Nell’annus horribilis dei paloscenici chiusi e in un’epoca in cui la (auto)rappresentazione social sembra contare più delle rappresentazioni vere, un uomo di teatro può ancora diventare un fenomeno pop. «Tra le tante, questa definizione non me l’aveva mai data nessuno». Fa una risata e sta al gioco Stefano Massini, nato a Firenze 45 anni fa, drammaturgo (di opere come Lehman Trilogy), scrittore (l’ultimo libro è Eichmann. Dove inizia la notte) e divulgatore culturale con gli interventi a Piazzapulita, la rubrica Parole in corso su la Repubblica e, da poco conclusa, la trasmissione di successo Ricomincio da RaiTre.

Andrea Delogu e Stefano Massini Rai3
Stefano Massini con Andrea Delogu su Rai 3
Una trasmissione tv per far rinascere il teatro piegato dal Covid. Quattro puntate andate in onda a cavallo tra dicembre 2020 e gennaio 2021 (l’ultima puntata il 3 gennaio): Ricomincio da RaiTre. Stefano Massini e Andrea Delogu hanno ospitano attori, cantanti, ballerini.

Soprattutto, Stefano Massini è un uomo che, pure attraverso i social (22.000 follower su Instagram), cerca di demistificare l’aura sacra della cultura: «Comincerei proprio da “divulgatore”. Un termine che accetto, ma “divulgazione” ha in sé la parola “volgo”, contiene un giudizio sui destinatari. Io non giudico. Il teatro e i libri migliorano l’essere umano: perciò li voglio diffondere con tutti i mezzi. La cosa bella è quando, durante il programma, la gente su Facebook scrive: “Che bravo questo attore, non lo conoscevo, lo andrò a cercare”».

L’intellettuale che usa i social, parbleu! Anche questo ha fatto di Stefano Massini, negli anni, un’anomalia nell’ambiente. «Quando sono stato chiamato da Rai 3, ho detto che avrei aderito solo se avessi potuto ribaltare gli stereotipi. Invece del tono cerimonioso, accigliato e a volte un po’ punitivo con cui si parla del teatro, ho scelto una chiave leggera, graffiante, senza la seriosità che automaticamente fa cambiare canale: a me per primo».

Teatro Lehman Trilogy di Stefano Massini
Lehman Trilogy è l’opera teatrale più famosa di Stefano Massini.

Stefano Massini è colui che l’anno scorso andò ad Amici di Maria De Filippi: «Se un ragazzino mi dice di aver letto Moby Dick dopo aver ascoltato le mie parole, vale più di qualsiasi premio letterario» ebbe a dire. Mi chiedo se episodi così siano ben visti, in quel mondo “accigliato”. «Una certa resistenza c’è, ma non me ne frega niente, anzi: è una medaglia. Io porto in tv quello che so, e se l’obiettivo è giusto – nel caso dell’invito di Maria De Filippi, parlare di libri agli adolescenti – che storcessero pure il naso. La cosa divertente è che in tanti allora mi hanno criticato, ma quando hanno visto che in trasmissione sono venuti nomi come Emma Dante e Fabrizio Gifuni, mi hanno contattato per esserci anche loro».

C’è una parola che sottopongo all’esegeta delle parole più noto su piazza: semplicità. Per fare cultura oggi è obbligatorio essere semplici? «È un elemento fondamentale, ma attenzione: semplicità non significa un compromesso al ribasso. È una scelta linguistica. Ti faccio un esempio: se porto in tv Luigi Lo Cascio a fare un pezzo della Tana di Kafka, mi pongo la domanda su come prendere la complessità dell’opera e tradurla in modo che chiunque la possa capire, sia una persona con la laurea sia chi si trova lì davanti per caso. Ho scelto una metafora: l’essere stati tutti, quest’anno, chiusi dentro una tana. Il che ha reso ancora più contemporaneo un testo di un secolo fa. La semplicità è questo: trovare il modo per accedere alle cose».

È il concetto alla base del lavoro su Repubblica. «Prima di quella rubrica, avevo scritto per Mondadori Dizionario inesistente, un libro a cui tengo molto, uscito prima della fase “Massini fenomeno pop”». Ride. «Ma anche quest’estate sono andato per l’Italia a raccontare la mia fissazione di scomporre e ricomporre le parole. Continuo a credere che chi si sforza di parlare meglio vive meglio. Non chiedo alla gente di usare termini desueti o accademici: parlare meglio non significa in modo forbito, ma consapevole».

In libreria

Stefano Massini libro Eichmann

Eichmann, dove inizia la notte (Fandango) è l‘ultimo libro di Stefano Massini: l’autore inscena un’intervista tra la filosofa Hannah Arendt e il temuto gerarca nazista. Svelandone la lucida follia così come la più bassa mediocrità.

Mi chiedo chi fosse Massini prima di Massini, dove si sia accesa la miccia. «Tanti dicono: “Ho visto il tal spettacolo e mi ha cambiato la vita”. Per me non è stato così» ricorda. «Il teatro è qualcosa che ho avuto sempre con me, è stato uno sbocco naturale. Fa parte della mia identità. Ero un bambino piuttosto timido. Ma, alle elementari e alle medie, la cosa che mi elettrizzava di più era la recita di Natale o di Carnevale. Era il momento in cui, fingendo di essere qualcun altro, potevo paradossalmente esprimere di più me stesso. Che poi è il mistero del teatro».

Dopo c’è stata la formazione oltre la nicchia, il “circolino” intellettuale. «Sono sempre stato un fiero onnivoro. Ho sempre pensato che la cultura “alta” vada rifocillata con innesti da altri ambiti. Non sono mai stato uno che, siccome aveva scelto di occuparsi di teatro, si chiudeva in quella bolla e leggeva solo riviste teatrali. Dal mio maestro Luca Ronconi ho imparato la grandissima curiosità nell’andarsi a prendere qualsiasi cosa. Guardo le serie tv: mi piacciono The walking dead e Dexter. E poi la fantascienza, i fumetti: per chi fa drammaturgia sono fondamentali. Ma anche la storia dell’arte, della scienza, dello sport. Serve tutto ciò che è stimolo. Credo, e torniamo alle parole, che chi fa il mio mestiere debba dare suggestioni. La parola “suggestione” ha la stessa radice di “suggerimento”: se allarghi la tua visione e accogli suggerimenti, è più facile creare suggestioni».

Visto che sta al gioco, chiudo dicendogli che, oltre alla fama pop, ha pure quella di figo. «Forse anche quello incide un po’…». Fa un’altra risata. Fonti a lui vicine rivelano che, alla fine di ogni spettacolo, il nostro riceve decine di bigliettini di carta e centinaia di messaggi sui social. A questo punto aspettiamo su Facebook la pagina Le bimbe di Stefano Massini: non ci vorrà molto.