«Ehi, ciao!». Il mio primo incontro con Zadie Smith è informale. La scrittrice inglese, autrice di cult come Denti bianchi, Della bellezza e NW (tutti Mondadori), è seduta a un tavolino all’aperto, reduce da un bagno nella piscina dell’hotel. L’atmosfera è rilassata. Zadie è a Lignano Pineta, in provincia di Udine, per ritirare il Premio Hemingway per la Letteratura. Mi sorride e mi parla in italiano: lo ha imparato quando con il marito, il poeta irlandese Nick Laird, ha vissuto a Roma tra il 2006 e il 2007. «Ora lo mantengo guardando i film di Alberto Sordi e trasmissioni tipo L’eredità o Sanremo». Mi chiede come sto e cosa faccio, com’è andato il viaggio e quanto tempo mi fermerò a Lignano. La soggezione che avevo prima di vederla sparisce: i modi easy di Zadie mi fanno dimenticare la sua vita da star. A gennaio è stata invitata a cena alla Casa Bianca da Barack Obama e a New York, dove abita, frequenta attori, registi e amici scrittori come Jonathan Franzen e Jonathan Safran Foer.
Davanti a una spremuta cominciamo a chiacchierare del suo ultimo libro, Swing time (Mondadori). Un romanzo di formazione in cui a tratti sembra di leggere la sua storia: «Sì, lo so è un po’ personale» osserva. La protagonista è una ragazzina con la pelle bruna, le lentiggini e le gambe lunghe, proprio come Zadie, che narra in prima persona della sua amicizia con Tracey. Con lei condivide dapprima la passione per la danza (la stessa di Zadie, che da bambina era innamorata del tip tap), poi l’adolescenza e i segreti di una vita. Il tutto ambientato in una zona multiculturale di Londra (a parte una lunga parentesi in Africa «alla ricerca delle radici»), simile al quartiere dove la Smith, oggi 41enne, è cresciuta da padre inglese e madre giamaicana.
«I legami fra donne sono importanti»
«Forse questo romanzo ha a che fare con l’idea della confessione: è qualcosa che non riesco a controllare. Perché scrivere è un atto che riguarda il subconscio». Confessare cosa? «Il fatto che i legami tra donne e l’amicizia femminile sono davvero importanti per sopravvivere. E pensare che io appartengo a quella generazione di donne cresciute da madri femministe che credevano che maschi e femmine fossero uguali e si potessero educare senza differenze. Ora che ho dei bambini (Katherine, “Kit”, 7 anni, e Harvey, 4, ndr) ho capito che non è così: mia figlia è totalmente girlish, è nella fase vezzosa; mio figlio è boyish, tutto macchinine e corse». Una madre femminista c’è anche in Swing Time. «Quel personaggio rappresenta un po’ me e un po’ mia mamma. Ma anche un’intera generazione di donne. Ne conosco tante così. Molto pratiche, organizzate». Sono le stesse, mi spiega pronunciando a volte qualche parola in italiano, che vedi nei telegiornali inglesi in questi giorni, dopo la tragedia del grattacielo bruciato a Londra. Donne che portano aiuti alla comunità, che sono sempre in prima fila per lottare e dare una mano. «Quando ero piccola le vedevo in casa, oppure durante i cortei e le marce. Io invece non sono proprio così, faccio fatica persino a mettere in ordine il cassetto della biancheria».
«Nick è stato un ottimo affare»
Come Denti bianchi, il romanzo che a 23 anni ha fatto entrare Zadie Smith nell’Olimpo dei grandi scrittori, Swing time parla anche di identità, traguardi da raggiungere, sogni che si infrangono con la realtà delle cose. E l’amore? «Non mi interessa raccontare storie sdolcinate e romantiche, perché le considero artificiali. Qualcosa che spesso ha a che fare con la “performance”. Pensa alle ragazze tipo Kim Kardashian che devono essere tutto il tempo al massimo, e si svegliano prima del partner per truccarsi. Conosco giovani che non usano nemmeno il bagno del proprio ragazzo per paura di fare brutta figura. Io invece preferisco i rapporti intimi più onesti. È deprimente portare la propria immagine pubblica dentro il mondo privato. A casa credo che uno abbia il diritto di essere un po’ sciatto». Ride. «È vero, mio marito Nick pensa che esageri un po’. Però mi sopporta. Sono sicura di avere fatto un ottimo affare con lui». In Swing time i personaggi hanno mille sfumature. L’amica Tracey, per esempio, a volte è davvero antipatica e terribile. «Perché è così che funziona quando hai 20 anni. Ti sembra di avere centinaia di “friends”, però poi stai a litigare e combattere tutto il tempo. E a 30 ti rendi conto che te ne sono rimasti solo 3, ma buonissimi. Anche la mia amica Lena (Dunham, ndr) nel finale della serie tv Girls ha messo una contro l’altra le ragazze, le ha rese orribili. Molte fan si sono offese. Però è stata onesta e la ammiro per questo».
«Sono una casalinga disperata»
Il nostro incontro prosegue per tutta la giornata. Zadie Smith indossa abiti semplici che su di lei, alta e sinuosa, fanno un figurone. E cambia colore del turbante varie volte: azzurro, marrone, rosso… «Oggi fa caldo e i capelli ricci con questo tempo e questa umidità…». Le chiedo di insegnarmi a metterlo. «Certo, si fa così…». In 2 minuti mi spiega come far diventare una sciarpa da pochi euro nell’accessorio super glam che la rende unica, riconoscibile (anche se in diverse occasioni sfoggia una lunga chioma con le treccine). Il discorso cade sui bambini. Ti hanno cambiato la vita? «Sì, ma non mi ricordo com’era prima. Ah sì, viaggiavo di più e mi svegliavo alle 11. Ora la sveglia è alle 6 e poi comincia la pazza corsa per prepararsi per andare a scuola. In pratica posso scrivere dalle 9 alle 15. Certo, ho ridotto il tempo per le ricerche, però ho trovato uno stratagemma: porto i bambini con me a visitare le gallerie e vedere i quadri. Sarà per questo che ultimamente mi occupo tanto di arte». Oltre ai romanzi, Zadie Smith pubblica racconti, articoli, saggi e insegna alla New York University. «Che non è male come lavoro, ti permette di vivere nella Grande mela». Il vero problema della vita familiare, confessa a un certo punto, è l’housework, i lavori di casa. «Ma per la cena ho trovato la soluzione: una app che usano in tanti a New York. Con circa 10 dollari ti arriva a casa una scatola con dentro gli ingredienti e le istruzioni per preparare i tuoi piatti. Così non devo pensare a cosa cucinare e come riempire la dispensa, e ho più tempo per me e per scrivere».