Forever Young di Bob Dylan, il cantautore amato da Oliviero Toscani, dovrebbe risuonare al suo ingresso nell’Auditorium del Museum für Gestaltung Zürich che accoglie le 300 persone arrivate ad ascoltarlo. La retrospettiva del Museo del Design di Zurigo espone per la prima volta l’intera opera di Toscani. E offre l’occasione di discutere di temi come il genere, il razzismo, l’etica e l’estetica nel loro contesto storico e sociale.

Oliviero Toscani a Zurigo per la sua retrospettiva

Si trova su una sedia a rotelle Oliviero, un muletto che lentamente lo solleva, lo aiuta a salire sul palco. Un disagio emotivo, ma necessario. Lui ride, scusandosi con chi lo aiuta. È molto emozionato e stanco dopo il lungo viaggio dalla Toscana. Voleva esserci all’inaugurazione della grande esposizione dedicata al suo lavoro che si è tenuta ad aprile. A impedirlo è stata l’amiloidosi: la patologia degenerativa che affligge la muscolatura e di cui è affetto. Ma grande è il desiderio di vedere la sua mostra, grandissima la volontà di arrivare a Zurigo, la città dove è cominciata la sua formazione, nel 1961, alla Kunstgewerbeschule Zürich, l’Università delle Arti di Zurigo, oggi ZHdK.

Oliviero Toscani intervista
La locandina della mostra, con due scatti del 1991 per United Colors of Benetton

Quando incontriamo Oliviero Toscani per la nostra intervista, è raggiante, con il cappello da cow boy, piumato per l’occasione. Da sempre lo indossa quando cavalca i suoi Quarter Horse e ora, forse, copre la testa meno folta di capelli. In sala riconosce amici e alcuni suoi compagni dei tempi della scuola di Arti applicate, come Peter Knapp, storico art director di Elle France, e Lothar Schmid, fotografo di Elle. Li chiama dal palco per nome: «Alzatevi in piedi» dice. Fa tenerezza questo grande uomo che si emoziona fino a commuoversi. Racconta, parla, ricorda, risponde in quattro lingue – tedesco, francese, inglese, italiano – e ogni sua fotografia proiettata diventa una storia, unica.

La forza dell’accettazione

Doversi accettare in questa condizione nuova di fragilità del corpo concentra e fa confluire tutte le sue forze al cervello che sprizza energia, lucidità e creatività, alimentate anche dalla forzata immobilità. La vitalità del corpo ora a riposo freme e trasmette energia alla creatività brillante, sincera e dissacrante di Oliviero. Ne acuisce i sensi, la vista, l’udito, la memoria, le emozioni e il coraggio. Questa forza travolge chi gli sta accanto e si alterna ad attimi in cui gli occhi tradiscono disperazione e chiedono conforto.

Il sapore del cibo è camuffato dai farmaci, la mano fa fatica a scrivere la propria firma, ma dopo due prove gli scorre perfetta e lui sorride soddisfatto. L’amore e l’amicizia sono radici profonde che non dissacra mai. L’amore per Kirsti, la donna della sua vita. L’amicizia profonda adolescenziale con Elio Fiorucci e Aldo Coppola, risate e lavoro: la loro foto è accanto alla poltrona reclinabile dove ora sta molto più comodo ed è più agile nell’alzarsi sfiorando il comando. Da qui inizia la nostra intervista con Oliviero Toscani.

La nostra intervista a Oliviero Toscani

L’amore e l’amicizia cosa sono per te?
«L’uno ha bisogno dell’altro, i due sentimenti si devono sostenere. L’amore è talmente importante che non può essere volgarizzato chiamandolo: “Amoreeee, dove sei?”. L’amore non si dice, si sente. Mi stanno sui coglioni quelli che dicono “Amore, amore” anche al gatto. L’amicizia è la profondità del vivere, la scoperta dell’umanesimo, è la forza dell’ essere umano, è il massimo della generosità che un essere umano può dare all’altro. I leccaculi sono i traditori dell’amicizia. Sono degli egoisti, non sono generosi, vivono di riflesso della tua conoscenza. Se sei una testa di cazzo, un amico può dirtelo. Neanche con i genitori ci può essere l’amicizia. Quei due, l’Aldo (Coppola, ndr) e l’ Elio (Fiorucci, ndr), se ne sono andati via prima e mi hanno lasciato qui da solo».

Getti le stampelle, dove vai?

«Corro a prendere un taxi. Invece di chiamare Marco Cappato ci vado da solo in Svizzera (ride, ndr). Ma no, sono un essere molto fisico, mi manca l’indipendenza di movimento, fare quello che con le mani e con le gambe uno vuole fare invece di dovere star seduto qui a ragionare, immobilizzato come un animale. Ma sto facendo qualcosa che non pensavo di poter fare, un nuovo progetto sulla fotografia che credo possa essere molto interessante. Il massimo della creatività si esprime nel momento di massima insicurezza».

Oliviero Toscani racconta il suo mondo interiore

Le persone che hai vicino e quelle che vorresti vicino in questo momento?
«Sono vicine tutte, senza alcuna discriminazione. Vorrei avere vicino Federico Fellini per parlare di cinema, Muhammad Alì per parlare di politica, vorrei avere qui con me Don Milani e riflettere sui problemi della vita e sempre vorrei avere con me Bob Dylan che suona la musica di sottofondo».

Cosa ti fa sentire più fragile adesso?
«Siamo sempre fragili, è evidente che lo sono, ma non mi sento più fragile di prima, anzi questa malattia mi aiuta a riflettere e a capire tante cose».

La solitudine ti spaventa?
«La solitudine è un lusso, un privilegio».

Oliviero Toscani: mi manca solo la salute

Sei sempre stato un uomo che ha rotto le regole. Per te il coraggio ora che cos’è?


«Io non ho mai rotto le regole, ho sempre vissuto con le mie regole, molto primarie. Il coraggio ora non è differente dal coraggio di un mese, un anno, dieci anni fa. Il coraggio, se non ce l’hai, te lo devi dare!».

La cosa che ti manca di più.
«Se mi manca, mi manca. Non c’è una cosa più importante di un’altra. Non mi manca niente, a parte la salute».

Il ricordo più bello di Oliviero

Hai avuto una vita intensa e bellissima. Qual è il ricordo più bello?


«Non faccio competizioni fra momenti della mia vita. Ognuno ha un tempo stabilito che non ci sarebbe stato se non ci fosse quel momento. Sicuramente quando sono riuscito a fare le cose che nemmeno io sapevo se avrebbero funzionato oppure no».

Un rimpianto?
«Tutto quello che non sono riuscito a fare. Rimpiango di non aver vissuto veramente i risultati di quello che ho realizzato. Ora la mia Fondazione, appena finita di essere costruita: non ho goduto ancora il piacere di viverla e creare tutti i nuovi progetti che avrei voluto e vorrei fare».