«Poi è arrivata la regista Xan Cassavetes, la figlia di Gena Rowlands e John Cassavetes, con cui ho girato Kiss of the Damned, il capitolo finale della saga del leggendario Rocky Balboa, in cui interpretavo il figlio del pugile. Ho ottenuto la parte grazie al mio background Italiano, e per qualche motivo il mio personaggio ha avuto successo. Sylvester Stallone è stato un mio mentore, uno di quegli uomini che ho sempre visto come fonte di ispirazione da ragazzino. Quando mi ha scelto per il ruolo di suo figlio non ho potuto trattenere le lacrime, e sul set ho cercato di imparare tutto quello che potevo. È una persona di cuore che ha davvero lottato per ottenere il successo».

Milo Ventimiglia e l’Italia

A proposito dell’Italia, quanto è importante il suo legame con la nostra terra?

«Tantissimo, non potrei mai dimenticare le mie origini, il mio Dna. Ciò che per tanti sono stereotipi, per me sono il sangue. Le mie radici rappresentano chi sono, la mia identità, così come il mio lato americano. Mio padre è un veterano del Vietnam, e per onorare il suo servizio faccio volontariato con i veterani. Ho partecipato a varie iniziative della United Service Organization, per il sostegno delle truppe americane in Iraq e Afghanistan. Collaboro con IAVA (Iraq and Afghanistan Veterans of America): aiutano la transizione dei veterani alla vita civile dopo l’11 settembre. Credo sia importante riconoscere l’eroismo delle persone che contribuiscono tutti i giorni alla sicurezza del nostro Paese».

Dove trova l’energia per riuscire ad affrontare le giornate intense sul set?

«Alzandomi prestissimo. Sono anch’io uno dei famosi “early risers” i mattinieri, quelli che si alzano e fanno cento cose prima di fare colazione. In fondo non si dice che “Il mattino ha l’oro in bocca”? (ride). Mi alzo e mi dedico alla meditazione. Inspira ed espira. Ripeti. Ho iniziato da poco, ma i miei genitori meditano da 50 anni. Infatti credo di aver iniziato a praticare quando ero ancora nella pancia di mia mamma Carol» (ride)