«Se non fossi stata discriminata o non avessi sofferto di persecuzioni, non avrei mai ricevuto il premio Nobel», aveva dichiarato Rita Levi Montalcini. Ed è proprio questo che ci è sempre piaciuto di lei: l’onestà intellettuale incondizionata. Lei che, femminista in una famiglia “vittoriana”, ebrea e soprattutto libera pensatrice, ha dovuto fronteggiare svariate forme di oppressione nella sua vita, non ha mai perso la sua forza, la sua tenacia e il suo impegno sociale, anzi, la neuro-biologa è stata capace di trasformare le difficoltà in punti di forza. E con tanta umiltà ha detto non molto tempo prima di lasciarci, il 30 dicembre 2012 all’età di 103 anni, «Il mio unico merito è stato l’ottimismo», invitando i giovani «ad avere fiducia e credere nel proprio lavoro». In quanti avrebbero il coraggio oggi di consigliare con tanto entusiasmo questa visione rosea della vita?
Rita Levi Montalcini la donna
Rita Levi Montalcini era figlia dell’ingegnere Adamo Levi e di Adele Montalcini, colti borghesi di origine ebraica. Il padre si aspettava dalle figlie (Rita aveva anche una sorella gemella, Paola) la classica vita da moglie e madre, ma la senatrice a vita si è sempre sentita inadatta a ricoprire un ruolo tanto tradizionale. A vent’anni decise di mettersi a studiare medicina sostenendo da esterna l’esame di maturità e iscrivendosi all’università di Torino, città in cui è nata. La Levi Montalcini si è specializzata poi in neurologia e psichiatria, finché le leggi razziali imposte da Mussolini che escludevano gli ebrei dalle università hanno interrotto la sua carriera di medico e di assistente universitaria.
È per questo che nel 1939 ha accettato un posto di ricercatrice a Bruxelles (fino a quando è dovuta nuovamente fuggire a causa dell’invasione dell’esercito tedesco). Rientrata in Italia e tornata a vivere con la famiglia, Rita ha allestito nella sua stanza un laboratorio di fortuna per poter continuare le sue ricerche. Dopo la guerra il suo contributo alla scienza è continuato nel laboratorio della Washington University di St.Louis, nel Missouri, dove è rimasta per oltre 30 anni occupandosi dello sviluppo del sistema nervoso. La Levi Montalcini ha vinto il premio Nobel proprio per aver scoperto una sostanza essenziale per la sopravvivenza delle cellule nervose: il Nerve Growth Factor (Ngf), che poi è stato brillantemente applicato al settore dell’oculistica.
Rita Levi-Montalcini la scienziata-femminista
«L’umanità è fatta di uomini e donne e deve essere rappresentata da entrambi i sessi», disse una volta Rita che combattè in prima linea importanti battaglie sociali come quella per la regolamentazione dell’aborto negli anni ’70 portata avanti con il “Movimento di liberazione femminile”. La Levi Montalcini è stata una vera e propria eroina di un femminismo di altri tempi dove non si combatteva al suono di sterili rivendicazioni ma di vera consapevolezza del proprio ruolo. Con i fatti. E con una fondazione: la Fondazione Rita Levi Montalcini rivolta alla formazione dei giovani e al conferimento di borse di studio universitarie a studentesse africane perché, come diceva la scienziata: «Soltanto attraverso l’istruzione e la conoscenza le donne possano prendere a pieno consapevolezza del loro ruolo nella società e prendere posizione da sole contro i soprusi».
Insomma una donna d’altri tempi diventata l’eriona dei nostri giorni.
Rita Levi-Montalcini la fiction
Con una figura femminile di questo calibro non potrebbe che esserci grande attesa per il film interpretato da Elena Sofia Ricci che rende omaggio a una donna che ha sacrificato la sua vita privata per dedicarsi alla scienza. Qualcuno l’ha descritta come una donna fragilissima. Altri come una delle più forti in assoluto. Lei amava definirsi intuitiva e dalla pellicola emergeranno tutte queste caratteristiche del Premio Nobel la cui missione era quella di aiutare il prossimo.
Vi sveliamo solo la prima scena del film: siamo nel 1986, in un bell’appartamento anni Cinquanta in via di Villa Massimo, nel quartiere nomentano a Roma e Rita è appena tornata da Stoccolma, dove ha ricevuto il prestigioso riconoscimento per essere riuscita a isolare il fattore di crescita nervoso, considerato il Santo Graal delle neuroscienze, la chiave per curare patologie come l’Alzheimer. Ma non si era mai trasformato in una vera e propria terapia. Fino a quando una piccola violinista di 12 anni cambia tutto…