Le donne al balcone: il film coraggioso di Noémie Merlant
Una vera forza della natura, Noémie Merlant. Attrice, sceneggiatrice, regista. A 36 anni non solo è un volto del cinema francese e internazionale (L’innocente di Louis Garrel, Tár di Todd Field), ma ha firmato la regia di un film spregiudicatamente femminista, in bilico tra commedia e horror.

Le donne al balcone, nei cinema dal 20 marzo, racconta la notte folle di tre amiche, complici nel bene e nel male, unite nelle risate e nella vendetta. Oltre a esserne regista, Merlant interpreta Élise, attrice fuggita dal fidanzato e dal set ancora vestita da Marilyn Monroe per esigenze di fiction. Si ritrova con Nicole, aspirante scrittrice, e Ruby, videomaker, in un appartamento di Marsiglia, in una serata piena di imprevisti: dal balcone di fronte, un tipo affascinante che si rivelerà un fotografo (Lucas Bravo), le invita per un drink a casa sua, salvo rivelarsi poi un predatore, cosa che le ragazze non gli perdoneranno. La storia tocca il tema dell’abuso e della violenza sulle donne con coraggio, anche dal punto di vista stilistico.
Noémie Merlant: il MeToo e le molestie subite come modella e in coppia
Ha preso spunto da esperienze personali?
«Sì, intanto perché le amicizie sono la mia famiglia: una delle due coprotagoniste, Sanda Codreanu, è la mia migliore amica da anni. La storia nasce da esperienze traumatiche della mia vita, riaffiorate nel periodo del MeToo, che mi ha reso più consapevole. Avevo attacchi di panico e una relazione tossica con un ragazzo molto possessivo, dalla mentalità patriarcale. Così l’ho lasciato per trasferirmi a casa di Sanda, che abitava con le sue sorelle. Fino a quel momento non ero mai stata single ma con loro ho lasciato andare la tensione, sentivo di avere intorno persone che mi ascoltavano. E insieme abbiamo iniziato a parlare degli abusi che avevamo subito».
Lei è cresciuta nella Loira, poi è andata a Parigi a lavorare come modella. È lì che ha subito molestie?
«Sì, ma non solo nel lavoro. Anche nella vita di coppia, cosa successa ad altre amiche e a parenti molto mature, che mi hanno raccontato di aver subito stupri coniugali per tutta la vita. Nel film quest’esperienza è mescolata a pura fiction: spero sia un modo per far riflettere e anche per far sentire meno sole altre vittime. Potrebbe essere persino catartico».
Il movimento MeToo ha cambiato qualcosa?
«So solo che in Francia, negli ultimi anni, si sporgono più denunce, il numero di condanne per stupro, invece, non è aumentato. La consapevolezza però è maggiore, e questo è positivo».
Si parla molto di femminicidi: per maggiore consapevolezza o perché sono effettivamente in crescita?
«Forse per entrambe le cose, ma bisognerebbe conoscere dati che non ho. Una volta li chiamavano crimini passionali, oggi mi sembrano direttamente proporzionali alle conquiste femminili: più le donne hanno spazio e diritti, più gli uomini hanno reazioni violente. I femminicidi sono come una specie di contraccolpo».
L’Italia: l’amore e la sensualità della genitilezza
Dopo aver vissuto con amiche, per lei è cambiato il rapporto coi partner?
«Completamente. Da qualche anno ho un compagno italiano ed è una relazione molto diversa dalle precedenti. Finalmente paritaria. Ci sentiamo entrambi ascoltati, rispettati e liberi. E mi sono resa conto di quanto sia sexy la gentilezza. La consideriamo una qualità femminile, in realtà rende un uomo più attraente, romantico».
In certe atmosfere Donne al balcone ricorda un po’ i primi film di Almodóvar. È stata ispirata da lui?
«Almodóvar è il primo regista che ha saputo raccontare le donne, rappresentarle in modo reale: colorate, chiassose e vitali, mi ci sono spesso identificata. E da regista avevo in testa il suo Volver, anche per il miscuglio di thriller e commedia. Sì, è una grande ispirazione per me».
Noémie Merlant attrice e regista da sempre
Da bambina ha studiato canto e danza. Che cosa l’ha spinta verso il cinema?
«In effetti il mio grande sogno era diventare una cantante ma quando ho compiuto 14 anni, e ho iniziato a esibirmi in piccoli spettacoli, la timidezza prendeva il sopravvento e ho capito che ero più a mio agio nella recitazione. Cantare mi faceva sentire più vulnerabile ed esposta. Interpretare un personaggio mi permetteva, paradossalmente, di nascondermici e sentirmi protetta».
È stato difficile debuttare come attrice?
«In realtà no. Il mio primo film degno di nota è stato L’Orpheline avec en plus un bras en moins di Jacques Richard (in Italia non è uscito, ndr), una piccola produzione dove non c’erano stress o tensioni: era semplicemente un sogno che si realizzava». Ha recitato in Tár di Todd Field, con Cate Blanchett, e Duse dell’italiano Pietro Marcello, con Valeria Bruni Tedeschi.
Lavorerà ancora fuori dalla Francia?
«Sì, e sono felice dei progetti che mi hanno aperto queste possibilità: è una ricchezza lavorare con artisti di altre parti del mondo. Nel film di Pietro Marcello ho recitato in italiano, mi ha aiutata anche il mio fidanzato».
Il remake di Emmanuelle
È protagonista del remake di Emmanuelle, girato da Audrey Diwan (non ancora previsto in Italia, ndr). Negli anni ’70 era un cult erotico.
«Non ne avevo mai sentito parlare, finché non mi hanno proposto il ruolo. La versione di Audrey Diwan è completamente diversa, racconta come sia difficile per le donne trovare una connessione con il proprio corpo, un equilibrio tra il proprio piacere e quello maschile. Esplorare la visione femminile dell’erotismo, e parlarne, è stato molto interessante».