Ormai è ufficiale: il tricolore russo non sventolerà né alle Olimpiadi di Tokyo del 2020 né ai Mondiali di calcio in programma in Qatar nel 2022: la decisione arriva direttamente dalla Wada, l’Agenzia antidoping mondiale e manda su tutte le furie il Governo di Dmitrij Medvedevle. Secondo i funzionari, i russi avrebbero falsificato i dati di laboratorio consegnati agli investigatori così da occultare numerosi casi di doping. E pare che in questo le autorità sportive russe risultino recidive, visto che il Paese era già stato “punito”. Oggi, «There’s no way out», fanno sapere all’unanimità dal Comitato esecutivo della Wada.
La batosta colossale però la prendono anche tutti quegli atleti che hanno lavorato sodo e che hanno sempre creduto nello sport e nella loro bandiera. Sì, perché se Mosca potrà mandare alle Olimpiadi solo gli sportivi che potranno dimostrare di essere “puliti”, questi dovranno gareggiare come atleti neutrali, senza stendardo né inno.
Ma gli atleti rispondono “picche” e la cinque volte medaglia d’oro olimpica nel nuoto sincronizzato Svetlana Romashina, che era in piscina quando ha ricevuto la notizia che alla Russia era stato vietato per quattro anni l’accesso a importanti eventi sportivi, è rimasta letteralmente scioccata tanto da decidere (non senza possibili conseguenze) di parlare.
«Da un lato, come campionessa olimpica, in nome della Russia, il mio Paese, potrei dire che non parteciperò alle Olimpiadi, che sarò patriota fino alla fine e non competerò sotto una bandiera neutrale. Ma non competo da sola. Competo in coppia e come parte di una squadra, e non ho il diritto di deludere le mie compagne. Non è giusto per loro. Soprattutto per chi gareggia per la prima volta. Quindi mi chiedo: perché dovrei rifiutare di competere sotto una bandiera neutrale, quando io e i miei compagni di squadra non abbiamo fatto nulla di male?».
Una domanda che ha già suscitato “aspre” risposte dagli atleti coinvolti e dai politici che hanno caldamente invitato gli atleti a non partecipare dopo «le sanzioni più severe nella storia dello sport internazionale».
Ma Svetlana Romashina non ci sta e riserva parole forti per la mancanza di sforzi da parte dell’establishment sportivo russo di “proteggere” i suoi atleti. «Non sono un funzionario sportivo ma, dalla mia posizione, posso certamente affermare con cognizione di causa, che avrebbero potuto fare di più e farlo meglio».
Non c’è dubbio che, mentre Tokyo 2020 si avvicina, Svetlana Romashina sia solo una delle centinaia di atlete russe che, nella migliore delle ipotesi, potranno realizzare il loro sogno olimpico solo con uno stendardo neutro. Se sia corretto far pagare a tutti, come vogliono gli insegnamenti scolastici, i “peccati” di pochi, o se la sentenza sia troppo dura proprio perché coinvolge anche sportivi puliti, questo non sta a noi dirlo.
Ma possiamo certo affermare che la Russia ha vinto l’oro in ogni competizione olimpica di nuoto sincronizzato dal 2000 ed era considerata la favorita anche per Tokyo 2020.