Il primo impatto con Monica Vitti, nella mostra che le hanno dedicato a Roma, è un vero e proprio scontro. Devo passare attraverso una foresta di pannelli fotografici dei cento volti che la Vitti ha interpretato, mentre la sua voce racconta l’origine della passione per la recitazione. Durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, per non pensare alla paura, col fratello improvvisava un teatrino. Continuare a recitare è stato poi «un modo per prolungare l’infanzia». Entra, contro il parere della madre, all’Accademia d’arte drammatica. La domanda d’iscrizione, scritta di suo pugno su foglio protocollo, riporta il nome di battesimo, prima che scegliesse lo pseudonimo di Monica Vitti: Maria Luisa Ceciarelli.
Ha puntato sul dono dell’ironia
La dolce Vitti è una piccola mostra a ingresso libero, ben pensata e di grandi contenuti, che l’Istituto Luce ha allestito al Teatro dei Dioscuri al Quirinale fino al 10 giugno. È aperta da pochi giorni, le sale sono sempre affollate e il libro degli ospiti è già pieno di omaggi: una donna, per esempio, scrive di averla incontrata per caso in una gita scolastica negli anni ’90, e che è stata una delle più grandi emozioni della sua vita. Sì, Monica Vitti, oggi 86 anni, è tra le attrici più amate del cinema italiano, perché è riuscita a far piangere, ma soprattutto a far ridere gli italiani. E perché è per le donne un modello di imperfezione: troppo alta per i canoni dell’epoca, voce roca, naso lungo e dritto che però catalizza l’attenzione sullo sguardo, sempre sfuggente e ironico anche nelle pose da seduttrice.
Ha portato sullo schermo le trasformazioni del mondo femminile
Il regista Michelangelo Antonioni si innamora di lei vedendola di spalle, in sala doppiaggio, mentre presta la voce alla benzinaia del suo quinto film, Il grido: «Ha una bella nuca, potrebbe fare del cinema». Monica, tagliente, risponde: «E di faccia ci starebbe sempre il mio partner?». Ne nasce una storia d’amore e una collaborazione artistica che dura per 4 pellicole premiate a Cannes e a Berlino. I due vanno a vivere assieme in un attico a collina Fleming da cui si vede tutta Roma. Il cinema popolare, nel frattempo, scopre la Vitti come attrice comica in un’epoca in cui quei ruoli erano riservati agli uomini («in Italia ci sono 5 comici, 4 uomini e una donna» scrive un giornalista francese negli anni ’60): La ragazza con la pistola di Mario Monicelli, del 1968, è forse il suo film più amato. Donna borghese, popolana, ladra, amante e moglie tradita: Monica Vitti è stata tutti i volti delle donne di quegli anni e questa mostra è, sì, una mostra su di lei, ma anche sulle italiane che, un poco alla volta, scoprivano nuove identità.