Quello che è successo lo scorso 27 ottobre in Senato ha fatto il giro del mondo: le immagini dei senatori che esultano, dopo il voto segreto, per l’affossamento del Ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia che era all’ordine del giorno, non proiettano di certo una bella immagine del nostro Paese (“Il vergognoso voto nel Parlamento italiano affossa la legge contro l’omofobia”, ha titolato ad esempio il Guardian) . Il Ddl non introduceva una nuova tipologia di reato, ma avrebbe dovuto estendere le protezioni previste dalla legge Mancino del 1993 per gli atti di odio fondati su motivi razziali, etnici o religiosi allargandoli ai reati motivati dall’odio verso l’altro in ragione del sesso, dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere e della disabilità. Era, almeno nelle intenzioni, una legge per proteggere le persone più fragili della nostra società.
La battaglia parlamentare che ne è seguita è stata lunga e tortuosa – questa era la sesta volta che il Parlamento italiano discuteva una legge di questo tipo: l’ultimo tentativo risale al 2013, con il Ddl presentato dal deputato di Italia Viva Ivan Scalfarotto – e si è conclusa nel peggiore dei modi possibili. Se c’era chi in Parlamento ha esultato, le reazioni di scontento sono state tantissime: sui social, anche da parte da tutte quelle celebrity che si erano schierate a favore della legge negli ultimi mesi, e nelle piazze.
Migliaia di persone si sono infatti riversate in strada a protestare la sera di giovedì 28 ottobre a Milano e in altre città italiane, mentre altre manifestazioni sono previste per il prossimo weekend, da Padova a Roma, da Brescia a Palermo.
L’ha definita un’occasione sprecata Antonella Clerici, che in un intermezzo del suo È sempre mezzogiorno su Rai1 ha detto: «Il grande fenomeno del momento sono gli italiani, abbiamo davvero vinto tutto, nello sport, dolci, panettoni, Nobel per la fisica, siamo al top… peccato per i diritti civili», ha concluso la conduttrice con amarezza. Sulla stessa linea si sono espressi Fedez e Chiara Ferragni, non senza polemica, mentre il cantante e conduttore Mika ha usato il palco di X Factor per esprimere la sua delusione.
«Mi dispiace di non poter festeggiare questa sera un passo avanti che aspettavamo e che riguarda tutti noi perché riguarda i diritti di tante persone. Le immagini che abbiamo visto ieri in Senato, quando è stato definitivamente bloccato il percorso del ddl Zan, sono state imbarazzanti e rimarrà una brutta pagina della nostra storia», ha esordito in prima serata, «Dicendo questo credo di poter parlare anche a nome dei miei colleghi al tavolo, in un programma che si è sempre impegnato e battuto contro ogni forma di discriminazione», ha quindi concluso l’artista, sostenuto dalla collega Emma Marrone che si è espressa allo stesso modo.
Mika ha anche scritto su Twitter: «Quella che abbiamo visto ieri non è l’Italia che amo e che mi ha accolto e difeso in questi anni. Ma là fuori c’è ancora l’Italia capace di amare e accogliere e nella quale voglio continuare a credere». Anche due tra gli stilisti italiani più conosciuti al mondo hanno voluto esprimere il loro rammarico per l’esito del voto: Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, ha scritto in un post su Instagram: «È veramente un giorno triste per l’Italia. Chi oggi non ha voluto far nascere una società più inclusiva dovrebbe vergognarsi. Dovrebbero vergognarsi tutti quelli che hanno applaudito alla negazione dei più basici diritti umani».
Un sentimento condiviso da Pierpaolo Piccoli, direttore creativo di Valentino, che su Instagram ha scritto: «Il Ddl Zan è una legge che tutela la dignità di ogni individuo, e chi acclamava oggi applaudiva un fallimento della morale di questo Paese. È un segnale, forte, e forte dovrà essere il cambiamento che auspichiamo per andare incontro ad un futuro dove le persone, tutte, sono il centro del mondo. Io ci sono, non mi muovo, userò la mia voce ancora più forte di prima. Il mio Paese non è quello che applaudiva oggi ma quello che guiderà il cambiamento di domani», ha scritto lo stilista. Ora bisognerà ricominciare tutto daccapo.