All’anagrafe è Niccolò Moriconi. Ha 23 anni, un carattere schivo e riservato e una testa piena di parole e musica. Scrive canzoni da quando ne ha 14, l’anno scorso ha vinto Sanremo Giovani con Il ballo delle incertezze e da lì la scalata al successo è stata inarrestabile. Da primi concerti di fronte a 600 persone, oggi è già annunciata la data allo Stadio Olimpico di Roma del prossimo 4 luglio. L’ha chiamata “La favola”, perché in fondo un anno così esiste solo nelle storie a lieto fine. Nel mezzo palazzetti e un nuovo tour che parte ad aprile, già tutto sold out.
Ha due album nella top ten dei più venduti (“Pianeti” e “Peter Pan”) e il ruolo di favorito in questo Festival (le quote degli scommettitori parlano chiaro). Il suo brano si intitola “I tuoi particolari”, ballata intensa che parla di un amore finito. E di foto con la sua Federica, sui social, in effetti non se ne vedono più. Per la serata dei duetti di venerdì 8 febbraio ha scelto Fabrizio Moro, il cantautore vincitore tra i big l’anno scorso, in coppia con Ermal Meta, e suo “vicino di casa”. Entrambi infatti provengono dal quartiere San Basilio di Roma. Il suo prossimo album, “Colpa delle favole”, è previsto in primavera.
Per Claudio Baglioni il tema di questo Festival è l’armonia. Cos’è per te?
Tante volte è un pretesto per trovare un motivo per andare avanti. Dipende sempre dalla persona, ognuno di noi ne ha visione differente.
Il tuo brano si intitola “I tuoi particolari”, ce lo racconti?
Si cerca sempre di spiegare le canzoni, di dare un senso. Eppure non sempre ce l’hanno. Nelle canzoni si mette qualcosa che qualcuno ha vissuto, mischiato a qualcosa che uno vorrebbe vivere. E ci si fa un brano. Non sono mai in grado di spiegare le mie canzoni, ho sempre cercato di farlo, anche mentendo. Credo che i brani debbano essere rimanere protetti, mai spiegati. Farlo è un po’ andare a forzare un concetto che è già scritto nella canzone.
Quali sono “i tuoi” particolari?
Tutte le cose che uno non fa e non dice. Le cose belle sono quelle che rimangono nascoste. Che tutti noi abbiamo.
Che effetto ti fa tornare all’Ariston tra i Big?
È una grossa responsabilità soprattutto perché quest’anno sento una forte pressione forte, importante. Però spero di vivere quest’esperienza con la stessa incoscienza con cui ho vissuto l’anno scorso. L’inconsapevolezza e una sana ingenuità sono una via d’uscita notevole per questi grandi appuntamenti.
Sei dato tra i favoriti, come lo vivi?
È una responsabilità. Anche perché poi arrivi secondo e per la gente hai perso. Ecco, non deve passare questo messaggio perché poi finisce che me la vivo come fosse una partita di Champions League e non è così. A Sanremo si va a presentare la propria musica e il mio intento è quello di far arrivare la mia canzone. È ovvio che a tutti quelli che partecipano sentirsi dire “arrivi primo” fa piacere però non si può neanche pensare di andare a Sanremo sperando di vincere.
Per la serata dei duetti hai scelto Fabrizio Moro, perché lui?
Fabrizio rappresenta un me più grande. In ambito musicale ho sempre avuto poche persone con cui confrontarmi, lui è una di quelle poche. Mi ha dato una mano e si può dire che mi abbia “scoperto”. Mi ha dato subito fiducia, è stato il primo a farlo, mi ha portato nei suoi live e glielo riconoscerò per sempre. E poi perché è un artista che ho sempre ascoltato. Ho visto un sacco di suoi concerti! E continuerò a farlo.
Da Sanremo Giovani, lo scorso febbraio, a oggi hai vissuto un anno incredibile. Come lo stai gestendo?
A volte cerco di essere cinico, obiettivo e soprattutto di rimanere lucido. Però tante volte mi rendo conto che è un po’ difficile. Sono successe cose talmente grandi e belle che uno come finisce per andare a trovare sempre qualcosa che non va. E quando vai a cercare qualcosa che non va in qualcosa di grande, trovi qualcosa che non va grande. È l’unico rovescio della medaglia. Io sono un po’ pessimista e vedo sempre anche quello che non va. Quindi diciamo che me la sto godendo ma cerco di vivere più che posso in modo lucido. O almeno ci provo.
Hai mai paura che stia andando tutto troppo in fretta?
Sì, ma è una paura bella. A chi mi dice che sto facendo il passo più lungo della gamba però rispondo che non si può sempre cercare il pelo nell’uovo, perché se tutti facessimo il passo più lungo così, sarebbe un mondo migliore, secondo me. E comunque c’è sempre chi ha da ridire: se lo fai lungo e se non lo fai. Allora tanto vale fare quello che ti pare, tanto vieni sempre etichettato, senza retorica. Ogni scelta, diciamo, è opinabile.
Dai tuoi social si vede che ami molto il cibo. Prima cena a Sanremo, cosa ordini?
Sono malato di cibo. Io vivo di cene, vino e amici, cerco di farlo ogni sera con qualcosa di buono. Di Sanremo mi ricordo un posto molto buono, dove fanno pasta e vongole. Ecco, ci attacco un buon bicchiere di vino bianco e inauguro così il mio arrivo.
Ultimo libro letto.
“Uno nessuno centomila” di Pirandello. L’ho riletto per la seconda volta.
Il colore che ti rappresenta.
Non lo so, ma il mio preferito è il verde acqua.
Il tatuaggio a cui sei più legato.
Il primo che ho fatto. Avevo 15 anni e mi tatuai prima di partire per un viaggio a Cracovia. Per vari motivi personali è uno dei periodi più belli della mia vita.
Sul comodino nell’hotel di Sanremo?
Il telefono.
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