Sia maledetta la sindrome di Ginger Rogers. Qualunque donna la conosce, anche se magari non l’ha mai chiamata così. È quella cosa per cui tutti si aspettano che se sei una donna e vuoi fare le stesse cose di un uomo, tu le faccia meglio e con più fatica, proprio come Ginger, che faceva gli stessi passi di ballo di Fred Astaire, ma all’indietro e sui tacchi. Pensare che le donne, per essere considerate alla pari degli uomini nella società, non debbano essere solo uguali nei diritti, ma migliori nei comportamenti, non è femminismo, ma una sofisticata forma di maschilismo che rende ancora una volta le cose difficili solo a uno dei sessi, quello cosiddetto debole, che però davanti alle sfide deve dimostrarsi due volte più forte dell’altro.
Non è un problema maschile: anche molte donne la pensano in questo modo e si compiacciono quando qualcuno dice loro: siete superiori ai maschi, siete multitasking, sopportate meglio il dolore, siete più precise, più empatiche, più collaborative e disponibili. Sembrano complimenti, ma non lo sono: chi dice queste cose si aspetta semplicemente che lavoriate più dei vostri colleghi, facendo più compiti bene allo stesso tempo, che soffriate senza lamentarvi, che capiate le sue debolezze ma non capirà mai le vostre, e che sottostiate volentieri in condizioni di gerarchia dove obbedirete sempre e non possiate decidere mai.
Ma cosa succede alle donne che al gioco dell’essere migliori non vogliono giocare?
Che vita si spalanca per quelle che decidono che non vogliono compiacere le aspettative di nessuno, ma solo i propri desideri e le proprie attitudini, anche a costo di pagarle carissime? Noi di queste donne abbiamo deciso di raccontare le storie e di dar loro un nome unico che diventasse una categoria: Morgana, come la sorella scomoda di Artù, quella definita oscura perché si è rifiutata di mettere il suo potere magico al servizio del regno del fratello e con le sue scelte ha dato vita a un mondo parallelo – la mitica Avalon – dove il giudizio sociale ha smesso di essere il parametro per giudicare le vite delle donne.
Marina Abramovic, Shirley Temple, santa Caterina da Siena, Moana Pozzi, le sorelle Brontë, Vivienne Westwood, Grace Jones, Tonya Harding, Moira Orfei, Zaha Hadid: eccole, le Morgane che abbiamo deciso di raccontare. Vite difficili perché contro ogni previsione, anche quando sono partite (poche volte) da famiglie che quelle previsioni erano disposte a sovvertirle. Sono donne che per le loro scelte si sono prese ogni tipo di etichetta, dalla più infame alla più esaltante, sempre però a distanza, guardate con sospetto e timore, come animali selvaggi che in qualunque momento possono rivoltarsi contro chi vorrebbe accarezzarle. Donne, così le abbiamo definite, che “vostra madre non approverebbe”, perché anche per le più emancipate di noi c’è ancora da qualche parte l’idea che ci sia un modo giusto di essere femmine e un modo che invece nemmeno le altre donne possono sopportare.
Troppo libero, troppo anticonformista, non rischia forse di far saltare le certezze di tutte? A forza di chiedere troppo e a voce troppo alta, non finirà che ci toglieranno anche quello che abbiamo ottenuto pian piano? Forse, ma è un rischio che vale la pena correre per non far morire quella parte di noi – oscura, aggressiva, vendicativa, caotica, egoistica e terribilmente creativa – che è vera come tutte le altre.
Per questo le Morgane, che prima sono state e continuano a essere anche un podcast
della piattaforma Storie Libere (ascoltato in un anno da quasi 700.000 persone) adesso sono anche le protagoniste di un libro. Le raccontiamo a 2 voci, accompagnate dal lavoro artistico di un’altra donna, MP5, che in questi anni – tra i molti lavori – ha prestato la sua creatività al movimento femminista Non una di meno. Ogni Morgana di questo libro distrugge a suo modo il pregiudizio della natura gentile e sacrificale del femminile.
Le loro storie sono educative, ma non edificanti. Disegnano parabole individuali più che percorsi collettivi, ma nella loro ricerca dell’insostenibile morale e sociale finiscono paradossalmente per spostare i margini del possibile (e anche dell’accettabile) per tutte le altre. Nelle sue pagine è nascosta una speranza: che ogni volta che la società ridefinisce i termini di accettabilità della libertà femminile, arrivi una Morgana a spostarli ancora e ancora, finché il confine e l’orizzonte non saranno diventate la stessa cosa per tutte. Fino ad allora, la loro sfrontata stranezza protegge la nostra.
Per incontrare le scrittrici
Oltre a essere un libro, Morgana è anche un podcast che puoi ascoltare su Storie Libere. Se invece vuoi incontrare le autrici, l’11 settembre saranno al Maxxi di Roma alle 21. Mentre il 21 alle 15,30 sono ospiti di Pordenonelegge, e il 6 ottobre alle 16,30 saranno al Festival Eredità delle donne di Firenze.