Un formidabile direttore d’orchestra, uno straordinario compositore, un pianista da brividi, ma soprattutto un uomo che ci ha mostrato come la voglia di vivere sia, a volte, più forte di qualsiasi malattia o tragedia che ti possa colpire. Questo era Ezio Bosso fino a quando non si è spento nella notte, a soli 48 anni, nella sua casa bolognese. Colpito nel 2011 da una malattia neurodegenerativa contro la quale aveva lottato con le unghie e con i denti e che gli stava pian piano rubando quello che più amava, e cioè la possibilità di fare musica e di suonare il piano, il musicista ha continuato fino alla fine a dimostrare un coraggio e un talento che hanno commosso l’Italia intera.

«Se mi volete bene, smettete di chiedermi di mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete la sofferenza che mi provoca questo, perché non posso, ho due dita che non rispondono più bene e non posso dare alla musica abbastanza. E quando saprò di non riuscire più a gestire un’orchestra, smetterò anche di dirigere», aveva detto commuovendo il pubblico in una delle sue ultime apparizioni pubbliche del 2019. Ma anche se la malattia – diagnosticata subito dopo un intervento per la rimozione di un tumore al cervello – gli aveva tolto l’uso delle mani e aveva dovuto dire addio al suo grande amore, il pianoforte, Ezio non aveva mai smesso di “proteggere” il valore della vita e la sua «pazza voglia di partiture».
«Noi che dedichiamo la nostra vita alla musica sin da piccoli frequentiamo germanoaustriaci come Beethoven, o francesi come Debussy, o tedeschi come Brahms e Mendelssohn. Vedete, non c’è un confine. La musica non è solo un linguaggio ma una trascendenza, che è ciò che ci porta oltre», aveva detto Bosso ospite al Parlmento Europeo per la conferenza di alto livello sulla cultura.


Nato a Torino il 13 settembre 1971, Bosso si era avvicinato alla musica a soli quattro anni, grazie a una prozia pianista e al fratello musicista. Lui è sempre stato la musica. E la musica è sempre stata in lui. A 16 anni ha esordito come solista in Francia e incominciato a girare le orchestre europee ma la svolta è arrivata con l’ingresso stabile all’Accademia di Vienna. Ezio Bosso ha vinto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui due candidature al premio David di Donatello per le musiche di Io non ho paura e Il ragazzo invisibile. E ha ricevuto due volte, nel 2003 e nel 2005, il premio Flaiano, consegnato solo alle personalità che si sono distinte in ambito letterario, musicale, cinematografico, teatrale e radiofonico.

Bosso ha suonato in tutto il mondo: alla Sydney Opera House, la Carnegie Hall di New York, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Colón di Buenos Aires; ha diretto la London Symphony, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli; ed è stato direttore stabile del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste fino a quando è stato in grado di dirigere, nel 2018.

Ma era stato Carlo Conti a portarlo nelle case di tutti gli italiani con la partecipazione al Festival di Sanremo nel 2016. Un’esibizione che aveva fatto venire i brividi a milioni di italiani e commosso il mondo intero. Poi le sue parole, pur uscite faticosamente da quelle labbra instabili, raccontavano una speranza e un coraggio a cui oggi tutti ci aggrappiamo nel suo ricordo.


https://youtu.be/AHe6AzhRa3o