Come lei solo Donna Summer con I Feel Love, Cher con Take me home, l’inno della masturbazione di Cyndi Lauper She Bop, Erotica di Madonna e quel mitico ritornello delle Spice Girls “Tell me what you want, what you really really want“. Stiamo parlando della strepitosa Raffaella Carrà che dovrebbe essere dichiarata “Patrimonio dell’umanità” e che oggi ci va vicina con il tributo regalato dal rispettabilissimo The Guardian, il quotidiano britannico, che la consacra a regina dello spettacolo non solo italiano: un vero e proprio fenomeno pop che dal nostro Paese si è poi diffuso in tutto il mondo. L’occasione? L’uscita del musical «Explota Explota – My Heart Goes Boom!» del regista uruguaiano Nacho Alvarez: non un film biografico sulla Carrà, ma una pellicola in cui le sue canzoni fanno però da filo conduttore alle vicende e alle vite dei protagonisti. Il Guardian però va oltre il film e si concentra sul valore culturale del “fenomeno Carrà” sul fronte dell’emancipazione sessuale in Italia e successivamente in Spagna (in pratica nell’Europa super cattolica). Dal balletto ammiccante alle canzoni più esplicite, la cantante bolognese ha scatenato un’ondata sessuale talmente forte da scomodare il Guardian che l’ha definita «Un’icona culturale che ha rivoluzionato l’entertainment italiano e ha dato alle donne la possibilità di prendere l’iniziativa in camera da letto. Raffaella Carrà ha insegnato all’Europa la gioia del sesso».
In effetti, la showgirl è stata «Più applaudita del presidente Pertini, più amata del calciatore Michel Platini e più miracolosa di Padre Pio»: questo è come l’aveva descritta il settimanale L’Espresso nel 1984. E come, ancora oggi, la vede la maggior parte degli italiani. Sì, perché la Raffaella nazionale è un vero e proprio status symbol che attraversa tre, forse quattro generazioni e, senza dubbio, cinque decenni.

Insomma, «Mentre la Svezia puntava sugli Abba, l’Italia aveva la Carrà, che ha venduto milioni di dischi in tutta Europa», scrive il Guardian che racconta come il film “My Heart Goes Boom” rifletta le relazioni, la sessualità e l’intrattenimento di un paese cattolico. La Carrà ha saputo tener testa, con i suoi modi garbati e il sorriso sulle labbra, a chi provava ad opporsi alle sue splendide gambe in mostra, agli orli più corti di minigonne e shorts, e a una scollatura più pronunciata.
Dagli anni ’50 Raffaella Carrà (una delle showgirl che sapeva davvero cantare, ballare e recitare insieme ) ha avuto un’influenza impareggiabile sulla musica italiana e questo nonostante, tecnicamente parlando, il Belpaese avesse cantanti molto più “vocali” come Mina, Milva, Patty Pravo, e Giuni Russo. «Ma la Carrà con il suo caschetto biondo e il suo fascino intramontabile le ha superate tutte», scrive il Guardian.

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Il suo terreno di gioco era il varietà. Il vero varietà. Fatto di canti, balli e recitazione. Un po’ quello che si è sempre fatto a Broadway ma che l’Italia ha un po’ denigrato e relegato in secondo piano, quasi fosse una televisione di serie B. Ci sono voluti gli inglesi per farci rispettare una tradizione che ha ormai perso il suo appeal ma che continua ad essere nostalgicamente anelata. In quanti avrebbero oggi voglia di rivedere l’edizione del 1970 di Canzonissima? La Carrà cantava e ballava i titoli di testa indossando un due pezzi da fare invidia a Gisele Bundchen: era la prima volta che qualcuno osava mostrare l’ombelico su una televisione nazionale.
Stroncata dal Vaticano, dalla direzione conservatrice della Rai e da Maurizio Costanzo, Raffaella Carrà è stata prima “cacciata” e poi riassunta l’anno successivo quando, con il ballerino Enzo Paolo Turchi (marito di Carmen RUsso) ha sfoderato il mitico Tuca Tuca. Anche questa volta, nonostante il pubblico apprezzasse un balletto che non richiedeva grandi competenze da replicare in casa con gli amici, è arrivata la censura. Per fortuna è intervenuto l’attore Alberto Sordi a salvare la situazione, annunciando che avrebbe partecipato a Canzonissima solo se il ballo fosse stato ripristinato. Da allora il successo è stato inarrestabile e ogni sua scelta, abito o taglio di capelli imitato da tutte le ragazze: il suo caschetto ancora oggi fa impallidire Anna Wintour.

https://youtu.be/eK9NTaKIPJ0

Il mix di sex appeal e accessibilità della Carrà ha insegnato alle donne che avere il libero arbitrio in camera da letto non era poi così scandaloso (A far l’amore comincia tu ), che va bene innamorarsi di una persona dello stesso sesso e che non tutte le relazioni sono esattamente sane e riescono col buco (Tanti auguri). È evidente che ha fatto più Raffaella Carrà per liberare le donne di molte femministe!

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