A Sanremo nella seconda seratadel Festival irrompono i diritti negati in Iran, grazie alla testimonianza di forte impatto dell’attivista Pegah Moshir Pour, italiana di origini iraniane, “nata con i racconti del Libro dei Re, cresciuta con i versi della Divina Commedia”.
Cos’ha detto Pegah Moshir a Sanremo
“In Iran – spiega Pegah dal palco dell’Ariston – non avrei potuto presentarmi così vestita e truccata, né parlare di diritti umani sul palco, sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa. E’ per questo che, come molti altri ragazze e ragazzi, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione crescita sotto un regime di terrore e repressione, in un paese bellissimo, uno scrigno di patrimoni dell’umanità”.
La parola paradiso, spiega l’attivista, “deriva da un termine persiano, pardis, che vuol dire giardino protetto. Vi chiedo – si emoziona Pegah – se esiste un paradiso forzato, ahimè sì. Come si può chiamare un posto dove il regime uccide persino i bambini. Dal 16 settembre 2022, giorno in cui Mahsa Amini è stata uccisa dalla polizia morale, il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso. Vi ringrazio a nome di tutti ragazzi iraniani, perché ricordate al mondo che la musica è un diritto umano”.
Sul palco insieme a Drusilla Foer
Per spiegare ai suoi coetanei il dramma dell’Iran, Pegah si fa accompagnare sul palco da Drusilla Foer, co-conduttrice del Festival di Sanremo della scorsa edizione: insieme intonano le parole di una canzone diventata l’inno della rivoluzione, “Baraye“, scritta da Shervin Hajipour musicando i tweet dei ragazzi sulle libertà negate, che ha appena vinto il Grammy.
“Donna, vita, libertà”
“Per ballare per strada si rischiano 10 anni di prigione, è proibito baciarsi, tenersi mano nella mano, esprimere la propria femminilità. Più di 20 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, ci sono bambini che perdono il sole e chiedono l’elemosina, cani innocenti uccisi per strada, in carcere ci sono 18 mila intellettuali e prigionieri politici, e poi rifugiati afghani, perseguitati”. Il commovente brano-preghiera si chiude con le parole chiave della rivoluzione, “donna, vita, libertà“. “Libertà”, scandiscono insieme Pegah e Drusilla tra gli applausi.
Chi è Pegah Moshir Pour
Trentuno anni, lucana ma di origine iraniana, Pegah è arrivata in Italia nel 2001 da Teheran insieme ai genitori. In quegli anni, le violenze e la repressione del regime islamico si fecero fortissime, al punto da indurre diverse famiglie a scappare dall’Iran.
Laurea magistrale in ingegneria, oggi si occupa di social media marketing, ma è soprattutto un’attivista dei diritti umani. Da mesi è in prima fila nelle proteste contro il regime dell’ayatollah dopo le proteste a seguito della morte di Mahsa Jina Amini, uccisa per mano della polizia morale.
Voce delle donne e dei giovani iraniani, si definisce nomade culturale ed europeista. E’ anche consulente e attivista per ong nazionali e internazionali. Spesso e volentieri prende parte a incontri nelle scuole su temi come quello dell’etica digitale, di empowerment femminile e soprattutto di diritti umani.