Sono passati oltre quarant’anni dall’uscita del bestseller Noi, ragazzi dello zoo di Berlino. 43 per l’esattezza, da quel luglio del 1978, quando i due giornalisti K. Hermann e H. Rieck incominciano a indagare sulla vita di Christiane Vera Felscherinow, imputata e testimone in un processo conclusosi con la sua condanna per detenzione di droga e ricettazione. Il racconto autobiografico descrive con particolare realismo il trasloco a sei anni dalla campagna di Amburgo al sobborgo berlinese di Gropiusstadt, l’infanzia difficile, il padre violento e la separazione dei genitori, l’iniziazione alle droghe in un oratorio protestante, le notti fatte di sesso e “sballo” nella discoteca berlinese Sound, i primi innamoramenti veri e l’inevitabile caduta nel tunnel della tossicodipendenza e della prostituzione.
Argomenti tanto sviscerati oggi non lo erano però negli anni Settanta così che quando il libro-inchiesta viene pubblicato a puntate sul settimanale Stern desta molto scalpore non solo nella Germania divisa, bensì in tutto il mondo. La popolarità di Christiane arriva al culmine quando nel 1981 il romanzo si trasforma in film (seppur molto semplificato nelle vicende) con la colonna sonora di David Bowie che lo rende uno dei maggiori successi cinematografici di quell’anno: il brano Heroes, cantato durante la memorabile scena del concerto è diventato, ed è ancora, il simbolo della pellicola.
Oggi, i ragazzi del Bahnhof – Wir Kinder vom Bahnhof Zoo è il titolo originale – approdano ufficialmente in streaming su Amazon Prime con otto episodi che ripartono proprio dalle memorie di Christiane F. per mostrare le avventure di un gruppo di adolescenti berlinesi e la loro rovinosa caduta nel tunnel dell’eroina.
La serie tv ci riporta inevitabilmente a Berlino. Ovest. Anche se in realtà in questa nuova versione non si ha affatto la percezione della presenza di un muro che divide in due la città. Le vicende della serie girano tutte intorno ai due cuori pulsanti della storia e cioè la fermata della U-Bahn (la metro) vicina allo zoo di Berlino, e la discoteca Sound, dove il gruppo di ragazzi si riunisce per la prima volta.
Noi, ragazzi dello zoo di Berlino, la serie, vuole tornare a raccontare il mondo degli adolescenti alle prese con i propri disagi, le proprie paure, le proprie dipendenze. E, se ci pensate bene, si tratta di temi trasversali ad ogni generazione: sono cose che non sono cambiate perché i ragazzi sono sempre alla ricerca della propria identità, nel tentativo di superare i propri traumi, di lasciarsi alle spalle le questioni dolorose familiari e di trovare la propria strada. Era così negli anni Settanta ed è così ancora oggi.
Christiane è sempre la ragazzina che arriva da una famiglia inaffidabile e inizia a farsi, e poi a vendersi per procurarsi una dose. Ma, grazie allo spazio narrativo più ampio della serie, ci si riesce a concentrare anche sui “kinder” che gravitano come ombre intorno alla celeberrima Banhof Zoologischer Garten e che arrivano tutti da situazioni difficili, tra genitori assenti, violenti o alcolizzati. Insomma non più solo il punto di vista di Christiane, ma quello di tutti i protagonisti. Purtroppo, ci sono sempre le siringhe, le botte, i buchi, le crisi d’astinenza. E ci sono anche gli “stessi” adulti che girano la testa dall’altra parte perché certe cose è molto meglio non vederle.