Sul profilo Instagram di Pierfrancesco Favino, il countdown per l’uscita di Napoli – New York è iniziato da un mese: immagini e canzoni evocative, da ’Na tazzulella ’e cafè di Pino Daniele al tema di New York New York di Frank Sinatra. Tutto naviga verso il nuovo film di Gabriele Salvatores che dal 21 novembre porta al cinema – a sorpresa – un soggetto inedito di Federico Fellini e del suo sceneggiatore Tullio Pinelli. È la storia di due scugnizzi che, rimasti soli tra fame e macerie postbelliche, si imbarcano come clandestini su una nave per New York e incontrano il burbero comandante Domenico Garofalo (Favino), che finirà per aiutarli. Una favola neorealista che è anche un omaggio al nostro cinema. «Per me è stata una favola nella favola» dice il 55enne attore romano.

«Solo il fatto che da un baule di Pinelli siano venuti fuori disegni e carte di quest’idea mai realizzata è una specie di magia. Ne è nato un film avventuroso e dolce, tra Frank Capra e Hugo Cabret, che fa sognare: una boccata d’aria in un periodo come questo». In oltre 30 anni di carriera e 90 titoli fra grande e piccolo schermo, Favino ha dato corpo a personaggi veri o inventati con rara versatilità. Si è trasformato in Gino Bartali – L’intramontabile di Alberto Negrin, in Tommaso Buscetta per Il traditore di Marco Bellocchio, in Bettino Craxi in Hammamet di Gianni Amelio. Piega la sua voce a qualsiasi dialetto. Recita in inglese e francese, da Angeli e demoni di Ron Howard con Tom Hanks a Maria di Pablo Larraín con Angelina Jolie, che uscirà il 1° gennaio. E poi Picchio – «soprannome che mi ha dato mio padre e mi piace molto» – è anche un mattatore, l’ha dimostrato conducendo il Festival di Sanremo nel 2018.

Piefrancesco Favino torna al cinema con Napoli – New York

Qual è il suo rapporto con Napoli e con questa storia?

«Sono cresciuto a “pane ed Eduardo”: i miei sono meridionali e le commedie di De Filippo erano un appuntamento fisso. Il paese di mia madre, Candela, è nella Puglia vicina alla Campania: un posto con il vento che ulula, che per me è un suono dell’infanzia. E Napoli è una città dalla cultura vitale, che amo e frequento di più da quando ho girato Nostalgia di Mario Martone (uscito nel 2022, ndr). Nel film è un po’ fiabesca così come lo è New York, che Fellini non aveva mai visto e immaginava come luogo dei sogni».

I protagonisti sono due scugnizzi e non a caso il film cita Paisà di Rossellini. Com’è stato recitare con i piccoli Dea Lanzaro e Antonio Guerra?

«Sono attori veri, strepitosi (anche nella serie Mare fuori, ndr). Lontani dai ragazzi di strada ai quali De Sica regalava le cicche. Il regista Gabriele Salvatores ha un tocco speciale coi bambini, riesce a tirarne fuori il meglio, creando un’atmosfera giocosa e professionale».

favino napoli - new york
Pierfrancesco Favino con il regista Gabriele Salvatores sul set del film Napoli – New York

Pierfrancesco Favino: le lingue ci aiutano a capire il mondo

Lei ha recitato nei dialetti e accenti di tutta Italia, oltre che in inglese e francese con pronuncia invidiabile. Talento naturale o esercizio?

«Ho molto orecchio, come il resto della famiglia. I miei parlavano dialetto in casa e italiano con gli altri. Poi c’era sempre la musica. Mio padre suonava il pianoforte, io e le mie tre sorelle cantavamo. Oggi mi piace ascoltare le inflessioni della gente per strada. E imparare le lingue per me è un modo per capire il mondo».

Era piccolo quando è andato in vacanza-studio in una cittadina del Surrey.

