Una bambina bionda, stretta al suo peluche con l’aria pensosa. È Sonia Bergamasco all’età di tre anni, in una foto che ha voluto condividere durante la nostra chiacchierata. «Ero tutta seria, e sì che me l’avevano scattata il giorno di Natale, sotto l’albero tra i regali» racconta parlando della sua infanzia, e di quella grande timidezza che avrebbe cercato di vincere facendo l’attrice.
Sonia Bergamasco, gli esordi nella musica e nel teatro
«In realtà ero molto più che timida. Spaventata dal mondo degli adulti che non capivo, mi sembravano stranieri. Ho sempre avuto fretta di crescere proprio per comprendere. Eppure in quella fotografia, che amo molto, vedo anche una grande forza che attende di esprimersi». Lo ha fatto in molti modi, con una creatività poliedrica. Studiando musica al Conservatorio e recitazione alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano. Debuttando a teatro con Giorgio Strehler. E lavorando con Carmelo Bene.
A 58 anni, l’attrice milanese è volto del miglior cinema d’autore (La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana), ma anche di commedie popolari (Quo vado? con Checco Zalone) e serie tv di successo (Il commissario Montalbano). Oltre a essere autrice di un libro di poesia (Il quaderno, La nave di Teseo) e di una “biografia della vita di attrice” (Un corpo per tutti, Einaudi).
La vita accanto di Marco Tullio Giordana
Di bambini e adulti, di creature disarmate davanti al mistero di chi dovrebbe guidarle nel mondo, abbiamo parlato per La vita accanto, il nuovo titolo di Marco Tullio Giordana di cui Sonia è protagonista con Valentina Bellè e Paolo Pierobon. Presentato al 77esimo Festival di Locarno (con un Pardo speciale al regista per la carriera), ispirato all’omonimo romanzo di Mariapia Veladiano (Einaudi), il film sarà nei cinema dal 22 agosto per raccontare la storia di una ricca famiglia vicentina degli anni ’80.
Marito e moglie (Pierobon e Bellè) riescono finalmente ad avere una figlia, desiderata a lungo: Rebecca è bellissima, ma ha un’enorme voglia rossa sul viso. La “macchia” diventa un’ossessione per la madre che piomba nello sconforto, il senso materno fa a pugni con il suo rifiuto. Nella villa dove vive anche Erminia (Bergamasco), concertista di successo e zia affettuosa di Rebecca, aleggia una tensione misteriosa ed emergono antichi veleni. Sarà il talento musicale della bambina, scoperto e incoraggiato dalla zia, a sciogliere i nodi profondi.
Sonia Bergamasco: il valore della diversità
È un film molto diverso da quelli a sfondo storico-sociale di Marco Tullio Giordana, come I cento passi o Romanzo di una strage. Lei come lo racconterebbe?
«È una storia sospesa e misteriosa che ognuno interpreta a modo suo. Racconta con grazia la complessità dei rapporti familiari e la maternità: è difficile sondare con delicatezza un rapporto così doloroso e complesso tra madre e figlia. E poi trovo poetica la macchia rossa, idea del regista: nel romanzo Rebecca ha un problema diverso».
Simbolo di una diversità difficile da accettare.
«È questo il tema al centro del film: la diversità turba e scombina gli equilibri, anche se portatrice di valori e arricchimento».
Erminia è descritta da un lato come un mostro, dall’altro come amorevole sostituta della madre. Difficile stare sul filo di questo mistero?
«È come nella vita, no? Non sappiamo mai cosa c’è dietro a quello che vediamo».
Da ragazza, prima di recitare, ha studiato al Conservatorio: poi ha continuato a suonare il piano? E ha dovuto studiare molto i pezzi del film?
«La musica è stato il mio primo alfabeto, come ho raccontato in Un corpo per tutti, e mi ci hanno fatto tornare più volte, al cinema come anche a teatro, per esigenze di copione. È qualcosa che amo ma non sono una pianista come Erminia, perciò ho dovuto studiare tantissimo, erano brani molto difficili».
Il teatro: la passione di tutta la famiglia
Suonava il piano anche nella Meglio gioventù. Che cosa ricorda di quel set, che fra l’altro ha condiviso con suo marito, Fabrizio Gifuni?
«L’abbiamo girato nel 2002, eravamo già sposati da due anni (si erano innamorati durante la tournée della Trilogia della villeggiatura di Goldoni nel 1995, ndr). Marco Tullio Giordana ci ha poi coinvolti anche in Sanguepazzo e con lui c’è un rapporto di amicizia e scambio. Per me e Fabrizio lavorare insieme è sempre stato naturale, lo abbiamo fatto anche a teatro, così come condividere progetti e pensieri sulla nostra passione comune».
L’avete trasmessa anche alle vostre figlie?
«Valeria e Maria (di 20 e 18 anni, ndr) chiedono spesso di venire a vederci a teatro, spontaneamente, non siamo noi a sollecitarle. E sono molto interessate, credo che prenderanno la stessa strada ma è presto per una decisione definitiva».
Vi fa piacere?
«Conoscendo le difficoltà di questo mestiere non le abbiamo troppo incoraggiate. Sappiamo che ci dev’essere una passione totale, altrimenti non ce la fai».
Carriera e progetti
Continua a essere croce e delizia anche ora, dopo il successo?
«Sì, se fai qualcosa che ami ti riempie, ti tiene attivo, ma qualche volta c’è anche la frustrazione di non riuscire a fare quello che vuoi. Ci sono sere a teatro, per esempio, in cui so che avrei voluto dare qualcosa di diverso. Si impara ad accettare il momento di calo. O i momenti bui che ci sono nelle vite di tutti».
Che cosa considera necessario nella carriera?
«Non bisogna mai dare nulla per scontato e non solo nella professione. Non adagiarsi, e sapersi rinnovare, è sempre una buona pratica. Guardarsi intorno e scoprire cose nuove. Esplorare».
E cosa vorrebbe esplorare in futuro?
«Ho scoperto che mi piace molto scrivere. Ho un’idea, ma è presto per parlarne. Intanto riprenderò la tournée già portata in molte città l’anno scorso: La locandiera con la regia di Antonio Latella. E ho girato un film sul caso di Giuliana Sgrena e Nicola Calipari, con la regia di Alessandro Tonda, che uscirà l’anno prossimo».
L’età più dolce
Come vive il passare del tempo?
«Non è facile ma lo vivo a carte scoperte, lo affronto. Credo che non porti solo rughe, stanchezza e capelli bianchi ma anche un’intensità che è giusto saper cogliere e nutrire. Per me l’infanzia e l’adolescenza sono state talmente dure e dolorose che ora, invece, mi aspetto un’età più dolce. Compatibilmente con quello che accade nel mondo».
Ha mai nostalgia dei 20 anni?
«Non direi. Trovo interessante essere vissuta a cavallo di due secoli così folgoranti, il Novecento pieno di scoperte e stimoli culturali e sociali, e il Duemila che ha squadernato e reinventato il mondo dando una velocità quantica alla nostra vita. Mi tengo l’esperienza: la ricchezza di stare in questo nuovo mondo con la coscienza di quello che è venuto prima».