Si chiama Funne. Le ragazze che sognavano il mare il libro (Mondadori) che racconta la storia di un gruppo di 80enni speciali. E che ora è anche un film protagonista al Festival del Cinema di Roma.
“Funne” nel dialetto di Daone, 588 abitanti in una valle in provincia di Trento, vuol dire donne. Il libro parla infatti di come un’allegra brigata di 12 ottantenni del paese abbia realizzato il desiderio di immergersi, per la prima volta nella vita, nell’acqua del mare. La loro storia ha fatto il giro del mondo, dall’America alla Corea. È stata raccontata in tv e sui giornali. È circolata in Rete, dove è stata lanciata una grande colletta internazionale per trasformare in realtà il sogno delle funne.
Autrice del libro e del documentario è Katia Bernardi, 42 anni, trentina. Con la telecamera ha ripreso la gioia e le risate di queste intraprendenti anziane quando, dal 4 all’8 agosto del 2015, al mare ci sono andate davvero: in Croazia, nell’isola di Ugljan, che «nessuna di loro riuscì mai a pronunciare nel modo giusto e decisero di chiamarla l’isola di Giuliano» racconta Katia.
L’inizio dell’avventura.
«Nel 2013, il circolo Rododendro di Daone, dove le funne si ritrovano ogni giorno, compie 20 anni e loro vogliono farsi un regalo memorabile» spiega Katia. «Sognando l’impossibile, la funna Irma propone: “Il mare!”. E tutte, in testa la presidente Erminia Losa, 71 anni, restano folgorate giacché (quasi) nessuna tra loro c’è mai stata. Per racimolare i soldi, le funne prima vendono le torte, poi realizzano un calendario, come qui usano fare i pompieri.
Però nessuna delle 2 iniziative rende denaro. Di fronte ai primi ostacoli il gruppo si disgrega. Ma Massimo Giovannini, fotografo del calendario, ha l’idea geniale di coinvolgere la Rete». Arriva così Alberto Gianera, 24 anni, «nipote della Ores o forse della Bice, insomma uno della valle, oltre che bravissimo social media manager. Apre una pagina Facebook e lancia un crowdfunding, una raccolta di denaro. Il giornalista Federico Taddia scrive un articolo su La Stampa che viene condiviso da migliaia di persone e nel giro di una settimana fa il giro del mondo. Intanto, le funne raccolgono il doppio dei soldi richiesti arrivando a oltre 6.000 euro». Perché scelgono l’isola di Ugljan, in Croazia? «Lì, come a Daone, la santa patrona è la Madonna della nevi». Nell’agosto 2015, quella di Katia Bernardi è l’unica telecamera presente nel momento in cui le funne incontrano il mare. Il documentario andrà in onda su Nove, canale di Discovery, entro la fine dell’anno.
Il ritorno alla normalità.
A distanza di 1 anno da quel trambusto mediatico che portò i giornalisti a Daone e le funne ogni giorno in tv, la vita è tornata alla normalità, tra il rosario del pomeriggio e la tombola del sabato sera al circolo Rododendro dove Erminia è da sempre la presidente. Lei, donna di carattere, leader delle funne e star del libro e del documentario, è la prima ad augurarsi che «quella confusione non si ripeta più. Se tornassi indietro direi di no a tutto» confida. Perché mai, Erminia? «È stato stressante, 240 ore di riprese, mica siamo abituate». Sposata da 56 anni con il suo Renzo, 76, ex camionista, Erminia però quella gita in Croazia non la dimenticherà più: «La comunità del posto aveva saputo del nostro arrivo e ci ha accolto con una festa da principesse, c’erano il sindaco e il vescovo. E il mare era così bello e l’acqua così trasparente che se non fosse stata salata me la sarei bevuta». Davvero il mare non lo aveva mai visto? «C’ero stata nel ’61, a Tortoreto Lido, nelle Marche. Avevo 14 anni e facevo la bambinaia, mica l’avevo il tempo, lo guardavo, ma non entravo, mai, non bagnavo neanche i piedi». E allora, ne è valsa la pena Erminia! «Via, sì. Ho 3 figli, 9 nipoti e 2 bisnipoti e loro sono felici quando mi vedono in televisione. E pure mio marito, che diceva “L’è ci è andata d’aceto, l’abbiamo perduta”, ma godeva anche lui a sapermi contenta».
Le reazioni in paese.
La meravigliosa favola delle funne ha portato però qualche malumore tra gli abitanti della valle, che non hanno gradito la fama planetaria: «C’erano parenti e amici che non mi parlavano, non capivo se era per ignoranza, invidia o cattiveria» ricorda Erminia. E sulle defezioni nel gruppo di amiche (chi sono le funne pentite e perché lo scoprirete leggendo il libro) aggiunge con diplomazia: «Sono persone di 80 e 90 anni, ti dicono di sì, partono in quarta e poi piano piano si mettono le paure e le difficoltà. Io ne ho 70, e allora sarà la differenza di età che mi fa più decisa». Chiediamo a Ketty Pellizzari, sindaca di Daone, se la notorietà delle funne abbia portato, per esempio, un incremento di turisti. «No, e a dire il vero neanche ci interessa. C’è già un bel giro di persone che viene da ogni parte del mondo per fare bouldering, ovvero l’arrampicata sui massi, e ci amano perché la valle è incontaminata». La sindaca è stata però una grande sponsor del progetto Funne: «Volevo che questa valle fosse raccontata dal punto di vista delle donne». Perché? «Qui sono stati girati vari documentari sugli operai che hanno costruito la grande diga di Malga Bissina negli anni ’50. Sono firmati dai famosi registi Ermanno Olmi e Dino Risi, di recente pure dalla stessa Katia Bernardi: era giusto raccontare anche le mogli, le figlie e le sorelle di quegli uomini». Ed è accaduto? «Alla fine, sì. La storia delle funne è una gran bella eredità da tramandare». Il cui senso è: i sogni sono desideri, senza confini e soprattutto senza età.