Il cantautore romano che nel 2017 ha portato avanti un progetto sintonico che unisce orchestra e sintetizzatori, continua il viaggio con il concept album Alchemaya che esce il 9 febbraio e racchiude la ricerca personale di Max Gazzè nei suoi ultimi trent’anni. Da un primo atto che ripropone l’opera teatrale, registrata in studio, a un secondo cd con i pezzi riarrangiati della sua carriera. C’è un mondo in quel disco (e nella sua testa): dalla filosofia, all’esoterismo, passando dalla fisica quantistica. Parlare con lui diventa immergersi in un mondo di storie e passione, come quella de La leggenda di Cristalda e Pizzomunno, il brano che presenterà sul palco del Festival di Sanremo e che racconta la storia della pietra calcarea che guarda il mare di Vieste.
Perché questa storia?
Me l’hanno raccontata e me ne sono innamorato. Chissà quante altre ce ne sono.
Come è iniziata la tua ricerca?
Ho cominciato a rendermi conto di come tutto fosse concatenato. Ho cominciato a studiare per passione i manoscritti a vent’anni, ero un topo da biblioteche esoteriche di castello Sant’Angelo, di notte. Ero convinto che nella mitologia ci fosse qualcosa di vero. Ho iniziato a fare ricerca sulla musica. Poi la filosofia, poi la religione. Ho capito che ogni vincitore distrugge la storia passata e noi la reinterpretiamo, raccontando in base a quello che è utile portare avanti. È sempre il presente che modifica il passato e distrugge la storia. C’è molto da scoprire.
Il progetto a teatro era un’esigenza per raccontare questi tuoi studi?
Erano tanti anni che volevo fare qualcosa di diverso. Non mi fermo dal 2013, avevo bisogno di sperimentare. Alchemaya è il mio modo di spiegare questo concept, raccontando una storia che parte dalle origini del mondo e arriva all’anima dell’uomo. Ho usato un’orchestra per farlo e ho cercato di rendere il racconto comprensibile. Era importante che anche i miei figli potessero accedere a questa storia, capendo. Chi già la conosce sa di cosa parlo, chi non la conosce entra in una bella narrazione.
Sanremo dove si inserisce?
Ho chiesto io di poterci andare. Per me era importante proprio perché questa volta propongo qualcosa di molto diverso. Questo disco è anomalo, corre il rischio di non essere capito. La leggenda di Cristalda e Pizzomunno è un brano che c’era già ma non avevo mai suonato dal vivo, un inedito che era giusto portare all’Ariston per poter raccontare tutto al meglio. Spesso accade che quando uno va a Sanremo fa un disco e poi escono i singoli di quel disco. In questo caso Alchemaya è già esistito, anche live. È un modo per concludere questa fase.
Anche il brano di Sanremo è quindi “sintonico”?
Sì! Sintonico significa sinfonico (con l’orchestra) più sintetico (con il sintetizzatore). La funzione specifica del sintetizzatore unito all’orchestra è dare unicità alle varie frequenze. Come dare un gin tonic al violino!
Quanto sei preciso nella ricerca del suono?
Perdo anche un mese intero per ricercarne uno singolo.
Per le parole invece?
Mio fratello è un maniacale della parola. Non tocco niente perché in tutti questi testi c’è un attentissimo studio al suono delle parole. Quando lui mi porta un testo già suona, già è musica.
In questo progetto è come se avessi mostrato una nuova faccia. Max dei tormentoni c’è ancora?
Siamo persone, la parola deriva dal greco e significa “maschera”. Di fatto ogni persona è una maschera e io interpreto un ruolo. È chiaro che queste mie ricerche mi portano a essere ironico su tante cose. Senza mai essere un giullare. Né troppo serio da diventare pesante. Non uso l’ironia per dire cose serie, ma non mi sto prendendo troppo sul serio. Tutti i miei studi li ho fatti in maniera serissima. È una fase. Tornerò certamente alle altre canzoni.
Con chi ti confronti sugli argomenti delle tue ricerche? Non ti senti mai solo?
Devi entrare in uno stato empatico con l’altro, per indagare insieme. Quando posso accedere a un altro livello di comunicazione è molto affascinante. Non mi capita molto spesso, ma quando succede sono molto felice. E si attinge a qualcosa che va oltre l’analisi stessa di quello che si è detto. Ma non mi sento solo.
Cosa stai leggendo in questo momento?
Lo zen e l’arte di giocare a tennis. Sto giocando a tennis, lo farò anche a Sanremo. Prenoto tutti i campi, in uno ci gioco e nell’altro faccio il barbecue (ride). Di cose da leggere ne ho in realtà tante, ma a Sanremo mi concentrerò sul fare. Io faccio tutto, mi piace fare tutto, vivere completamente l’esperienza senza contrastarla. La fatica di quella settimana è una bella fatica, l’ho sempre vissuta con una grande serenità ogni volta che ci sono andato.
Hai una parola preferita?
“Underpants”, mutanda in inglese, può andare?
Al look hai pensato?
Mi chiamano “Er Tuta”, vado in giro in tuta, nera e grigia. L’abbigliamento fuori dal palco sarà sicuramente quello!
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