Per tutti noi Sigourney Weaver resta il tenente Elen Ripley, l’eroina forte dipinta da Ridley Scott nel 1979 nell’epico film Alien, che la lanciò in tutto il mondo.

Sigourney Weaver: interprete straordinaria

Da allora l’attrice, che ora ha 74 anni, ha compiuto una carriera straordinaria: va a lei il Leone d’oro alla carriera dell’81/a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che si tiene dal 28 agosto al 7 settembre). Lo ha annunciato la Biennale di Venezia. 

Queste le motivazioni: «Nel ruolo di autentica collaboratrice piuttosto che di semplice strumento plasmabile dalle mani di un regista, ha contribuito al successo dei film di James Cameron, Paul Schrader, Peter Weir, Michael Apted, Roman Polanski, Ivan Reitman, Mike Nichols, Ang Lee e molti altri, riuscendo ogni volta a imprimere alla propria carismatica presenza il segno indelebile di una figura complessa, talvolta contraddittoria, sempre autentica. Dotata di un grande temperamento, capace di muoversi con delicatezza ma senza fragilità, ha imposto un’immagine di donna sicura e determinata, dinamica e tenace, non senza lasciar trapelare, con sfumature sempre diverse, una sensibilità femminile di intenso magnetismo. Il Leone d’Oro alla carriera è il doveroso riconoscimento a una star che ha saputo costruire ponti fra il cinema d’autore più sofisticato e i film che dialogano con il pubblico in forma schietta e originale, senza mai rinunciare a essere se stessa”. 

La carriera di Sigourney Weaver

La sua carriera, decollata con il ruolo in Alien, la prima donna protagonista in un film di fantascienza, spazia da Woody Allen (un piccolo ruolo in Io e Annie) a Ridley Scott (Alien) per arrivare a James Cameron (Avatar), ma anche la saga di Ghostbusters e una serie dolorosa e potente come Ascolta i fiori dimenticati, ambientata in una farm dei territori del nord Australia, il ritratto di una comunità di donne a metà tra una casa per vittime di violenza e una setta devota ai fiori.

Sigourney Weaver ha raccolto ben sette candidature al Golden Globe, vincendolo nel 1989 nella sezione migliore attrice in un film drammatico e migliore attrice non protagonista per Gorilla nella nebbia e Una donna in carriera, diventando la prima attrice in assoluto ad aggiudicarsi due Golden Globe nello stesso anno.

Alien, il suo primo grande successo

Ma è soprattutto per il suo ruolo in Alien che la ricordiamo tutti: un’eroina al femminile, icona femminista ed eroina indiscussa degli anni Ottanta e Novanta, l’unica a sopravvivere alla lotta con la creatura aliena in un film nato come una storia di serie B, che incassò dieci volte quanto era costato. La sceneggiatura – semplicissima – fu la base del suo successo: un thriller del tutti contro uno, il mostro, che alla fine elimina l’intero gruppo, tranne uno, che sopravvive. Appunto lei, la tenente, l’eroina spaziale, la prima, imitata da Jodie Foster in Contact e Sandra Bullock in Gravity

Il protagonista in origine doveva essere un uomo, poi nel corso delle varie revisioni, il ruolo fu ritagliato a sua immagine e somiglianza. Alien, Sigourney Weaver e il suo regista, Ridley Scott, hanno così dato vita a una saga longeva (ben otto film, tra cui tre sequel, due prequel e due spin-off) e incredibilmente originale: per la prima volta l’orrore viene dallo spazio.

Il trailer dell’ultimo Alien: Romulus

Un orrore che non smette di inchiodarci tant’è che il prossimo 14 agosto esce ancora un film, Alien: Romulus.

Il film è diretto da Fede Àlvarez e la storia che racconta si svolge a cavallo tra gli eventi di Alien del 1979 di Ridley Scott e Aliens, il sequel di James Cameron del 1986. Al posto di Sigourney Weaver, l’attrice Cailee Spaeny (vista in Priscilla di Sofia Coppola).

Un’attrice camaleontica

Tantissimi i ruoli interpretati da Sigourney Weaver, segno della sua straordinaria capacità di cambiare pelle. Ne segnaliamo alcuni, tra i più significativi.

Dopo la prima interpretazione in Alien, eccola vestire i panni di un’addetta all’ambasciata in Un anno vissuto pericolosamente (1982). Dopo il genere fantascienza-horror e Ghostbusters (blockbuster hollywoodiano per famiglie), l’attrice interpreta una bellissima storia d’amore, erotismo, spionaggio. La storia è ambientata in Indonesia nel 1965, durante il golpe contro Sukarno.

Solo lei, poi, poteva portare sullo schermo la vita, la passione e la morte della zoologa Dian Fossey (morta nel 1985) in Gorilla nella nebbia (uscito nel 1988). Fisicamente simili, le due avevano in comune l’impegno ambientalista e per la difesa delle specie a rischio, da sempre battaglia dell’attrice. Il film racconta gli anni trascorsi nelle foreste del Ruanda, a osservare i gorilla di montagna. Fino al sacrificio finale.

Ecco quindi che il suo talento ci regala un altro dei suoi ruoli più iconici, dopo la tenente Ripley di Alien. In Una donna in carriera (1988), Sigourney Weaver, con le spalline imbottite e i tailleur squadrati al maschile, incarna l’ambiguità del femminile degli anni Ottanta, quando per affermarsi nei luoghi del potere le donne “si travestivano” da uomini. Senza la sua Katharine Parker, boss disposta a tutto, non esisterebbe la Miranda Priestley di Il diavolo veste Prada. Con lei, una strepitosa Melanie Griffith e un insuperabile Harrison Ford.

È poi lei è la prima superstar hollywoodiana ad accettare di lavorare con Roman Polanski in La morte e la fanciulla, nel 1994. Ci vuole coraggio, da attrice americana, ad accettare di recitare per “il maledetto” e, soprattutto, “fuorilegge” Polanski. Poi altre verranno (Jodie Foster, per esempio).

In Star Trek & Co Sigourney Weaver non si tira indietro e dimostra una grande ironia: il cast di una vecchia serie di telefilm di fantascienza si ritrova a partecipare a una riunione di fan, mentre gli extraterrestri scendono sulla Terra. Altro ruolo importante in Avatar (2009), dove interpreta la dottoressa Grace Augustine che guida il programma avatar e insegna la lingua ai Na’vi, studiandone la cultura. Infine in Un anno con Salinger (2020) l’attrice veste i panni difficili di Margaret, l’assistente di JD Salinger. Una storia vera (e amara), vista attraverso gli occhi della sua giovane assistente (una Margaret Qualley esordiente), in cui lei è perfetta nell’incarnare il potere.