Sul grande schermo è una forza della natura. Spaziale in Alien, posseduta in Ghostbusters, vendicatrice in La morte e la fanciulla. Lei, che è stata Una donna in carriera e una studiosa dei Gorilla nella nebbia, che ha difeso i Na’vi in Avatar e le donne abusate nella serie Ascolta i fiori dimenticati, da vicino è una signora gentile, dall’aria perfino un po’ timida. Icona da quando Ridley Scott, nel 1979, l’ha trasformata nella fantascientifica Ellen Ripley di Alien, Sigourney Weaver ha aperto la strada alle donne nei ruoli d’azione. «E pensare che io, invece, sono una fifona e a volte mi chiedo dov’è la mia Ripley» scherza.
Il nuovo film dell’attrice cult
«Sono convinta che ognuna di noi abbia dentro un’avventuriera coraggiosa, bisogna solo scovarla e lasciare che agisca». L’attrice newyorkese ha cominciato a cercarla da quando, ragazzina, ha deciso di farsi chiamare Sigourney invece di Susan. «Per tutti ero Susie, che mi sembrava un nome da topolino, non mi ci riconoscevo proprio. Per fortuna i miei mi hanno capita e hanno iniziato a chiamarmi “S”, sapendo che almeno l’iniziale mi piaceva». Per essere una timida è andata decisamente lontano. A 74 anni – portati meravigliosamente – ha circa 100 titoli in curriculum e altri 6 in arrivo, il primo al cinema adesso: Il maestro giardiniere di Paul Schrader è la storia di una ricca proprietaria terriera rimasta vedova e dell’orticoltore che si occupa dei suoi giardini e di soddisfare ogni suo desiderio, anche sessuale.
Intervista a Sigourney Weaver
Norma, la protagonista, è una donna forte che a tratti sembra una benefattrice e a tratti una manipolatrice.
«La vedo come una persona molto reale, complessa, con una grande passionalità. Non mi piace pensare che una donna forte sia necessariamente crudele: è un’idea d’altri tempi, radicata nella paura che la nostra società ha del potere femminile. Ho interpretato Norma pensando a persone che ho conosciuto: ogni donna esercita un potere sull’uomo che ama e può perdere il controllo se si sente ferita e rifiutata ingiustamente».
Sceglie sempre ruoli lontani dai cliché femminili?
«Sì, trovo i cliché fuorvianti rispetto alla realtà. Sono fiera, per esempio, della protagonista di The Good House con Kevin Kline (su Prime Video, ndr) e dello sguardo ironico del film su una donna della mia generazione».
Potremmo dire che questo desiderio di verità sia la sua cifra e anche il segreto della sua bellezza? Nella carriera e nella vita, lei non teme l’età.
«Sono cresciuta con l’esempio di mia madre che si prendeva cura di sé senza forzature né paure. Da bambina la guardavo mettere la crema per il viso prima di andare a dormire e ne sentivo l’odore quando ci dava il bacio della buonanotte. Come lei, non penso agli anni, semmai cerco di tenermi in buona salute e stare bene. Sono convinta che le donne debbano avere altre priorità e godersi quello che hanno di meglio, anziché sforzarsi di apparire più giovani. Mi pare che voi europee siate meno schiave di questa ossessione».
Negli Stati Uniti, invece, è forte?
«È uno degli aspetti di Los Angeles che mi mette più a disagio. In Francia e in Italia vedo molte donne che sono bellissime proprio perché non hanno maschere di trucco e stanno bene nella loro pelle».
Lei non ha mai puntato sui film romantici o sui ruoli da bella. Non è mai capitato o è dovuto ad Alien?
«Dato il mio metro e 82, nessuno mi ha mai vista come la fidanzatina ideale! Girare Alien è stata una grande fortuna e ha portato altri titoli interessanti, tant’è che il primo ruolo leggero è arrivato anni dopo con Ghostbusters».
Quest’anno è stata protagonista anche di Ascolta i fiori dimenticati, una serie thriller che parla di violenza sulle donne. E al centro del recente film Call Jane c’è un collettivo di donne che aiutava ad abortire negli anni ’60, quando era illegale. Tiene a raccontare la condizione femminile?
«Poter usare il mio lavoro per evidenziare temi tanto importanti è fondamentale per me. Call Jane (su Sky e Now, ndr) è di grande attualità visto che negli Usa l’aborto è tornato clandestino nel 2022 in seguito a una sentenza della Corte costituzionale, che mi ha stupito e amareggiato. E Ascolta i fiori dimenticati (su Prime Video, ndr) è un manifesto, oltre che una vicenda piena di suspence. Negli Stati Uniti sono oltre 10 milioni le vittime di abusi, 600.000 le donne stuprate. Nella serie interpreto June Hart, donna dal passato misterioso, creatrice di un vivaio e di una comunità dove trovano riparo le vittime».
La serie è stata girata in Australia. Com’è andata?
«È stato magico. Eravamo immersi in una natura spettacolare. Ogni tanto ci si avvicinavano i canguri, che sono timidi ma anche curiosi. Io e mio marito (il regista teatrale Jim Simpson, ndr) ci siamo ritrovati in quarantena lì, perché 2 anni fa eravamo in piena pandemia, proprio il giorno del nostro 37esimo anniversario. Ci hanno coccolato gli scenografi del set, mandando fiori di carta e flanella».
Il fatto che suo padre producesse show televisivi ha influenzato la scelta di fare l’attrice?
«Ero così timida che non avrei mai pensato di recitare. Ho iniziato solo perché il teatro mi divertiva e, all’inizio, era come un gioco. Quando ho girato Alien mi davo coraggio pensando: “Faccio finta di essere sul palco con il solito gruppo di amici”».