Riccardo Marcuzzo (questo il vero nome di Riki), 28 anni il 4 febbraio, arriva secondo ad Amici di Maria De Filippi nel 2017. Occhi blu, canzoni orecchiabili, è molto amato dalle ragazzine: «ma non voglio essere seguito solo perché sono bello», ha dichiarato al Corriere della Sera. Eppure il suo pubblico non si ferma più solo lì, soprattutto da quando il suo percorso si è spostato anche in Sud America, dove il riscontro è stato ottimo grazie anche a featuring con cantanti già noti laggiù (la band CNCO in primis).
Lo sappiamo entrambi è una ballad che racconta la fine di un amore, tra messaggi scritti e poi cancellati e con questo brano affronta per la prima volta a Sanremo. Il suo nuovo album vedrà la luce in primavera: «Dopo le prove con l’orchestra mi sono tranquillizzato, mi hanno fatto anche l’applauso». Pignolo, cura ogni dettaglio del suo lavoro, dai testi delle canzoni alla grafica del merchandising (sfruttando i suoi studi in design). La prima canzone l’ha scritta a 7 anni, in spiaggia, per un calzino che gli vestiva un piede infortunato. A ottobre suonerà nei palazzetti di Roma e Milano. Nella serata delle cover canta L’Edera (1958, Nilla Pizzi).
Il tuo primo Sanremo. Come mai ora?
Ho deciso di fare questo Sanremo nel momento in cui ho accettato la proposta di Sony Latin di iniziare una carriera dall’altra parte del mondo. Ho pensato che sarebbe stato bellissimo poter presentare il mio prossimo disco su un palco così importante. Forse in passato sarebbe stato anche più semplice, subito dopo aver fatto Amici sarei stato tra i favoriti. Ma non ho voluto farlo, perché non era il momento. Non perché non me la sentissi, ma volevo concentrarmi sul tour, l’album Mania era uscito a ridosso del Festival e non avrebbe avuto senso fare un inedito nuovo. Insomma, le cose andavano bene.
Come è stata l’esperienza in Sud America?
Bellissima. Ma anche molto difficile. Ho dovuto imparare lo spagnolo in cinque mesi e tutto ciò che dovevo dire diventava più complicato. Là è tutto molto più veloce, nei periodi di promozione ti svegli prestissimo, ti esibisci senza neanche aver provato… Mi sono trovato a cantare Perdo le parole, in spagnolo, alle sette del mattino. Non è semplice perché parti da zero, ma sta andando molto bene. Le canzoni passano in radio e funzionano molto più che qui perché lì non mi porto dietro l’etichetta del talent.
Ti pesa quell’etichetta?
Sì, perché per quanto ho fatto, studiato, per quanto mi impegno e lavoro, continuo a leggere tante cose che non sono vere. Mi dicono che scrivo per le ragazzine quando invece uso parole che valgono per tutti. Quando scrivo lo faccio in modo universale, non penso solo a loro. Ogni età ha una sua esperienza e chi scrive è molto sensibile alla vita stessa e quando scrive modifica il suo modo di parlare. Quindi se parlo di una comunicazione via telefono per esempio, come in questo brano di Sanremo, non è che vale solo per una ragazza di 12 anni. Quando i miei genitori si sono separati due anni fa, stavano al telefono.
Lo sappiamo entrambi è una ballad. Come mai hai scelto questa canzone?
Sono un cervellotico. Ho visto che da Occidentali’s Karma a Mahmood hanno avuto rilievo i brani uptempo, quindi ho scelto di portare un lento. Che magari all’inizio arriverà meno, ma mi è sembrato il pezzo ponte perfetto per il passaggio da quello che ero prima a quello che sarà invece questo nuovo disco.
Come ti vestirai?
Bello elegante. Armani. Gli esperimenti li lascio all’estate, ai Festival. Credo che vada portato rispetto al palco dell’Ariston.
Sei pignolo?
Da sempre.
Hai qualche ansia pre-Festival?
Mi piace raccontarmi, mi piace parlare. Mi piace farmi conoscere anche grazie alle interviste. Ecco, una paura che ho è che non passi veramente chi sono, nonostante il pubblico sia così ampio.
Chi sei? Cosa vuoi che sappiano le persone che ti vedranno per la prima volta?
Penso di essere una persona molto creativa. Non mi piace solo scrivere canzoni, ma l’arte in generale. Sto costruendo tre start up, design e moda. Perché è quello che ho studiato. Tanti artisti si improvvisano, mettono il loro nome su qualcosa che devono promuovere. Io ho le competenze tecniche per disegnare una linea di un brand. Prodotti, grafiche, moda. Mi impegno molto.
Anche in comunicazione sei molto forte. A un certo punto sui tuoi social c’erano le foto di una persona che non eri tu.
Studio le operazioni di comunicazione. A volte si allacciano al disco, a volte no. Mi piace lanciare provocazioni, rompere le abitudini per far in modo che la gente pensi. Forse a volte sbaglio, il pubblico sui social è molto giovane e alcuni non capiscono. A settembre scorso ho cancellato tutto il mio account, ponendo come prima foto quella di una persona che palesemente non ero io. Volevo capire quale sarebbe stata la reazione perché ormai tutto quello che guardiamo viene dato per scontato e vero per forza. Sono arrivati moltissimi commenti. In tanti, tantissimi mi hanno detto che si vedeva che mi ero rifatto gli zigomi.
Un tuo pregio?
Sono rimasto un sognatore. Lo vedo attorno a me, tra i colleghi o tanti amici coetanei che si accontentano. Si fanno scrivere canzoni da altri, se si tratta di musica o fanno fatica a trovare lavoro, perché non si danno da fare per cambiare le cose, per migliorare la qualità della propria vita. E così anche per molti hater che sfogano la loro rabbia repressa sui social anziché fare qualcosa di costruttivo. Sono chiusi in casa e non fanno niente. Questo mi fa arrabbiare.
E difetto?
Sono molto insicuro, anche se non sembra. Quando leggo i commenti negativi ora me li faccio scivolare addosso, ma l’ho imparato dal mio manager Francesco Facchinetti che ogni giorno è attaccato. È ancora il “figlio di”, nonostante sia bravissimo. Per lui, se sei consapevole della tua forza, non ti devi fa condizionare dai cretini che scrivono senza sapere. Sono solo arrabbiati.
Come cover hai scelto L’edera di Nilla Pizzi.
Una scelta matta e irrazionale. Avrei scelto L’italiano, ma se l’era già preso Gabbani e allora ho voluto guardare nel primo decennio del Festival e non so perché questa canzone la conoscevo già, forse grazie a mia nonna che la canticchiava. Abbiamo riarrangiato il pezzo, portando rispetto al brano originale. Ho scritto utilizzando il mio linguaggio, ma con parole un po’ vintage. Credo mi sia venuta molto bene.
Una cosa che non devi dimenticare a casa in quei giorni?
La testa? E gli in-ear, gli auricolari del palco.