Quello che tutti, registi, autori e youtuber, sognavano di fare, era un film sulla quarantena e sulla vita ai tempi del Covid. Tutti lo desideravano ma lui lo ha fatto davvero. E il lui in questione è Enrico Vanzina che, mentre il Presidente del consiglio ci teneva tutti in casa, obbligava a firmare infinite autocertificazioni, ci teneva incollati allo schermo con i suoi numerosissimi Dpcm e vietava qualsiasi tipo di spostamento, lavorava alla pellicola “Lockdown all’italiana“. In poche settimane Ezio Greggio, Paola Minaccioni, Ricky Memphis e Martina Stella hanno girato il film sul confinamento per eccellenza.
L’intento del regista era quello – nel suo stile ben noto, del tutto prevedibile e già visto – di riportare un po’ di allegria e leggerezza nelle case degli italiani, tutti noi che abbiamo “armeggiato” per quasi tre mesi (altro che quarantena!) tra pc e smartphone condividendo spazi talvolta troppo piccoli, faccende domestiche, pulizie, panificazione (perché siamo tutti diventati grandi chef) e attività sportive per mantenerci in forma dopo aver fatto scorpacciate di pizze e focacce home-made. Meme e gif ci hanno inondati tra febbraio e maggio e, pur consci della situazione, ci hanno fatto sorridere tra un incontro su Meet e uno su Zoom. Nulla di male, al momento, a lasciarci andare a un mezzo sorriso.
Per molti, però, oggi il ricordo del confinamento è troppo fresco per poterci scherzare su. Perlomeno nello stile vanziniano.
Alcuni commenti su Instagram e Twitter tirano in ballo l’11 settembre, Chernobyl e la Seconda Guerra Mondiale, che si profetizza saranno presto soggetti cinematografici degni dell’esplorazione di Vanzina. Qualcuno si sofferma poi sul fatto che il film sia stato prodotto con finanziamenti pubblici.
Anche la locandina fa discutere, pure questa prevedibile – oltre che nella grafica – nei suoi stereotipi del 60enne arzillo, il giovane marito tradito, la moglie adesca-vicini (insomma, il solito Vanzina anni Ottanta):
In realtà, la commedia che vede protagonista uno dei più grandi mattatori della nostra televisione fin dai tempi del Drive In – chi non ricorda «È lui o non è lui? Cerrrto che è lui!» – vorrebbe solo essere la fotografia dolcemente amara della condizione vissuta in molte delle nostre case: segue la storia di due coppie in procinto di lasciarsi ma che, proprio a causa del Coronavirus, sono costrette a una convivenza forzata, sfociata, nella realtà e nei casi peggiori, in un boom di divorzi. Già, perché la vicinanza così stretta, i ritmi stravolti, i ruoli compressi, ha fatto esplodere tensioni latenti ed esasperato le situazioni più critiche, portando in molti casi alla decisione di prendere strade diverse. Non ci sono ancora dati esaustivi sul fenomeno della “separazione da convivenza forzata”, come l’avevano già definita i cinesi prima di noi, ma gli avvocati sono pronti a scommettere su un aumento del 35-40% di richieste di divorzi.
Una cosa è certa: durante questi mesi abbiamo tutti imparato ad avere più cura del nostro tempo e capito quanto sia prezioso. Che c’è un tempo per piangere, uno per indignarsi e uno per arrabbiarsi, ma anche un tempo per divertirsi e sorridere. Che poi ci faccia sorridere un film come questo, ognuno lo valuti da solo. Sarà prevedibile, pecoreccio e scontato, volgarotto e pieno di doppi sensi, ma forse in tanti ci andranno proprio per questo, per la sua “leggerezza” e superficialità. Se non ci piace, non andiamoci.