L’idea di perdere tempo oggi è insostenibile. Anche quando siamo in vacanza e vorremmo solo riposarci e ricaricarci. L’autore di un manuale geniale ci aiuta a combattere il demone del fare. E a riscoprire il piacere delle cose inutili
Ti stai annoiando? Sei veramente capace di non fare nulla? Allora ti meriti i nostri complimenti! Sì, perché «in un mondo sovra-impegnato e iperim- piegato, perdere tempo è un’impresa ardua. Anzi, eroica». Parola di Pietro Pinto, autore di Come annoiarsi meglio (Blackie edizioni), appena arrivato in libreria. Per metà saggio sociologico sul nostro rapporto con il tempo e per metà guida strategica all’arte di non fare nulla e fregarsene, il libro apre una nuova finestra di riflessione su un tema sempre più dibattuto: la noia. Una sensazione spiacevole ma preziosa, perché stimola la creatività e l’immaginazione, come dimostrano i tanti studi scientifici fatti nel mondo. Test che dimostrano come davanti a un problema da risolvere chi proviene da un’attività noiosa trova soluzioni più originali rispetto a chi ha passato il tempo a divertirsi, come se il cervello reagisse alla monotonia facendo uno scatto in avanti. Se pediatri e psicologi consigliano da anni di lasciare ai bambini un po’ di spazio vuoto tra le tante attività che riempiono le loro giornate, anche noi adulti dovremmo interrogarci sulla capacità di non fare nulla. «Che non vuol dire solo avere più tempo libero, ma liberare il proprio tempo» spiega Pietro Pinto. «Perché oggi, anche quando riusciamo a prenderci degli spazi tutti per noi, non riusciamo mai davvero a rilassarci e ricaricarci, né a far volare la fantasia e l’immaginazione».
Ma perché non ce la facciamo neppure quando siamo in vacanza, liberi dalle occupazioni di tutti i giorni? «In parte è colpa della pervasività della tecnologia. Pensiamo a questa scena: ci stiamo rilassando sdraiati in spiaggia davanti a un bel tramonto e ci viene automatico pensare di fotografarlo e postarlo su Instagram. O, semplicemente, prendere il telefono e dare una controllatina a Facebook. A chi non è capitato? I social sono pro- grammati proprio per essere scrollati all’infinito: è il momento in cui quasi senza rendercene conto veniamo trascinati dal doomscrooling, l’effetto ipnotico che ci fa passare dalle foto dell’amica in viaggio alle recensioni dell’ultimo film. Ma facciamoci caso: alla fine il momento di relax sfuma in una sensazione di ansia e frustrazione perché non ci sentiamo “sul pezzo”».
È la cosiddetta Fomo, la paura di perderci qualcosa mentre non facciamo nulla? «Sì, proprio quella. Un timore al quale si aggiunge la sensazione di non fare mai la scelta migliore. Perché ci sarà sicuramente una spiaggia più bella con un tramonto più spettacolare rispetto a quella in cui ci troviamo. Anche per questa gli esperti ormai hanno un nome: l’hanno chiamata Fobo, fear of a better option. Ma comunque vogliamo definirle il risultato finale non cambia: restiamo invischiati in una serie di tentativi infiniti e frustranti che erodono il nostro relax».
Come se ne esce? «Lo vuole un trucco facile che funziona? Provi a impo- stare ogni tanto sul suo smartphone la modalità “Scala di grigi” e vedrà che resistere al doomscrooling diventa più facile. In bianco e nero i social sono meno attraenti! Ma al di là di questo il punto è arrivare a non fare nulla, soprattutto nulla di utile. Una bella sfida se pensiamo che persino gli antichi romani sdraiati nei loro triclini finivano preda dell’horror loci e gli eremiti nel deserto impazzivano davanti al “demone di mezzodì”, quella parte infinita della giornata in cui il sole sembrava fermarsi nel cielo e il tempo non passare mai. Il nostro rapporto con la noia è da sempre problematico».
Qualche strategia da consigliare? «Gli hobby naturalmente, ma solo se li coltivi per te, per la tua soddisfazione e non per esibirli. Ormai abbiamo la tendenza a ottimizzare e persino monetizzare le cose che ci piacciono di più. La trappola insidiosa del “Perché non fai un lavoro della tua passione?” è sempre in agguato. Così anziché creare collanine per rilassarti finisce che le fai per venderle su Etzy, e addio tempo libero».
Ma ha ancora senso parlare di tempo libero in un momento storico come il nostro? «Ha senso parlare di spazi che ci ricaviamo e che dedichiamo all’inutile. Oggi soprattutto per chi lavora con le nuove tecnologie il lavoro è diventato fluido e ha invaso ogni spazio della vita. Questo ci richiede un ulteriore scatto di consapevolezza: se passiamo i pochi minuti dal risveglio alla colazione a scorrere le app di lavoro, da Asana a Slack, da Whatsapp a Telegram, abbiamo un problema di tempo libero. Nella maggior parte dei casi si tratta di messaggi e comunicazioni che potevano aspettare due ore ma intanto il tuo tempo è stato eroso».
La soluzione è il digiuno tecnologico? «Ma no! Lo smartphone è utile, c’è poco da fare. Però può diventare un alleato nella nostra “liberazione del tempo”. Guardi che il cellulare non è fatto solo di social e app interattive e possiamo usarlo per riscoprire la vera anima di Internet, la conoscenza, la curiosità. Negli esercizi che propongo nel libro c’è quello che ho chiamato il “parcour tranquillo”: creo su Mappe un itinerario da A a B nella mia città attraverso quartieri che non conosco ed esco di casa. Oppure, faccio una ricerca su un argomento a caso, apparentemente noioso, ma del quale non so nulla, dal Didgeridoo alla Guerra del maiale, e link dopo link scopro dove mi porta. Oppure apro Paint, immagino un nuovo numero tra il 6 e il 7 e lo disegno».
È quello che fa lei per annoiarsi meglio? «Sì, e non solo. Una volta alla settimana disattivo i dati del cellulare e qualche ora al giorno metto la modalità aereo, imposto una playlist di rilassatissima musica lo-fi e comincio a camminare e a pensare senza una meta. È il mio tempo liberato».