A raccontare chi sia davvero Sophie di Wessex, dal 1999 moglie del più piccolo dei 4 figli di Elisabetta II, Edoardo, è l’aneddoto riportato della giornalista del Telegraph che li ha incontrati di recente in una delle 120 stanze di Bagshot Park, la suggestiva casa di famiglia. Quando la reporter accenna all’intervista di Harry e Meghan con Oprah Winfrey (quella in cui gli Windsor sono stati accusati di razzismo, insensibilità e svariate altre nefandezze), Edoardo e Sophie si guardano per un istante, poi lui improvvisa: «Oprah chi?». E lei gli va dietro: «Sì, quale intervista?».
Naturalmente è una battuta: da quando se ne sono andati, Harry e Meghan sono argomento di dibattito globale né fanno alcunché per evitarlo. La decisione di chiamare l’ultima nata “Lilibet”, nomignolo privatissimo di Elisabetta, ha tenuto per giorni i pettegoli al di là e al di qua dell’oceano impegnati a domandarsi se la regina li avesse autorizzati oppure no (nel momento in cui scrivo, un verdetto non è stato raggiunto).
A Sophie il gossip non interessa, ma sa perfettamente come condurre una conversazione
Tra una tazza di tè e una dissertazione sui rimedi contro i funghi delle siepi – non si può essere più britannici di così – liquida la polemica con umorismo, e poi segna un punto: «In fin dei conti, se non sei appassionato di talk show, non c’è ragione per conoscere Oprah. Quantomeno, non in questo Paese». Quando dicono che sia la nuora preferita della regina, lì per lì viene da pensare: bella forza, le altre sono morte (Diana), non negoziabili (Camilla) o vagamente imbarazzanti (Sarah Ferguson, divorziata, ma che di fatto vive ancora con Andrea). Invece è evidente che Sophie il titolo di favorita l’ha guadagnato sul campo. E dopo un inizio straordinariamente pessimo.
Sophie Rhys-Jones è nata a Oxford nel 1965, in un’agiata famiglia borghese,
ed è cresciuta in una fattoria nel Kent, come capita alle inglesi di buona famiglia (una volta, da giovane, sua madre ballò col principe Filippo). Dopo gli studi si è trasferita a Londra per lavorare nelle pubbliche relazioni, ha avuto un paio di storie importanti – compreso un temporaneo trasferimento in Australia – e nel 1993 ha collaborato con la Real Tennis Challenge, un torneo di pallacorda patrocinato da Edoardo. Sei anni dopo, Buckingham Palace annunciava il fidanzamento del principe ultimogenito con Miss Rhys-Jones.
Immaginate la situazione. Diana era morta nel 1997, e Sophie era proprio quel tipo di ragazza: bella, bionda, capelli corti e piglio indipendente. Per i giornali, una “New Di” da bersagliare. Tanto più che non era certo illibata, non era aristocratica, si vestiva «come una hostess bulgara» e pretendeva persino di continuare a lavorare: il minimo che potesse capitarle era di ritrovarsi, alla vigilia delle nozze, in topless sulle pagine del Sun. Il tabloid è stato poi costretto a scusarsi, ma non è servito a molto. Nel 2001 un giornalista del News of the world si è travestito da sceicco per registrarla mentre si vantava dei suoi contatti a palazzo e chiamava Elisabetta «la cara vecchietta». Lo scandalo è rientrato soltanto dopo pubbliche scuse, e la decisione di fare la contessa a tempo pieno. La vicinanza al potere è un privilegio che bisogna imparare a gestire.
Da allora non ha più sbagliato niente
Oltre al lavoro per la fondazione creata con il marito, The Earl and Countess of Wessex Charitable Trust, l’attività di Sophie si concentra sui temi dell’alimentazione e della salute, con particolare attenzione alla questione femminile. All’inizio del 2020 è stata in Sudan, da sola, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza sessuale nei conflitti. Una missione politicamente delicata, personalmente pericolosa, come non se ne vedevano dai tempi di Diana.
«Non riuscirò certo ad avere l’impatto che aveva lei, ma voglio che non si smetta di parlarne» ha detto al Times. «Quando arrivo in questi posti penso che sono soltanto una goccia nell’oceano, non risolverò mai niente. Ma poi quelle donne mi chiedono: “Possiamo avere più torce?”, e allora capisco che, se riesco a fare anche una minima differenza, ne sarà valsa la pena». A febbraio, quando in Inghilterra è cominciata la campagna vaccinale, ha frequentato il corso per prestare servizio come volontaria. Senza clamori, senza gioielli, senza neanche una messa in piega: «Non sono capace di restarmene ferma a non far niente» ha confidato nell’intervista al Telegraph.
È grazie a questa concretezza che la contessa ha conquistato la stima di Elisabetta,
oltre che alla scelta di abitare a mezz’ora di carrozza dal castello di Windsor con Edoardo e i ragazzi, Louise e James, nipoti affezionatissimi. Alla morte di Filippo, Sophie ha assunto con naturalezza il ruolo di portavoce – «È stato come se qualcuno lo avesse preso per mano e portato via» – calibrando lacrime e sorrisi. Ed è nell’ordine delle cose che il titolo di Duca di Edimburgo, dopo l’incoronazione di Carlo, venga concesso a Edoardo, e di conseguenza Sophie diventi duchessa. A tutti gli effetti, un’altezza reale di prima fila.
Il che è molto lusinghiero, commenta lei, «ma la gente cosa pensava che facessi, prima?». Il suo carico di impegni ufficiali è da tempo più pesante persino di quello di William. E con Carlo occupato nelle mansioni di apprendista re, Andrea ritirato per via del rapporto mai chiarito col pedofilo Jeffrey Epstein, Harry e Meghan auto-esiliati in California, la famiglia reale ha un disperato bisogno di buone mani cui affidare incarichi di rappresentanza. Sophie è finalmente una nuora all’altezza.