I cambiamenti sono una costante nella sua vita, ma il più grande è stato la maternità. Oggi che suo figlio ha appena iniziato la prima media, l’attrice Violante Placido, 48 anni, se ne rende conto più che mai. «Vasco mi ha fatto scoprire una nuova parte di me» racconta. Non ha rinunciato alla sua carriera, anzi è ben contenta di mostrare «l’esempio di una mamma che coltiva i suoi spazi e non è relegata al solo ruolo di genitore ma esce, ha delle passioni, lavora».

Violante Placido tra cinema e teatro

Lavora anche tanto: prima di vederla nei panni della sindaca di un paesino toscano nella commedia romantica La dolce villa, prossimamente su Netflix, sfila sul red carpet della Festa del Cinema di Roma per Italo Calvino nelle città, film-documentario di Davide Ferrario che celebra i 100 anni dalla nascita dello scrittore. Subito dopo partirà con la tournée dello spettacolo teatrale 1984, adattamento dell’omonimo romanzo di George Orwell, in scena al Quirino di Roma dal 22 ottobre poi al Carcano di Milano dal 20 novembre. «Un lavoro che mi ha nutrito l’anima» dice.

Violante Placido con Woody Neri nello spettacolo 1984, dall’omonimo testo di George Orwell (ph. Azzurra Primavera).
Violante Placido con Woody Neri nello spettacolo 1984, tratto dall’omonimo testo di George Orwell, in scena a Roma dal 22 ottobre e a Milano dal 20 novembre (ph. Azzurra Primavera).

Intervista a Violante Placido

Nello spettacolo interpreta Giulia, una donna con una doppia personalità.

«Vive secondo le rigide regole del partito, fa parte della Lega giovanile anti-sesso, ma segretamente si ribella al sistema facendo sesso di nascosto. Di fatto è una rivoluzionaria che sovverte le regole».

Le somiglia?

«Concordo con lei che fare l’amore sia il vero atto rivoluzionario e cerco anche io di pensare con la mia testa, specie in questo momento storico, in cui viviamo un clima di paura, di diffidenza, di timore di parlare, di rabbia diffusa anche sui social. Il testo di Orwell offre continui parallelismi con l’oggi, affronta senza filtri temi che ci riguardano direttamente, come la tecnologia che controlla l’individuo, e invita il pubblico ad avere uno spirito critico sulle cose, a non farsi manipolare».

Libere di scegliere

Anche il controllo sui corpi è un tema attuale, se pensiamo al dibattito intorno all’aborto che ancora in molti Paesi è proibito e in altri è un diritto messo continuamente in discussione.

«Il tema è delicatissimo. Nessuna donna pratica un aborto a cuor leggero, ma la nostra libertà di scelta in quanto donne e prima ancora esseri umani è sacrosanta e deve essere rispettata».

La preoccupa questo momento storico?

«Non poco. Stiamo perdendo la nostra umanità, come vediamo tutti i giorni dalle terribili immagini di questa guerra atroce a Gaza. Ma anche restando nelle nostre case siamo travolti dalla velocità, dalle mille cose da fare, da una dedizione al lavoro che ci lascia stremati. Ci chiudiamo nel nostro microcosmo. Tutto questo si riflette inevitabilmente sui nostri figli, che si isolano al cellulare perché ci vedono continuamente assorbiti».

Crescere un figlio maschio oggi

Come guarda alle nuove generazioni?

«Mi sembrano sveglie, attive e reattive. C’è sempre la tendenza delle generazioni precedenti a giudicare le nuove, è un atteggiamento che non amo. Un conto è osservare quello che succede e capire se abbiamo gli strumenti per aiutarle ad affrontare cose che ai nostri occhi sembrano fuorvianti, ma è sbagliato fare paragoni con la nostra infanzia o adolescenza, è limitante per loro e non aggiunge niente a noi. Prendiamo ad esempio la tecnologia: nella nostra vita non c’era, nella loro è preponderante. Io sgrido mio figlio quando ci sta troppo attaccato, se invece usa delle app in modo creativo lo comprendo, è il suo tempo che è diverso dal nostro».

Sente la responsabilità, come madre di un figlio maschio, di crescerlo nel rispetto della figura femminile?

«L’esempio insegna più delle parole. Se dici a un ragazzo di rispettare le donne e tu, madre, non ti rispetti per prima, è difficile che possa comprendere davvero. Con mio figlio parlo sempre molto, cerco di avere un dialogo aperto, così che possa confidarmi anche le sue fragilità. Se c’è qualcosa che lo destabilizza ben venga il pianto, c’è tutto un lavoro culturale e sociale sul maschile che dovremmo fare».

Combattere gli stereotipi

Cosa intende?

«Noi donne ci stiamo riprendendo ciò che ci spetta, ci sono state tarpate le ali e ci hanno imposto per secoli di stare al nostro posto. Ma anche gli uomini sono stati vittime delle loro stesse imposizioni, compressi in un ideale maschile non naturale, con regole non scritte ma tramandate come “non piangere, non avere debolezze, abbi il controllo su tutto, ottieni il rispetto, il potere”. Tutto questo ha creato un malessere tra i generi, entrambi hanno una serie di fragilità e un bisogno di esprimersi e realizzarsi liberamente.

L’ideale sarebbe sostenersi, trovare un buon dialogo noi e insegnare poi questo dialogo ai figli, femmine e maschi in egual misura

Altrimenti si crea una corazza apparentemente forte, ma la repressione delle debolezze genera una violenza che può essere incontrollabile, lo sappiamo. Per questo le nostre figlie e i nostri figli vanno accolti e ascoltati».

Si sentiva ascoltata alla sua età in casa sua?

«No. Il luogo in cui mi sono sentita accolta sono stati i nonni. Capita spesso che i genitori debbano lavorare tanto e i nonni diventano figure che lasciano un segno importante. Creano con i ragazzi dei legami speciali che permettono loro di sentirsi seguiti e protetti».

Rende suo figlio partecipe del suo lavoro?

«Molto, a volte lo porto con me, altre gliene parlo e lui mi aiuta, mi dà le battute, il mio è un mondo che gli piace. Sta sempre lì a creare musica, piccoli film, travestimenti. È curioso».

Una carriera iniziata da giovanissima

Pensando all’inizio dei suoi 30 anni di carriera, cosa direbbe oggi alla ragazza che muoveva i primi passi nel mondo dello spettacolo con Jack Frusciante è uscito dal gruppo?

«Che film quello! Da lì è iniziato tutto, avevo 19 anni. Mi sarebbe piaciuto acquisire più sicurezza, ero molto timida e con l’autostima ancora da sviluppare, mi ci è voluto tempo per comprendere dove sarei voluta andare. Solo con L’anima gemella di Sergio Rubini ho capito di voler davvero fare questo lavoro: bisogna viverla la vita per capire che direzione prendere».

In che modo vive oggi il tempo che passa?

«Chiedendomi periodicamente come sto, e se c’è qualcosa che mi manca».

E come sta?

«Adesso mi sento bene e non mi pongo troppe domande. Seguo tanti progetti nuovi, sono felice di vedere mio figlio crescere e guardo avanti con grande fiducia».