John Lennon è uno di quelli che non muoiono mai. È andato solo da un’altra parte, dove ha continuato a cercare il senso della propria esistenza. Per dirla con le sue parole: «Non credo alla morte. Penso che sia solo scendere da un’auto per salire su un’altra». Era il 1969 quando le pronunciò: aveva 29 anni, i Beatles ormai erano alla fine del loro percorso e lui stava cominciando una nuova vita. Per questo oggi farebbe una precisazione: «Il mio nome adesso è un altro. Mi chiamavo John Lennon prima di incontrare Yoko, la mia seconda moglie». E in questa precisazione c’è la sua storia: la presa di coscienza da parte di un ragazzo geniale, un percorso di liberazione dai cliché sociali e dai condizionamenti del business e dello star system.
Se oggi vuoi chiamarlo, devi usare il suo nome completo: John Winston Ono Lennon. Lo ha cambiato ufficialmente quando, il 23 marzo 1969, si è sposato con Yoko Ono, 2 anni 4 mesi e 10 giorni dopo averla conosciuta. A 80 anni dalla nascita (Liverpool, 9 ottobre 1940); a 60 dalla prima apparizione su un palco coi Beatles (Amburgo, 17 agosto 1960); a 40 dal suo assassinio per mano di uno squilibrato (New York, 8 dicembre 1980, ore 22,51, 5 colpi di pistola davanti al portone di casa), si può dire che John Lennon è uno di quegli uomini salvati da una donna. L’incontro con Yoko Ono, artista giapponese di 7 anni più grande, ha trasformato una star in un uomo, aiutandolo a diventare mito: da leader di una band musicale a punto di riferimento culturale. Come riconosceva lui stesso: «Abbiamo bisogno di persone che siano punti di riferimento, non abbiamo bisogno di leader».
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La vita di John Lennon
Non la pensava così, prima. Prima era tutta una corsa al successo. E più aveva successo, più era insoddisfatto. John nasce sotto le bombe tedesche all’inizio della Seconda guerra mondiale. I genitori si separano quasi subito. Dalla madre, che idolatra, non si sente amato. Passa infanzia e adolescenza sballottato fra lei, che divorzia e si risposa, e zia Mimi, amorevole, ma un po’ rigida. Sogna di fare l’artista. Disegna con talento. Poi si innamora del rock & roll, colpito da Rock Around The Clock e folgorato da Elvis Presley e dalla sua Heartbreak Hotel. Impara l’armonica a bocca e la chitarra. Finirà per suonare anche il pianoforte, l’organo, la batteria, l’ukulele, il banjo, il sassofono.
A 16 anni fonda la sua prima band, i Quarrymen. Rimane storica la frase di zia Mimi che, stufa di vederlo con la chitarra in mano, dice: «Va bene la chitarra, John, ma non è certo con lei che ti guadagnerai da vivere». In effetti, non è con la chitarra, è con il suo genio che si è guadagnato da vivere e ha conquistato un posto nella Storia. Della cultura, del costume, oltre che della musica. Il primo incontro decisivo è con Paul McCartney, di 2 anni più giovane. È il 6 luglio 1957. Un sabato pomeriggio. I Quarrymen si esibiscono durante la festa nella parrocchia di St. Peter a Liverpool. Un amico comune li presenta. E 3 anni dopo sbocciano i Beatles, con il loro pop rock travolgente, da A Hard Day’s Night a Help!, da Sgt. Pepper’s a Yellow Submarine, per citare solo alcuni album. Fino ad Abbey Road e a Let It Be, usciti nel 1969 e nel 1970, quando tutto era già finito.
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L’incontro con Yoko Ono
«La vecchia gang finì nel momento in cui conobbi lei» riconosce John. Incontra Yoko Ono il 9 novembre 1966 all’Indica Gallery di Londra, dove lei presenta alcune opere. Galeotti sono una mela, esposta al prezzo di 200 sterline, e un chiodo che serviva in una performance. Spiazzante, per Lennon. Prima di andarsene, riceve da Yoko un biglietto con scritto “Respirare”.
Nel 1969 si sposano e non smettono più di respirare insieme. Sono uscite Give Peace a Chance e Imagine, hanno fatto album sperimentali, mostre, performance politiche come i Bed-in, le proteste seduti nel letto giorni e giorni, per la pace ad Amsterdam e a Montréal. Poi John scompare dalla scena pubblica: dal 1975 fino al 1980, quando ritorna in studio con la moglie a registrare un nuovo album, Double Fantasy, che uscirà un mese prima della morte.
Quando gli chiedono: «Che cosa hai fatto in tutto questo tempo?» risponde: «Ho fatto il pane e ho seguito il bambino». Il suo secondo figlio, Sean. Diventare un casalingo è stato il modo per curarsi: «È stato più importante affrontare noi stessi e la realtà piuttosto che continuare una vita nello show business del rock & roll, con tutti gli alti e bassi determinati dai tuoi spettacoli e dalle opinioni del pubblico». Si sentiva in prigione, rischiava di diventare lo stereotipo di sé stesso. Lo evita grazie a Yoko Ono. Almeno fino all’8 dicembre di 40 anni fa, davanti all’ingresso del Dakota Building, dove abitavano sulla 72ª strada, a New York, nell’Upper West Side. Nell’ultima intervista rilasciata in coppia con la moglie a David Sheff nel settembre del 1980, uscita su Playboy il 7 dicembre, a un certo punto John dice: «La vita comincia a 40 anni, sostengono. Ci credo anch’io. Perché mi sento bene. Sono entusiasta. È come compiere 21 anni». Le sue ultime parole registrate sul nastro sono: «Chi può dire che cosa succederà?».