A 72 anni si è spento l’eterno ragazzo Stefano D’Orazio, il mitico batterista dei Pooh. «Era un uomo intelligente e perbene, onesto prima di tutto con se stesso, aveva una fine mentalità imprenditoriale che sapeva però scaldare con intenzioni pulite che partivano sempre dal cuore», racconta con le lacrime agli occhi l’amico e compagno di una vita passata insieme sul palco Red Canzian, «Avrei voluto rivedere il suo sorriso, ma questo virus bastardo ha aggiunto al dolore della morte anche la crudeltà del distanziamento».
Perbene e onesto. Sono queste le parole che oggi si rincorrono, soprattutto sui social, nel ricordo di Stefano D’Orazio. Un uomo “pulito” e sempre sorridente, lo descrivono gli amici più intimi, con una grande carica positiva, un’energia infinita e un immenso amore per la vita e per la musica. Quella musica che gli aveva regalato il successo con le sue band fin dall’adolescenza: la sua è stata una vita vissuta nel segno del “beat”. D’Orazio inizia a suonare la batteria, acquistata di seconda mano, con la sua prima band, The Kings, negli anni ’60, poi, con il gruppo The Sunshine inizia a esibirsi nei locali della periferia romana, città dove è nato e che ama moltissimo. Arrivano anche le prime esperienze teatrali al Beat 72 e nelle cantine trasformate in club, e infine le comparsate al cinema grazie a quell’aria da bravo ragazzo che l’ha sempre contraddistinto – era un abilissimo raccontatore e sapeva tenere la scena, dote che gli aveva permesso di partecipare a diversi film – per autofinanziarsi e non pesare sul bilancio familiare.
È il 1971 quando inizia la sua militanza nei Pooh, dietro i tamburi della sua amata batteria. Perché la musica è sempre stata la sua passione. Così, quando Valerio Negrini decide di dedicarsi unicamente alla scrittura delle canzoni, Stefano D’Orazio entra a far parte della band a pieno regime e finalmente si compra una nuova batteria. Con Roby (Facchinetti), Dodi (Battaglia), Red (Canzian) e Riccardo (Fogli) è subito intesa e con lui i Pooh fanno quel salto di qualità che permette loro di diventare la band storia che sono ancora oggi, con oltre 50 anni di storia alle spalle. Oltre a suonare e cantare D’Orazio inizia a sfruttare le sue doti d’autore e, finalmente, nel 1976, inizia anche il suo lavoro da solista, prendendo sempre più spazio negli show. Ma D’Orazio è anche un bravissimo imprenditore tanto che è sempre lui che si occupa di gestire molte delle faccende dei Pooh, compresa la storica fanzine della band, e avvia con la First un ottimo lavoro come produttore discografico. Nel 2009, dopo trentotto anni, D’Orazio decide di lasciare i Pooh per dedicarsi alla sua attività di autore, soprattutto nel campo dei musical e la sua versione italiana di Mamma Mia è un successo straordinario. Così come Aladin, per il quale i Pooh compongono tutte le musiche, W Zorro e Cercasi Cenerentola.
Con i Pooh il legame professionale, oltre che l’amicizia che da sempre lega i cinque, non si è mai interrotto tanto che, nel 2015, per le celebrazioni del cinquantennale, torna in tour con loro per una delle più grandi reunion della storia della musica italiana. Ma le sue attività nel frattempo non si fermano, anzi, si moltiplicano perché D’Orazio diventa anche conduttore televisivo e scrittore di romanzi. E i progetti iniziati (e purtroppo rimasti incompiuti) erano davvero molti, come racconta oggi la moglie Tiziana Giardoni, sposata il 12 settembre del 2017 e sua compagna da oltre 10 anni nonostante i 22 anni di differenza. «Ho perso una parte di me stessa, Stefano era la mia forza, il mio sorriso, mi mancherà tutto di lui. Stefano era in via di guarigione da una patologia che stava curando da circa un anno e al lavoro su alcuni progetti che gli stavano molto a cuore, quando è risultato positivo al Covid che ha compromesso irrimediabilmente il suo stato di salute».
E pensare che era stato proprio suo (e di Facchinetti) il brano Rinascerò rinascerai, l’inno per una Bergamo ferita dal Coronavirus che ad aprile aveva commosso il mondo: «Questa canzone è nata in nata due ore. Roby mi ha telefonato in lacrime, aveva scritto una melodia sull’onda della sua disperazione, e al volo ho composto il testo. Ha funzionato e la cosa di cui siamo più fieri è che abbia toccato il cuore di tante persone», aveva raccontato D’Orazio ad Avvenire.