Chi è Virginie Efira

Virginie Efira ha un’aria complice nel suo microabito in velluto nero. Quando si siede davanti a me, non posso fare a meno di notare gli slip in tinta che sbucano mentre accavalla le gambe. E di ricordare la celebre scena di Sharon Stone in Basic Instinct (in cui, però, gli slip non li indossava). Con quel film il regista Paul Verhoeven, 30 anni fa esatti, rese l’attrice americana un’icona sexy.

E, siccome il caso nel mondo del cinema raramente esiste, è stato lo stesso Verhoeven a trasformare Virginie Efira da mattatrice della tv belga in una delle interpreti più quotate d’Oltralpe. Lo ha fatto prima con lo scioccante Elle, premio César e miglior film straniero ai Golden Globe nel 2017, in cui Virginie interpretava la moglie dell’uomo che violenta Isabelle Huppert.

Poi, nel 2021 al Festival di Cannes, con il controverso Benedetta, in cui l’attrice naturalizzata francese è Benedetta Carlini, suora italiana lesbica vissuta nel 1600 e accusata di blasfemia.

I figli degli altri, ora al cinema

Ora Virginie Efira cambia completamente registro. In I figli degli altri di Rebecca Zlotowski, in concorso all’ultima Mostra di Venezia e adesso nelle sale, è Rachel, una donna di 40 anni che ama il suo lavoro di insegnante al liceo, prende lezioni di chitarra, è rimasta in ottimi rapporti con il suo ex. Non ha figli, e nemmeno ne ha bisogno per sentirsi realizzata. Finché si innamora di Ali (Roschdy Zem), padre di una bambina di 4 anni, Leila, avuta con la sua ex Alice (Chiara Mastroianni). E si lega visceralmente alla piccola.

Virginie Efira, 45 anni, in una scena del film I figli degli altri, adesso al cinema. In basso, sul
Virginie Efira, 45 anni, in una scena del film I figli degli altri, adesso al cinema. In basso, sul red carpet con il compagno Niels Schneider, anche lui attore.

Intervista a Virginie Efira

Come definirebbe Rachel, il suo personaggio?
«È un misto fra me, la regista Rebecca Zlotowski e la donna descritta nella sceneggiatura. Mi fa venire in mente una frase di Gustave Flaubert: “Ogni cosa, se osservata per abbastanza tempo, diventa interessante”. È così che accade con Rachel: è una persona semplice, che noi osserviamo attraverso molti prismi. E, a mano a mano che ne cogliamo le sfaccettature, ce ne innamoriamo».

Recitare con una piccola di 4 anni è stato difficile?
«Ho fatto molti film accanto a bambini, fino a oggi. A volte sono capaci di memorizzare le battute e di restituirtele senza problemi, altre volte non riescono a impararle e sei tu a doverli indirizzare nel dialogo. A Callie Ferreira-Gonçalves, che interpreta Leila, la regista e io parlavamo come se fosse una vera attrice. Non aveva i genitori a spingerla a recitare, voleva davvero fare quello che ha fatto».

Quando Rachel si separa dal padre di Leila, le spiega che non faranno più le vacanze insieme e non si vedranno tanto spesso. A fine riprese com’è staccarsi da una bambina?
«Non semplice, sul set si crea un rapporto così intimo che a volte i piccoli mi chiamano “mamma”. Io cerco di rispondere con delicatezza: “Sono qui con te, adesso, ma non sono la tua mamma”».

La regista Rebecca Zlotowski ha detto che «il film contiene un messaggio politico rispetto alla maternità, pur senza esprimere un’ideologia: la donna può esistere anche senza figli, magari amando quelli degli altri. Volevo raccontare quel conflitto morale e affettivo che chi si trova nel ruolo di matrigna prova necessariamente».
«Quando ho letto la sceneggiatura scritta da Rebecca, immediatamente ho colto una riflessione sull’essere madri oggi: una descrizione della vita di molte donne che, crescendo i bambini dei compagni, con tutte le dinamiche difficili del caso, “partecipano a un’esperienza collettiva”, come si dice nel film. Non l’avevo mai vista rappresentata sullo schermo e corrisponde a mie esperienze personali, domande che io stessa mi sono fatta».

Anche lei è stata madre dei bambini di un’altra?
«A 23 anni ho sposato un uomo che era già padre (l’attore e produttore Patrick Ridremont, suo marito per tre anni, ndr). Ricorderò sempre la loro madre: per lei non è stato facile, ma mi ha aiutata ad avere una buona relazione con le sue bambine; e loro non hanno mai provato imbarazzo a prendermi per mano, anche davanti alla loro mamma. Come quando la ex di Ali e Rachel si dicono: “Non dobbiamo scusarci al posto degli uomini”. A parte il matrimonio, ho avuto poi altri compagni con figli da precedenti relazioni».

E le ex sono mai tornate indietro per riconquistarli, come fa Alice? «Conosco anche questa esperienza e quel senso di esclusione, quell’essere sempre in secondo piano, che ne deriva. Ma, vede, so anche quanto sia delicata la vita che scegli di vivere – perché è una scelta – quando decidi di stare con un uomo che ha dei figli con un’altra. In qualche modo, metti in conto che c’è sempre una “grande donna” che ti ha preceduta, che tu non sei la madre biologica dei suoi bambini. Questo comporta una certa solitudine: quando ho letto la sceneggiatura, sono scoppiata a piangere. Però ho imparato anche che il confronto continuo è deleterio, occorre capire che è naturale a volte deludere il tuo compagno e i suoi figli».

A proposito di delusioni. Quando Rachel e Ali si lasciano, lei si limita a osservare: «Mi hai delusa». Lei non lotterebbe per tenerlo?
«Non puoi ignorare un legame come quello che esiste fra un uomo e una donna che sono genitori. Cosa fai, gli dici: “Non andare via, non tornare da lei, io sono migliore”?. Non l’ho mai fatto in vita mia. Quanto a Rachel, sente che Ali non vuole avere un altro figlio con lei. Poi accade altro, dal passato spunta un ex studente che le dice: “Mi hai cambiato la vita”».
Una sorta di riconoscimento che aiuta Rachel a superare la rottura? «E anche un messaggio: la vita va avanti ed è piena di belle sorprese».

Stando accanto alla piccola Leila, Rachel inizia a desiderare un figlio suo. Lei ha una bambina di 9 anni. Crede che nella società di oggi la realizzazione e l’identità di una donna passino ancora attraverso il suo ruolo di madre?
«Io e suo padre (il regista Mabrouk El Mechri, ndr) non stiamo più insieme da tempo (è legata da cinque anni all’attore Niels Schneider, ndr), ma condividiamo le cose importanti che riguardano nostra figlia. A parte questo, credo che oggi vogliamo rompere gli schemi, però abbiamo ancora molta paura a farlo. Nessuno ha preso ancora bene le misure di cosa significhi davvero piegare i limiti di ruoli inalterati da secoli».