«Era un ambasciatore della scienza. Le sue teorie hanno sbloccato un universo di possibilità che noi e il mondo stiamo esplorando» Così la Nasa, l’ente spaziale statunitense, ha omaggiato via Twitter Stephen Hawking nel giorno della sua scomparsa, a 76 anni nella sua casa di Cambridge in Gran Bretagna, annunciata dalla famiglia. I figli ne hanno ricordato il valore di grande scienziato e di uomo straordinario, insieme al suo coraggio, alla brillantezza e persino all’umorismo, nonostante la grave malattia diagnosticata all’età di appena 21 anni. È stato uno dei più importanti astrofisici al mondo, che ha contribuito allo studio dei buchi neri e dell’origine dell’universo, arrivando anche al grande pubblico con umanità e chiarezza. Malato di Sla, Sclerosi Laterale Amiotrofica, è stato insignito di numerosi riconoscimenti, ma non solo: «Ha contribuito alla divulgazione del pensiero scientifico» spiega a Donna Moderna Massimo Turatto, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
«Servirsi di Dio come di una risposta alla domanda sull’origine delle leggi equivale semplicemente a sostituire un mistero con un altro»
Chi era Stephen Hawking
Nato l’8 gennaio del 1942 a Oxford, a poco più di 20 anni gli era stata diagnosticata una delle malattie degenerative più invalidanti, la Sla, e gli erano stati dati appena due anni di vita. Ma lui, Stephen Hawking, non ha rinunciato agli studi: si era laureato in tempi record (ad appena 20 anni) con una tesi sulle Proprietà dell’universo in espansione. Poi il matrimonio con Jane Wild, conosciuta all’università, i tre figli e, nel 1995, le seconde nozze con Elaine Mason. Quella di Hawking è stata una vita vissuta a pieno ritmo: diventato il membro più giovane della storia della Royal Society, uno degli istituti accademici più prestigiosi del Regno Unito, ha poi insegnato Matematica lucasiana alla Cambridge University, dove prima di lui aveva insegnato tra gli altri Isaac Newton.
La malattia, col passare degli anni, lo ha reso sempre meno padrone del proprio corpo: costretto alla sedie a rotelle, aveva anche perso definitivamente l’uso del linguaggio nel 1985, in seguito a una tracheotomia per una polmonite. Continuava però a comunicare col mondo esterno grazie a un sintetizzatore vocale.
«Il consiglio che voglio dare alle persone disabili è di concentrarsi sulle cose che la disabilità non impedisce a di fare bene e di non rimpiangere ciò che non si riesce a fare. Non siate disabili nello spirito come nel corpo»
La grande popolarità
Nel 1988 pubblicò un libro destinato a entrare nella storia dell’astrofisica: Dal Big Bang ai buchi neri, tradotto in oltre 40 lingue, ha venduto 10 milioni di copie ed è rimasto per 237 settimane tra i bestsellers del Sunday Times. Vi spiegava i principi base della cosmologia e l’origine dei buchi neri. Instancabile, nel 2007 ha anche voluto provare la sensazione dell’assenza di gravità, grazie a un velivolo appositamente messo a punto per questa sua esperienza. Le immagini fecero il giro del mondo. A Stephen Hawking è stato dedicato anche in film, La teoria del tutto, uscito tre anni fa e interpretato da Eddie Redmayne, vincitore del premio Oscar come miglior attore protagonista.
La Nasa lo ha voluto ricordare definendolo “Ambasciatore della scienza” e augurandogli, via Twitter “Possa tu volare come superman nella microgravità”.
Il ricordo del ricercatore italiano
«Nel 2006 lo invitammo, senza neppure crederci troppo, in occasione della rassegna Padova città delle stelle, una serie di conferenze ed eventi allo scopo di far conoscere la scienza e avvicinare il grande pubblico al pensiero scientifico. Lui accettò di buon grado e rimase in città per alcuni giorni – racconta Toratto – Visitò Padova, assistito da 7 persone dello staff, perché le sue condizioni di salute erano già proibitive. Era in programma anche una conferenza che ci obbligò a cambiare location per la risposta del pubblico: accorsero 5.000 persone, fu un vero bagno di folla» aggiunge il ricercatore.
«Spostammo l’evento dallo storico palazzo della Regione al Palazzetto dello Sport, dove Hawking rispose alle domande, seppure con grande difficoltà: aveva una enorme voglia di interagire e comunicare la bellezza della scienza, e lo faceva tramite il computer e una voce meccanica in grado di tradurre gli stimoli oculari».
Lo scienziato e l’uomo
Che impressione le ha fatto poter incontrare Hawking? «È stato sicuramente un grandissimo scienziato. Sebbene io mi occupi di un ambito differente rispetto alla fisica teorica a cui lui si è dedicato, penso che sia stato un personaggio scientifico di altissimo livello. Ma ciò che lo ha contraddistinto, secondo me, era un’altra cosa. Di persone molto intelligenti se ne possono incontrare tante nella vita, ma lui aveva qualcosa di fuori dal comune: una forza interiore che gli ha permesso di fare il suo lavoro nonostante le sue condizioni, e di trasmettere entusiasmo e curiosità nei confronti di una materia non facile» racconta Toratto.
«Aveva una impareggiabile voglia di comunicare con gli altri in generale, e in particolare di condividere il fascino dei suoi studi e della scienza in senso lato. La scienza ha bisogno di personaggi come Hawking. Qualunque cosa lui facesse, aveva un’eco straordinaria e questo era un bene per il pensiero scientifico, che ancora oggi fatica ad affermarsi e che invece rappresenta l’unico metodo per far progredire e migliorare il nostro mondo. Basti pensare che ci sono ancora persone che credono nell’astrologia o si oppongono ai vaccini, nonostante abbiano una formazione culturale di un certo tipo» conclude Toratto.
«Uno, ricordatevi sempre di guardare le stelle, non i piedi. Due, non rinunciate al lavoro: il lavoro dà significato e scopo alla vita, che diventa vuota senza di esso. Tre, se siete abbastanza fortunati a trovare l’amore, ricordatevi che è lì e non buttatelo via»
I riconoscimenti
Tra i numerosi riconoscimenti andati a Stephen Hawking si può ricordare l’Albert Einstein Award. Entrato a far parte della Pontificia Accademia delle Scienze, nel 2009 aveva ricevuto dall’allora Presidente statunitense, Barak Obama, la Medaglia presidenziale della libertà, che rappresenta la più alta onorificenza americana. Già collaboratore della Casa Bianca durante l’amministrazione Clinton, gli è sfuggita solo l’assegnazione del premio Nobel.