Avrà pure compiuto 60 anni, ma Viggo Mortensen conserva il fascino di Aragorn, il cavaliere di “Il Signore degli anelli” che lo ha reso celebre nel mondo. Quando lo incontro in un hotel romano si conferma irresistibile: è scalzo perché, mi spiega, ha bisogno di sentirsi “radicato”. Ed è tornato in forma. Per interpretare “Green Book”, che gli è valso una nomination come migliore attore protagonista ai prossimi Oscar, era infatti ingrassato 20 chili.
Diretto da Peter Farrelly, il film (che ha raccolto in totale 5 nomination) racconta la storia di un’amicizia tra Tony Lip (Mortensen), un buttafuori di origine italiana ingaggiato come autista, e il raffinato pianista nero Don Shirley (interpretato da Mahershala Ali, cadidato come miglior attore non protagonista). È il 1962 e i 2 si avventurano in tour negli Stati meridionali dell’America, profondamente razzisti, dove le persone di colore sono confinate in alberghi speciali, segnalati appunto nel “green book”. Una storia bellissima, e vera: Tony Lip era il padre dello sceneggiatore Nick Vallelonga e la sua amicizia con Don Shirley durò un’intera vita.
È stato impegnativo ingrassare così tanto?
(Ride, ndr) «Purtroppo no. Per settimane mi sono abbuffato di cibo buonissimo a New Orleans. La costumista mi bacchettava se non mettevo su ciccia… Cerco ancora di tornare al mio peso normale».
Perché ha accettato un personaggio così diverso, anche fisicamente, da lei?
«Ero affascinato dalla sceneggiatura, una delle migliori che mi siano capitate. Inizialmente avevo molti dubbi perché non sono italiano. Ma Farrelly ha insistito: “Se hai interpretato l’infiltrato russo di “La promessa dell’assassino” di Cronenberg, farai bene anche Tony Lip”».
Nick Vallelonga, il figlio di Tony, l’avrà aiutata.
«Lui e la sua famiglia sono stati generosissimi, mi hanno invitato a pranzo e offerto una quantità incredibile di cibo italiano, mostrandomi foto, registrazioni, oggetti. La medaglietta con la Vergine Maria che indosso nel film era di Tony e anche l’attrice che interpreta la moglie Dolores, Linda Cardellini, ha messo i suoi gioielli».
Ha “ricavato” qualche altro aneddoto?
«C’è una scena in cui Tony è a letto e mangia una pizza intera chiudendola in due come fosse un panino. L’ho aggiunta io, perché Nick mi aveva raccontato che suo padre era così vorace da rifiutare la pizza a fette che di solito mangiano gli americani».
C’è qualcosa in cui si è riconosciuto?
«Probabilmente nell’amore che Tony provava per la sua famiglia. Sono molto legato a mio figlio Henry e la mia compagna (l’attrice spagnola Ariadna Gil, ndr) ha un ragazzo di 15 anni che vive con noi. Prendo molto seriamente la responsabilità di dare il buon esempio a entrambi. La mia famiglia d’origine è danese, ma in fondo io l’ho sempre considerata un po’ “italiana”: è affollata, rumorosa, si mangia molto. E siamo in ottimi rapporti».
Green Book è un film sull’America razzista degli anni ’60. Crede che oggi sia importante tornare su certi temi?
«Parlare di discriminazione è sempre giusto, in ogni epoca e ovunque. Ma Green Book non è un film politico né ideologico: non ti dice cosa pensare, è semplicemente una storia».
Si parla anche del valore dell’amicizia. Lei ha un amico speciale?
«Non ho molti amici. La mia famiglia ha sempre viaggiato, e quando i miei si sono separati mi sono trasferito in America con mia madre. C’è un gruppo di persone con cui lavoro da anni e a cui posso rivolgermi se ho bisogno di qualcosa. Uno di loro è David Cronenberg, abbiamo fatto 3 film insieme».
Ha superato i 60 anni, un giro di boa importante per un attore. Come si sente?
«Quando ho compiuto i 40 ho pensato: “Ok, sono vecchio”. E a 60: “Santo cielo, sono molto vecchio!”. Ma sono solo numeri. Quando il corpo comincia cedere puoi passare il tempo che ti resta a essere arrabbiato, oppure usarlo per qualcosa di utile».