«Voglio dirti una cosa: non è stata colpa tua. Se solo fossi stato più saggio. Se solo avessi avuto un manuale…». Un libretto delle istruzioni, preciso e dettagliato, come quelli che lui pretendeva per i suoi computer e i suoi cellulari. Un libretto delle istruzioni per essere un padre, se non proprio perfetto, almeno capace. Un libretto delle istruzioni a cui aggrapparsi per capire come decodificare quella figlia non cercata ma arrivata, non desiderata ma amata, rinnegata prima e accolta poi: una presenza costante, ma tenuta distante e alla quale raramente concedere il giusto tempo. È uno Steve Jobs in lacrime, ammalato, prossimo alla morte, circondato dai rimorsi del passato e dai progetti futuri che non vedrà realizzati, quello che appellandosi al manuale si scusa con la figlia. Si scusa non tanto per il padre che non è stato, ma per il padre che è stato. È forse questo uno dei passaggi più toccanti di Pesciolino, il libro scritto da Lisa Brennan-Jobs, in cui la prima figlia del fondatore della Apple descrive il rapporto, travagliato e irrisolto, con il padre.
Come se fossero icone del pc Lisa apre, una a una, tutte le cartelle dell’archivio dei ricordi
Dà voce a quella che è senza alcun dubbio una complicata storia d’amore a 2 direzioni, togliendosi anche tanti sassolini carichi di sofferenza e frustrazione. Tratteggiando un ritratto meno noto, e meno mitizzato, dell’uomo che ha rivoluzionato il nostro approccio con la tecnologia: un genio assoluto sul lavoro, un innovatore visionario sicurissimo di sé che si mostra fragile, impreparato e incasinato come genitore. Con toni spesso duri e distaccati, alternati da gesti di inatteso affetto e sprazzi di inusuale vicinanza.
Lisa nasce nel 1978
I genitori, entrambi 24enni, sono Steve, giovane informatico che già aveva avuto modo di far notare il proprio talento, e Chrisann Brennan, un’aspirante artista dal marcato spirito hippie. «Non è figlia mia» le parole di Mr Apple, che da subito nega il riconoscimento della paternità, per quanto il test del Dna dimostrasse il contrario e una sentenza dello Stato lo condannasse a pagare gli alimenti. Riconoscimento avvenuto poi solo quando la bambina aveva 9 anni, pochi giorni prima della quotazione in borsa della società. «Per lui io ero solo una macchia su un’ascesa spettacolare, perché la nostra storia non coincideva con la narrazione di grandezza e di virtù che aveva voluto costruire per se stesso» scrive Lisa. «La mia mera esistenza rovinava la serie dei suoi successi».
“Pesciolino” è la traduzione di “Small fry”
Nel modo in cui Steve chiamava la bambina, riferendosi a quei pesci piccoli che di solito si ributtano in mare in attesa che crescano, c’è tutto il tormento di Lisa: l’infanzia passata tra i fidanzati della madre e i continui traslochi da una casa all’altra, con l’ombra del padre, sempre più famoso, che aleggiava sulla quotidianità. Con le sue incursioni a sorpresa, i mercoledì passati tra improbabili insalate e film visti insieme, i silenzi e i sentimenti non espressi, i rari contatti fisici e il desiderio di gridare al mondo di essere figlia di Steve Jobs. E poi, diventata più grande, la scelta di andare a vivere con la nuova famiglia di Steve, di recuperare un rapporto mai ben saldato, tentando di mantenersi gli studi e di rispondere alle aspettative del padre, sfiorando pure il buco nero dell’anoressia. Cercando tracce d’amore negli occhi del papà, che chiamò il suo primo computer “Lisa” senza mai aver ammesso alla figlia di averlo fatto per lei. Se non da adulta, davanti a una domanda diretta di Bono degli U2. «Era la prima volta che lo confessava» conclude amaramente Lisa. «Era come se le persone famose avessero bisogno di altre persone famose per rivelare i loro segreti».