Nel 2013 ha vinto il premio della critica Mia Martini nella sezione Nuove Proposte con il brano Il postino. L’anno successivo terzo tra i big, con Ora. Poi una lunga pausa, con la convinzione che la sua carriera fosse finita: aspettative deluse, la paura di mettersi in gioco, una grande insicurezza. Fino al bisogno impellente, quasi necessario, di ricominciare a scrivere musica, canzoni. Il cantautore trentenne di Martina Franca, dove è nato e dove attualmente vive, torna al Festival di Sanremo con uno spirito nuovo, gioia negli occhi e Custodire nella voce, un brano dai sapori della liricità italiana di tanto tempo fa, che racchiude la storia di due genitori che non si parlano più e che sarà inserito nel repack del suo Il gelato dopo il mare, in uscita il 9 febbraio. «Come abbiamo fatto ad esistere senza mai resistere», canta. E cattura, dal secondo ascolto in poi. Intenso.
Come è nata Custodire?
Era una notte di settembre e avevo visto un film orrendo. C’era questo bambino che era stato abbandonato dai genitori e che decideva di diventare il più bravo direttore d’orchestra del mondo, per ritrovarli. L’ho scritta quella sera, mi sono ascoltato, ho capito che alcune mancanze hanno alimentato la mia insicurezza nella vita di tutti i giorni. Invece sul palco va via tutto. Ho capito che forse volevo essere ascoltato da sempre. E ho capito che l’ascolto di cui avevo bisogno era quello della mia famiglia.
Quanti anni avevi quando i tuoi genitori hanno smesso di parlarsi?
Sette anni. Subito dopo ho iniziato a fare teatro. Volevo stare sul palco, ogni volta che facevo uno spettacolo cercavo uno dei due. La separazione è un tema quasi scontato, ma come mai non ne parla nessuno? Si dice tanto di generazioni bruciate, di social, ma le mie insicurezze partono invece da lì. E le ho trasformate in musica. Era giusto ora dire la verità.
L’hanno ascoltata?
Sì. Mio padre qualche giorno fa mi ha chiesto se parlasse di lui e mia madre. Ha detto che loro però non si direbbero niente di tutto questo. E infatti è quello che vorrei io che si dicessero!
Hai paura del palco?
La paura più grande è arrivata quando ho capito che non avrei mai più fatto musica. Ero sicuro che fosse finita. Stavo anche pensando di fare altro, musica per il cinema, colonne sonore, ma senza parole. Le canzoni sono tornate all’improvviso ed è venuto fuori questo disco che mi rappresenta. Ci ho messo tre anni a scriverlo. Ho ragionato su tutto, ogni singola nota o arco o chitarra. Ci ho messo talmente tanto amore che non poteva che uscirne qualcosa in cui io mi vedo appieno. Non ho paura perché per me è uno dei brani più belli che io abbia mai scritto.
Chi porti a Sanremo con te?
Mio nonno Michele, la superstar di Martina Franca che torna sulla copertina del repack del disco Il gelato dopo il mare, con una giacca piena di glitter. E mia nonna Mimma.
Loro da quanto stanno insieme?
Da sempre. Avevano quindici anni. L’amore eterno esiste, ha solo forme diverse.
Prima di salire sul palco a cosa pensi?
Mi sono ripromesso di ricordarmi che cosa mi è successo negli ultimi anni. Sono rimasto senza canzoni, con pochi soldi in tasca. So tutti i sacrifici che ho fatto, non voglio che mi interessi il giudizio delle persone. Prima avevo paura di non essere compreso. Sono molto personale in quello che scrivo e racconto, venivo frainteso. Ora non deve interessarmi più.
Chi ti vestirà?
Missoni, sarò super colorato.
Come mai hai scelto Serena Rossi per il duetto della serata del venerdì?
Perché è matta! Ho voluto coinvolgerla e dopo un’iniziale felicità le ho fatto ascoltare il brano e si è commossa. A conferma della sua grande sensibilità. Credo che il duetto stupirà molto.
Sul comodino?
Sto leggendo la biografia di Ennio Morricone.
Nella playlist?
Benjamin Clementine.
Quanto sui social?
Se non facessi musica non li userei. Sarei uno di quelli che postano ogni sei mesi.
Una parola per il Festival di Baglioni?
Spero sia poetico.
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