Per la prima volta, l’altro giorno ho visto il film di Clint Eastwood I ponti di Madison County, scritto da Richard LaGravenese e tratto dal romanzo di Robert James Waller.

Ne I ponti di Madison County Clint Eastwood non ha nessuna vergogna di decantare l’amore. In tutte le sue forme: quello erotico e passionale, quello struggente che fa soffrire, quello tenero e delicato, quello proibito e immorale, quello che non si scorda per anni o addirittura mai.

La storia è quella di una madre di famiglia (Francesca, interpretata da Meryl Streep) che, per qualche giorno, rimane da sola nella fattoria mentre il marito e i figli partecipano a una fiera. Casualmente capita a casa sua Robert (lo stesso Clint Eastwood), un fotografo alla ricerca dei famosi ponti di Madison County da documentare per National Geographic. La strada è complicata e Francesca decide di accompagnarlo. Non sa che quel primo gesto fatto con leggerezza la condurrà poco a poco nell’esperienza più importante della sua vita.

In quattro soli giorni Francesca e Robert bruciano la loro passione, prendendosi cura l’uno della solitudine dell’altro (a suo modo, anche Francesca è sola dentro la famiglia e Robert, giramondo com’è, lo è sempre stato). Non c’è solo sesso nel loro rapporto. Anche se vedono il mondo da filtri parecchio diversi, riescono a comprendersi.

Alla fine dei quattro giorni, non sanno come dirsi addio. E soprattutto perché: se per la famiglia di Francesca o perché Robert è un giramondo. Francesca decide di restare: ha paura del cambiamento, si sente responsabile per la famiglia e per una ragione ancora più importante che però ancora non ha capito.

Tutti noi almeno una volta nella vita siamo stati, con la testa o con il corpo, a Madison County, sognando di aprire la porta di casa e trovare una persona che avrebbe scombinato il nostro mondo ordinario.  Siamo stati in un posto separato dal mondo a vivere una passione senza limiti, priva di regole e di codici, composta solo dal desiderio dell’altra persona, della sua comprensione e delle sue cure. Un posto in cui il nostro modo di percepire gli spazi e la vita si riscrivono completamente: in questo posto in genere impariamo nuove cose di noi stessi, superiamo i nostri limiti — sessuali, comportamentali — eppure, come dice Francesca, non siamo mai stati noi stessi come in quei momenti. Perché siamo sottratti alle aspettative degli altri: le persone che si incontrano in questi posti ci desiderano così tanto che gli andiamo bene anche così come siamo.

Se Francesca fosse andata via con Robert, le loro differenze culturali — enormi — sarebbero emerse, Francesca forse non sarebbe stata capace di seguirlo in giro per il mondo con la leggerezza che questo richiedeva, e Robert forse si sarebbe reso conto, ancora una volta, di non essere portato per le relazioni stabili.

Invece, così, Francesca continuerà a pensare a Robert per tutta la vita — e il solo pensiero di questo amore le sarà sufficiente per sopportare le miserie della quotidianità — e Robert continuerà a pensare a Francesca come il grande amore mancato.

Francesca ha capito qualcosa di cruciale sull’amore. E cioè che ciò che rende speciale l’amore è l’incompiutezza, il fatto che non verrà mai vissuto fino in fondo. I baci più belli quelli sono quelli che non sono stati dati. Tutti i grandi amori, quelli per i quali ancora ci struggiamo anche se siamo sposati o fidanzati con altre persone, sono quelli non finiti, interrotti, quelli che ancora dovevano concludere la loro curva d’espressione.

Quegli amori abitano tutti a Madison County. E non è un caso che a Madison County ci siano degli strani ponti completamente coperti: i ponti uniscono, ma lì lo fanno in modo speciale, nascondendo agli occhi e al giudizio del mondo il luogo di contatto fra due anime che si incontrano in modo libero.