Dov’è Bugo? Il nome simbolo dell’edizione 2020, protagonista a causa della litigata con Morgan, non torna per un senso di rivalsa, ma dimostra di potersela cavare molto meglio da solo. Cristian Bugatti in E invece sì lascia spazio al potere dell’immaginazione e del ricordo, in un brano pieno di nostalgia che sarà contenuto in Bugatti Christian, repack del suo ultimo lavoro, con cinque nuovi inediti, in uscita il 5 marzo per Mescal. Nella serata delle cover canterà Un’avventura, il brano di Lucio Battisti, con i Pinguini Tattici Nucleari, presenti anche in un brano del disco. La sua consapevolezza: «Mia moglie e mio figlio sono tutto per me».
Ci parli di E invece sì?
È una canzone su cui ho lavorato tanto. La prima idea mi è venuta nel 2018. L’ho completata per questo Sanremo. A volte i brani hanno un percorso lungo, la prima scintilla può essere immediata, ma serve tempo per concluderla e arrangiarla. Il primo spunto è stato Cristiano Ronaldo. Era appena arrivato alla Juve.
Juventino da sempre?
Seguo la squadra fin da piccolo. Sembro super juventino perché i social amplificano tutto e io sono sotto i riflettori, mi piace parlarne. Ma Eros Ramazzotti per esempio è molto più tifoso di me.
Sotto i riflettori anche per quello che è successo l’anno scorso a Sanremo. Sei diventato un meme.
È il prezzo da pagare per essere famoso. Fa parte del divertimento dei social. Non mi riguarda e non mi interessa. Mi importa di come la gente mi saluta per strada, che mi vedano per quello che sono.
Avrebbe potuto essere un grande anno per i tuoi concerti, ma è saltato tutto.
All’inizio mi sono arrabbiato, io vivo per fare concerti. Anche quando non piaccio a qualcuno, lo invito a vedermi. Di solito cambiano idea. Ma la rabbia è scomparsa quando ho iniziato a capire quello che stava succedendo. Il problema di me che non andavo in tour è diventato patetico. Il problema grosso è invece come ci siamo ridotti, come siamo gestiti e come ne usciremo. Bisogna pensare ai lavoratori dello spettacolo.
Questo tornare all’Ariston è la tua rivincita?
Non mi piace la parola rivincita. O meglio, tutta la mia vita è un modo di dimostrare a me stesso che posso migliorare. Non è un riscatto. Io vengo da un paese piccolissimo, sono andato a Milano a cercare fortuna, sono scappato in cerca di qualcosa. Il riscatto è la mia vita intera. Non mi siederò mai sulle mie conquiste, se torno a Sanremo è perché ho tanta voglia di fare bene. Voglio portare la mia grinta, tra i miei pregi e i miei difetti.
Un difetto?
Sono troppo bello. (Ride, ndr)
Un altro, senza ridere?
Ho talmente tanta autostima nei miei confronti che non li vedo. Ogni tanto mi ritengo un iracondo. Da solo, in privato, sono duro con me stesso. Quando le cose non mi vengono come le penso mi arrabbio. Ecco, forse a volte sono troppo severo con me stesso.
Nella tua canzone dici «voglio immaginarmi che non ho sbagliato». Pensi ai tuoi errori?
Le canzoni non sono sempre autobiografiche, il verso suonava bene. Rappresenta il desiderio di immaginarsi qualcosa di migliore. Nella vita si va avanti grazie ai fallimenti. Ti tengono svegli, le vittorie invece ti fanno adagiare. Un errore è l’occasione per migliorarsi. Così come le crisi, così come questa pandemia, sono tutte occasioni per migliorarsi.
Ti dici anche «Christian, cresci».
Nelle mie canzoni ho sempre usato molti nomi. In questo caso ho messo il mio. Sono un uomo sposato, ho un bimbo di 4 anni e un grado di maturità che quindici anni fa non avevo. Non sono un bambinone che ha bisogno di crescere, eppure sono un artista e gli artisti hanno sempre quel grado di nostalgia o malinconia di quando potevi fare quello che volevi.
Quanto conta per te l’immaginazione?
Io vivo di immaginazione. Non esisterei, senza. Ho i piedi per terra, ma a livello artistico voglio arrivare a 90 anni e avere ancora questa stessa immaginazione che mi permette di raccontare le situazioni più poetiche. Un dittatore che si commuove è immaginazione.
Un’avventura, come cover. Perché questa canzone?
Battisti è uno dei miei eroi. Cito i miei eroi anche in Invece sì, mi fanno sentire meno solo. È un mio tributo a lui.
Ultimo libro letto?
Ne ho letti parecchi durante il lockdown. Ho scritto canzoni e letto libri. I più belli? 4321 di Paul Auster. Ho letto Gridalo di Saviano che traccia i profili di personaggi della storia dell’uomo che hanno subito un’ingiustizia e l’hanno gridata a loro modo. Ho letto un libro sui mondiali dell’82 e il libro di Platini.
Hai qualche fissa?
Sono in fissa con mio figlio e mia moglie. Sono tutto per me. Sono sposato da 10 anni, stiamo insieme da 18. Mi piace dire che sto bene con lei. Non capisco perché spesso non sia rock’n’roll dirlo.
Le hai dedicato canzoni?
In continuazione. Lei è il mio punto di riferimento. Nel bene e nel male.