Buonasera, come sta? Diamoci del tu». La risata è calda e profonda. La voce quella che ha fatto sognare milioni di persone. Patty Pravo mi accoglie così nel suo mondo che ripercorriamo attraverso le foto del libro che ha appena pubblicato. Si intitola Minaccia bionda (Rizzoli, a cura di Pino Strabioli e Simone Folco) e raccoglie circa 200 scatti, tra archivio privato e ritratti di grandi fotografi. Immagini di una vita speciale, sempre col piede sull’acceleratore, come una immensa discesa dalle montagne russe.
Minaccia bionda perché… «Perché ho sperimentato molto, ho fatto tante cose anche senza l’approvazione dei discografici, distruggendo contratti. Alla fine ero una minaccia!» mi spiega, ridendo ancora. Il libro, che nasce da quel soprannome e racconta quasi 60 anni di carriera della cantante da 110 milioni di album venduti, è nato durante il lockdown di marzo. Della ricerca si è occupato Simone Folco, il suo assistente personale, mi svela. «Non ho un archivio, non tengo nulla di mio. Altrimenti dovrei vivere in una specie di museo. Avere spazio solo per i vestiti, i dischi, i premi. Tutta roba che non mi interessa, in fondo». Recuperare le foto è stato un lavoro, bisognava contattare i fotografi e chiedere i permessi. «Alcune che avrei voluto non le abbiamo trovate, mi è dispiaciuto. Però mi sembra sia carino. Sono carine anche le didascalie, no?».
E quelle didascalie sono da leggere tra le righe. C’è la Patty bambina, quando ancora si chiamava Nicoletta Strambelli, nata a Venezia il 9 aprile 1948. Sua madre l’aveva affidata ai nonni e lei calcava i primi palchi con le recite scolastiche. «A Venezia ho vissuto fino a 15 anni e ho avuto dei maestri stupendi. Pensa che alle elementari invece della preghiera cantavamo La marsigliese. E la città… Entravo nelle chiese e vedevo Tintoretto, Tiziano. Se sei circondata dalla bellezza, la bellezza ti entra dentro. Poi è morto il nonno, ero triste, e ho chiesto a nonna di andare in Inghilterra a studiare l’inglese. Ho lasciato il Conservatorio, sono arrivata lì e ho fatto un’altra cosa, che nemmeno immaginavo» ride di gusto.
A Londra Nicoletta rimane poco, ma quanto basta per farsi influenzare dall’esplodere di suoni e stili diversi. «Era l’inizio di tutto: gli Who, i Beatles, i Cream. Nascevano la nuova musica e le radio pirata che trasmettevano al largo della costa». Erano gli anni ’60. Partita da Londra, arriva a Roma su un Maggiolino vestita Pucci e in poco tempo diventa “la ragazza del Piper”. All’inizio si chiama Guy Magenta, poi Patty Pravo.
L’origine del nome Patty Pravo è come un film
«Eravamo una sera al Piper (alla fine del 1966, ndr), a chiacchierare dopo la chiusura e ci mangiavamo gli spaghetti. Stavo con Alberico Crocetta, fondatore del locale insieme a Giancarlo Bornigia, e 2 mie amiche inglesi. Lui mi chiese cosa avessi studiato e io gli raccontai di come studiavamo Dante al Conservatorio e mi è venuto in mente il verso dell’Inferno “guai a voi anime prave”. Patty era il nome di una delle 2 inglesi. A me personalmente non piaceva».
Ma quel nome, nato da quella cena alla quale pare fossero presenti anche Renzo Arbore, Gianni Boncompagni e Luigi Tenco, le diede un’allure internazionale. «Lo Studio 54? Certo, a New York ogni tanto si andava: Jimi Hendrix, David Bowie, Mick Jagger. Ho legato soprattutto coi Rolling Stones. Ci siamo incontrati a casa dell’artista Mario Schifano nel 1965 e siamo rimasti amici. In particolare con Keith (Richards, ndr), perché ero anche amica di Anita Pallenberg (ex compagna di Richards, ndr): eravamo in contatto fino a pochi anni fa, quando se n’è andata».
Quella voglia di non stare mai ferma
Una diva, Patty Pravo, consacrata da successi mondiali – La bambola, Ragazzo triste, Pazza idea, Pensiero stupendo – ma sempre irrequieta. Da dove viene questa voglia di non stare mai ferma? «Non lo so, mi viene naturale. Dal beat degli anni ʼ60 sono diventata “una vecchia signora” con lo chignon che cantava grandi pezzi francesi, poi sono passata al pop, al punk, al rock. Ho scritto album interi».
Amatissima dagli stilisti – da Gianni Versace a Cavalli che l’hanno vestita anche per Sanremo, dove è stata 10 volte finora – Patty è stata spesso criticata per le sue scelte: 5 mariti, 3 giorni in carcere per possesso di hashish, i servizi per Playboy…
«Perché ero strana» mi rivela. Strana per una Italia spiazzata da una donna che fra le prime osava la minigonna, si presentava a seno nudo e parlava di aborto e pillola. «Se le ragazze oggi hanno le chiavi di casa lo devono a lei» ha detto tempo fa l’amica Loredana Berté. Patty ribelle, sempre controcorrente, «Non come adesso che tutti fanno le cose per piacere agli altri» ride. A lei le cose venivano d’istinto, e ancora oggi mi rivela: «Non ho mai avuto rimpianti… Io sono proiettata da sempre verso il futuro».