Nemmeno il placcaggio del tempo è riuscito ad atterrarlo. Il 7 febbraio, a 43 anni suonati, Tom Brady giocherà il decimo Super Bowl della sua leggendaria carriera, dopo averne vinti ben 6, un record assoluto nella storia del football americano. «Alla sua età i giocatori si danno al golf, passano il tempo con la famiglia, inseguono nuovi business» ha sottolineato perfino il New York Times.
Non questo semidio californiano di 1 metro e 94, che al Raymond James Stadium di Tampa, in Florida – sotto lo sguardo della moglie Gisele Bündchen, sempre sugli spalti nelle partite che contano – proverà ancora una volta a fare quello per cui è stato mandato sulla Terra: costringere a ricredersi chi lo dava per spacciato. Lo ha fatto nell’ultima partita dei playoff, quando ha guidato in una rimonta impossibile i compagni dei Tampa Bay Buccaneers. Ma lo aveva già fatto durante un campionato in cui nessuno avrebbe scommesso su di lui.
Tom Brady è l’icona del football americano nel mondo
Incredibile, se pensiamo che Tom Brady è l’icona del football americano anche fuori dagli States. Comprensibile, se consideriamo che i New England Patriots, la squadra di Boston con cui ha spadroneggiato negli ultimi 20 anni, alla fine della scorsa stagione lo avevano gentilmente messo alla porta ritenendolo ormai a fine carriera. Tom ha chiuso quella porta, è salito un aereo per la Florida e in pochi mesi è riuscito a trasformare una squadra mediocre in un team da finalissima.
Un’impresa che sorprende solo chi non lo conosce. Perché il leitmotiv della sua storia è sempre stato: Tom Brady contro tutti. A cominciare dagli addetti ai lavori che vedendolo giocare per la University of Michigan non avrebbe puntato un dollaro su quel ragazzino. «Pensavamo che sarebbe diventato un uomo d’affari, non il più grande quarterback di tutti i tempi» ammette Jim Litke, editorialista sportivo dell’Associated Press. «Controllava molto bene la palla, ma era gracile e lento». Anche i talent scout dei grandi club, pagati a peso d’oro per fiutare i futuri fuoriclasse, con lui hanno preso un abbaglio.
La “legge Brady”: mai niente è perduto
Quando fu scelto nel 2000 dai Patriots, nel suo ruolo Tom Brady era la riserva della riserva della riserva. Tanto che il primo anno è rimasto sempre in panchina: mentre gli altri conquistavano yards, lui si abbuffava di nachos. Finché, complici alcuni infortuni in squadra, è finalmente entrato in campo, per non uscirne più.
«Al debutto, Brady ha dimostrato subito il suo talento, che poggia su una fenomenale visione del gioco» dice Litke. «Di solito, in un lasso di tempo che va da 3 a 6 secondi, un quarterback, il regista del team, riesce a “scannerizzare” 2 aree del campo, per cercare dei varchi nella difesa avversaria e decidere dove lanciare la palla. Lui invece controlla tutto il terreno: spesso punta lo sguardo verso 2 o 3 compagni e poi la passa a un altro, prendendo gli avversari di sorpresa». Complici queste doti sono 20 anni che vige la “legge Brady”: mai niente è perduto. Tom la mette in pratica quando si rompe il legamento di un ginocchio nel 2008 (e viene operato 4 volte in un anno prima di tornare a giocare), ma anche in tutte le partite che appaiono stregate.
L’importanza delle sconfitte
Il suo segreto? «La sconfitta è il momento in cui impari di più» ha spiegato in un’intervista. «Se permetti che ti scoraggi al punto che da una diventano 2, 3, 4, allora ti ritrovi con una stagione difficile, perché è durissima rialzarsi dopo tante cadute. Devi trovare il modo di rimediare subito all’errore, così torni in carreggiata».
Tom Brady e Gisele Bündchen
Una filosofia che questo ragazzone cresciuto a San Mateo, vicino a San Francisco, ha messo in pratica anche nella vita privata. Nel 2007 si innamora della super top Gisele Bündchen mentre la sua ex, l’attrice Bridget Moynahan, aspetta un figlio da lui, Jack, che oggi ha 13 anni. Un’infrazione che rischia di costargli la carriera (amorosa). Invece lui e Gisele si sposano, fanno 2 figli – Benjamin, 11 anni, e Vivian, 8 – e danno vita a una famiglia allargata da copertina: belli, ricchi, fashionisti, impegnati a salvare la Terra a suon di alimentazione vegana e abitazioni ecosostenibili. «Vincitori dentro e fuori dal campo: esattamente quello che ama il pubblico» conclude Litke. Eppure anche loro 3 anni fa hanno rischiato una sonora sconfitta. Lui non c’era mai e lei gli ha scritto una lettera: o ti dai una regolata o finisce male. Detto da una come la Bündchen, appariva più una sentenza che un avvertimento. Ma Tom ha ribaltato anche quella.