Violante Placido tra cinema e musica
Violante Placido è una donna, e un’artista, difficile da incasellare. È stata la Fata turchina di Pinocchio e la pornostar Moana Pozzi, ha baciato George Clooney e posato per Playboy, ha pubblicato due album da cantautrice. Mi risponde al telefono dall’Abruzzo, dove ha appena presentato il suo ultimo lavoro, Femmes Fatales, uno spettacolo dedicato a icone della musica come Marianne Faithful, Yoko Ono, Patty Pravo. «Finalmente» sospira. «Tornare sul palco cominciava a essere una necessità fortissima».
Una famiglia di attori
Lei sul palco, o davanti alla macchina da presa, ci è cresciuta, del resto. Il padre Michele Placido, celebre nel mondo per essere stato il protagonista di La piovra, la prima grande serie tv che ha raccontato la mafia, è uno dei maggiori interpreti e registi italiani; la madre Simonetta Stefanelli era la moglie di Al Pacino in Il padrino; il fratello Brenno è tra i giovani attori più talentuosi.
La fiction Fino all’ultimo battito
Violante Placido, 45 anni, si divide tra i set cinematografici e quelli musicali, e adesso è protagonista della fiction di Rai1 Fino all’ultimo battito, diretta da Cinzia Th Torrini. Interpreta Elena, compagna remissiva di un cardiochirurgo, Diego (interpretato da Marco Bocci), che per motivi personali scende a un compromesso professionale mettendo in pericolo la sua famiglia. «Elena è una donna che idealizza il marito e ne è in qualche modo dipendente. Molto diversa da me» esordisce Violante.
Intervista a Violante Placido
Per quale motivo?
«Per me la coppia è qualcosa di molto più dinamico, e credo che per farla funzionare ci sia bisogno di mettersi a nudo, di mostrare le proprie fragilità, di raccontarsi anche a costo di ferire l’altro, di rompere il sogno. A differenza di Elena, il mio personaggio, io sono una che nel rapporto col partner (il regista Massimiliano D’Epiro, ndr), parla sempre molto chiaro. Se c’è un momento difficile, non mi dico “Andrà tutto bene”, non aspetto che passi: meglio affrontarla subito, una crisi».
A volte, però, prendere le cose di petto può portare al rischio che peggiorino, in una spirale senza ritorno. Non credi?
«In realtà è proprio quando si smette di comunicare, pensando che il tuo silenzio protegga l’altro, che si rischia di rovinare la coppia e la famiglia».
Il tuo personaggio, Elena, a un certo punto dice al marito: «Mi hai restituito la fiducia nell’amore». Per te quali sono gli ingredienti di questa fiducia?
«Io credo che in amore la fiducia debba essere offerta senza condizioni, senza aspettarsi di ricevere qualcosa in cambio. Men che meno la felicità. Non è affatto giusto caricare il partner della responsabilità di renderci felici, anzi lo trovo un atto di egoismo. Il nostro equilibrio e la nostra serenità dipendono innanzitutto da noi».
Come moglie sei diversa da Elena. E come madre? Lei è molto ansiosa, quasi ossessionata dalla salute del suo bambino. Tu sei apprensiva nei confronti di tuo figlio Vasco, che ha 8 anni?
«Il primo pensiero, soprattutto nel momento particolare che stiamo vivendo, è che lui stia bene, è chiaro. Ma confesso che mi inquieta anche la dipendenza dei nostri bambini dai telefonini».
«In amore do fiducia senza condizioni, senza aspettarmi qualcosa in cambio. Non è giusto caricare l’altro della responsabilità di renderci felici»
E con Vasco come ti regoli?
«Innanzitutto ci confrontiamo con suo padre, in modo da agire in sintonia, poi a mio figlio cerco di spiegare le ragioni di eventuali divieti. Un po’ devo per forza lasciarlo fare, ma lo spingo a ragionare, a sviluppare uno spirito critico. La gestione è faticosissima, non lo nascondo: bisogna sempre essere vigili».
La musica è un modo per lasciare andare le preoccupazioni?
«Più che altro lo strumento per esprimere qualcosa che mi appartiene totalmente, in cui mi esprimo me stessa: quando recito mi baso su un copione scritto da altri».
Sei tornata sul palco, stai lavorando anche a un disco nuovo?
«Più o meno. Ho diversi brani pronti anche se non so ancora bene in che modo li farò uscire. Io sono una che scrive di getto, è un approccio di cui mi fido molto. Mi siedo con la chitarra, e se c’è qualcosa che deve “sgorgare”, un’immagine o un ricordo, si trasforma in canzone».
Chi sono i tuoi punti di riferimento musicali?
«Le donne che omaggio in Femmes Fatales, artiste pure che continuano a comunicarmi un grande senso di libertà e autenticità. Ma anche Nada. Abbiamo condiviso un palcoscenico qualche tempo fa, l’ho trovata straordinaria».
E tra le artiste più vicine alla scena contemporanea?
«La rapper Madame. Mi ha colpita, ha una bella personalità, originale, coraggiosa, stilosa».
Parlando di personalità, hai girato un film con George Clooney, The American. Non posso non chiedertelo: com’è stato?
«Il regista era Anton Corbijn, che è anche un grandissimo fotografo rock. A me sembrava di aver finalmente conciliato le mie due passioni, cinema e musica, in un film hollywoodiano ma anche autoriale. Un’emozione pazzesca».
E George Clooney com’era?
«Come lo descrivono tutti: simpatico, pieno di talento e molto generoso. Ha fatto di tutto per mettermi a mio agio, si comportava come se fossi anche io una star di Hollywood per farmi sentire sul suo stesso piano. Anche se a colpirmi di più è stato Nicholas Cage, con cui ho recitato poco dopo in Ghost Rider».
Nicholas Cage meglio di George Clooney?
«È un uomo che non aveva paura di nascondere le proprie fragilità, capace di farsi vedere anche quando non era al meglio. Molto autentico, empatico. Mi ero presa quasi una cotta!».