Una medaglia olimpica, come l’argento conquistato da Rachele Bruni nella 10 km di nuoto alle Olimpiadi di Rio de Janeiro non arriva dalla sera alla mattina. Ci sono dietro anni di sacrifici, allenamenti, gare. Una vita dura, che un atleta sostiene grazie sia alla passione, sia alle persone che gli sono accanto. Gli amici, i familiari e ovviamente il partner. Per un atleta è normale, quando arriva la medaglia, pensare a chi gli è stato vicino nelle ore più difficili e dedicare a loro la vittoria. 

La dedica alla compagna

Rachele Bruni ha fatto lo stesso semplice ragionamento. E ha voluto dedicare la vittoria alla compagna Diletta, presente in Brasile a fare il tifo per lei. Dovrebbe essere una cosa naturale e invece fa ancora notizia. Fa notizia perché in Italia l’omofobia è ancora molto diffusa: basti pensare che in questi giorni, malgrado l’approvazione della legge sulle unioni civili, in alcuni Comuni i sindaci stanno ritardando o ostacolando le coppie che vorrebbero fare il grande passo. Fa notizia anche perché Rachele è la prima atleta italiana che ha il coraggio di dichiarare, anche se indirettamente, la sua omosessualità alle Olimpiadi. 

I pregiudizi della gente

«Dite che ci vuole coraggio?» ha dichiarato. «Non lo so, so solo che mi è venuto naturale pensare alla mia Diletta. E non ai pregiudizi della gente, perchè indubbiamente ci sono persone che ne hanno ancora, ma io vivo serena e tranquilla senza pensare a questo: vivo per me stessa, per la mia passione per il nuoto e per le persone che mi vogliono bene».

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Rachele Bruni bacia la medaglia d’argento conquistata nella 10 km di nuoto. 

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Il nuoto di fondo è uno sport ammesso da poco alle competizioni olimpiche: è una disciplina che consiste nel percorrere diversi chilometri in acque aperte come mari, laghi o fiumi. 

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Il tuffatore inglese Tom Daley è probabilmente il più celebre degli atleti gay. A Rio ha vinto una medaglia di bronzo. 

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Tom Daley

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Tom Daley e un suo compagno di squadra

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Kate Richardson-Walsh campionessa della squadra britannica di hockey sul prato è alle Olimpiadi con la moglie Helen, sua compagna di squadra. 

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Helen Richardson-Walsh, a Rio con sua moglie Kate. Sono sposati da tre anni e si conoscono da otto. 

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La cestita USA Seimone Augustus

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Aimini Fonua, nuotatore di Tonga. Ha dichiarato pubblicamente la sua omosessualità nel 2013. 

Gli atleti che hanno fatto coming out

Sono sempre di più gli sportivi che decidono di rendere pubblica la loro omosessualità. A volte senza dichiarazioni eclatanti, limitandosi a postare sui social le foto dei loro partner oppure con dediche dopo la vittoria come ha fatto Rachele a Rio. Secondo Outsports a questa edizione delle Olimpiadi sono 50 gli atleti Lgbt dichiarati, a Londra erano 23. 

A Rio anche una coppia sposata

Fra i nomi più celebri presenti a Rio si può senza dubbio citare Tom Daley, il tuffatore britannico vincitore di una medaglia di bronzo. A 19 anni, Daley, già celebre, si è dichiarato al mondo interno con un video su Youtube visto da milioni di persone. Oggi ha una relazione con uno scenaggiatore e partecipa spesso a manifestazioni per i diritti civili. Tom non è l’unico: ricordiamo anche la brasiliana Rafaela Silva, oro nel judo femminile, la cestista Usa Seimone Augustus, il nuotatore tongano Amini Fonua. Nella squadra britannica di hockey su prato c’è anche una coppia sposata: Helen e Kate Richardson-Walsh

Un segnale di speranza

Ma anche nello sport, come in tanti altri settori della società, i pregiudizi restano ancora tanti. Tanti sportivi preferiscono uscire allo scoperto solo a carriera conclusa, quando non corrono più il rischio di subire ripercussioni o di essere emarginati. Molti atleti poi sono costretti a tacere perché vivono in Paesi dove l’omosessualità è ancora un reato, nei casi più estremi punito anche con la pena di morte. Per questo i ragazzi e le ragazze di Rio che escono allo scoperto non possono non essere un segnale di speranza per i gay e le lesbiche di tutto il mondo.