Rocco Schiavone è un personaggio immaginario, letterario e televisivo, protagonista dei romanzi polizieschi di Antonio Manzini e dell’omonima serie televisiva. E a vestire i panni del vicequestore romano trasferito ad Aosta per punizione è il bravissimo Marco Giallini.
I fan delle indagini di Rocco Schiavone erano rimasti in sospeso dal 7 dicembre 2016, quando la prima stagione finì lasciando al pubblico di Rai 2 tante domande senza risposta. Da mercoledì 17 ottobre il vicequestore riprende però il suo viaggio, per far luce su quel passato drammatico che lo tormenta costantemente e continua a condizionare il suo presente.
Ma dove eravamo rimasti? Nel finale della prima stagione gli amanti della serie avevano scoperto che Rocco aveva fatto sparire Luigi Baiocchi, l’assassino di sua moglie Marina, scatenando l’ira e la sete di vendetta del fratello dell’uomo che, a sua volta, aveva tolto la vita ad Adele, compagna del migliore amico di Schiavone.
Stasera ci aspettiamo quindi un vicequestore intento nel continuo dialogo con il fantasma della moglie in un continuo susseguirsi di flashback che lo mostrano nel pieno delle sue bravate.
Ma chi è Rocco Schiavone? Conosciamolo meglio: Rocco è nato a Roma, nel rione Trastevere, il 7 marzo del 1966, da una famiglia di operai. I suoi amici d’infanzia sono diventati ladri o spacciatori mentre lui si laurea in giurisprudenza ed entra in polizia. Senza la minima passione.
A 35 anni sposa Marina, sua compagna da sempre e per tutta la vita: ma Marina viene uccisa in un attentato proprio a Rocco. Un’auto li affianca a un semaforo, il conducente spara tre colpi, il vicequestore della Polizia di STato ha la prontezza di abbassarsi per evitarlo, ma purtroppo la moglie viene ferita a morte. Rocco non può naturalmente fare a meno di rintracciare e uccidere uno degli assalitori.
Nel primo racconto Rocco Schiavone è un dirigente del commissariato Cristoforo Colombo dell’EUR di Roma. Ma già consapevole che presto verrà trasferito per motivi disciplinari, perché ha ridotto in fin di vita uno stupratore seriale, figlio di un politico che ovviamente usa tutta la sua influenza per fare in modo che Schiavone venga punito. Destinazione Aosta. Pensate quindi la sua gioia quando scopre che dall’assolata Roma dovrà fare i conti con la fredda Valle d’Aosta.
Nonostante il clima Rocco si ostina a vestirsi “alla cittadina”, con il suo mitico Loden verde e le Clarks beige, che puntualmente deve buttare perché inzuppate di neve.
Qualcuno ha definito “diseducativa” la serie a causa delle innumerevoli parolacce di Rocco e a causa del fatto che la mattina, prima di cominciare a lavorare, fuma uno spinello contenuto in un apposito cassetto chiuso a chiave nella scrivania in ufficio. Questa abitudine, che lui definisce la sua “preghiera laica del mattino“, citazione di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, il quale si riferiva al giornale, gli dà immediati benefici: prima non è in grado di elaborare pensieri complessi né di effettuare alcuna attività di indagine.
Ma Rocco è così. O lo ami. O lo odi. E chi ha letto i gialli di Antonio Manzini da cui è tratta la serie lo sa bene. La consuetudine di esporre alcune sue liste di “rotture di coglioni” ponendole secondo una scala che va da 0 fino al 10° grado è “affascinante”. Esattamente come la schedatura delle persone che incontra: ha l’abitudine di paragonarla a qualche strano animale. Schiavone è burbero, sarcastico nel senso più romanesco del termine, cinico con tutto e chiunque. Ma in grado di stregarti dopo una sola puntata!