«Avevo 11 o 12 anni e il mito dell’Inghilterra, che negli anni ’80 attraeva più dell’America. Imparavo le parole delle canzoni pop. Mi è sempre piaciuto parlare come i locali, ovunque andassi: nelle vacanze estive mi fingevo ora toscano ora calabrese».

Difatti la conosciamo per le imitazioni, anche canore. A Sanremo si era sbizzarrito: Eros Ramazzotti, Luis Fonsi e altri, anche in mash-up. Mai pensato a un film musicale?

«Diciamo che canticchio. Così come suonicchio, chitarra e pianoforte. Mi è capitato di cantare a teatro, ma è solo un hobby: non l’ho mai fatto a livelli professionali, per quanto mi potrebbe piacere. È un divertimento quotidiano anche con mia moglie e le mie figlie (l’attrice Anna Ferzetti, Greta e Lea di 17 e 11 anni, ndr)».

Le ragazze hanno frequentato una scuola di musical.

«Vero, ma è una di quelle cose sane che non comportano il pensare a uno sbocco professionale».

Il rapporto con la famiglia

Greta ha recitato l’anno scorso con la madre nel film I peggiori giorni, Lea è apparsa in Padrenostro nel 2020. Un caso?

«Confesso di essere un po’ all’antica in questo, ci tengo che facciano una vita il più normale possibile. Per Padrenostro è stato il regista Claudio Noce a chiedere di coinvolgere Lea, io temevo si annoiasse dopo l’entusiasmo iniziale, invece è andata bene. Greta è apparsa in un film con la madre, ma studia e fa la vita dei coetanei. Se volessero diventare attrici, né io né Anna crediamo alle scorciatoie».

Vi abbiamo visto tutti e quattro in un episodio della serie Sky Call My Agent, in cui lei non riesce a uscire dal ruolo di Che Guevara. Puro divertimento?

«Sì, era difficile restare seri. Quando ce l’hanno proposto abbiamo deciso tutti insieme, seduti a tavola, di divertirci per quei pochi giorni».

Lei si è spesso definito un attore comico.

«Ho un talento più naturale per la commedia, anche se ho spesso avuto ruoli drammatici. A volte i bambini per strada mi chiedono di parlare il francese buffo del D’Artagnan di Moschettieri del re (film del 2018 di Giovanni Veronesi, ndr)».

Li accontenta?

«Be’, sì. Poi sono sorpreso e felice quando le persone mi fermano per strada ringraziandomi. Quando giri un film non sai che emozioni susciterai: sentire affetto e gratitudine vale per me tutti i premi del mondo».

Piefrancesco Favino: dopo Napoli – New York sarà al cinema con Maria

Il 1° gennaio uscirà Maria di Pablo Larraín con Angelina Jolie, il film che racconta gli ultimi anni della Callas. Lei è il maggiordomo Ferruccio Mezzadri. Com’è stato l’incontro con la Jolie?

«Quando l’ho incontrata, già nelle vesti della Callas, ho pensato che non avrei faticato a interpretare il maggiordomo di una diva. Durante le riprese si è creata una bellissima sintonia con lei e Alba Rohrwacher (nel ruolo della governante Bruna Lupoli, ndr). Conoscendo divi di questa statura capisci che è giusto siano dove sono: hanno una dedizione e una professionalità estreme».

Sempre più spesso vediamo attori italiani in produzioni straniere. Lei stesso ha interpretato l’abate Faria nel francese Le Comte de Monte-Cristo dal classico di Dumas, un grande successo Oltralpe.

«Non so ancora se e quando uscirà da noi. A ogni modo mi fa piacere vedere anche altri, Riccardo Scamarcio, Matilda De Angelis o Alessandro Borghi, mettere un piede all’estero: è importante per il nostro cinema».

Desideri per il futuro?

«Sono maturato come attore, ma voglio ancora imparare. Andare in territori che non conosco, sorprendere anche me stesso».