Il Festival di Sanremo 2021 per noi lo vince Zlatan Ibrahimovic. Ma nulla ha a che fare con i soliti signori del calcio che ci “rubano” le domeniche in famiglia, bensì con un uomo (per di più grande e grosso) che si è messo a nudo, seppur in elegantissimi smoking, e ha permesso a tutto il pubblico a casa di conoscerlo meglio. Di apprezzarlo per ciò che è realmente e capire a pieno il personaggio che ormai conosciamo bene.
Sì, perché quello che siamo sempre stati abituati a vedere, soprattutto in campo, è un Ibra con un solo scopo: quello di fare goal. Un attaccante duro, talvolta freddo e “calcolatore”. Un campione testardo e taciturno che non guarda in faccia nessuno quando deve tirare in porta. Un uomo che si è costruito una forte corazza per non essere travolto dalle sue stesse origini (è nato in Svezia da genitori immigrati jugoslavi che poi si sono separati ndr).
«In Svezia sono tutti svedesi al 100%, io sono frutto della seconda generazione, e devo dimostrare di essere dieci volte più forte degli altri se voglio anche solo una possibilità per sfondare. Ho vinto poi il Pallone d’Oro della Svezia per molti anni, ma solo dopo il 10° trofeo consecutivo ho parlato in pubblico dicendo “adesso mi sento più forte di tutti”. Eppure il record in Svezia lo avevo raggiunto già vincendo il 3° Pallone d’Oro», racconta Zlatan Ibrahimovic che ha ammesso moltissime volte come lo sport gli abbia salvato la vita impedendogli di seguire cattive strade.
«Quando ero giovane, nella mia testa nessuno era più forte di me. Guardavo in televisione Ronaldo, Romario e Baggio ed avevo un solo obiettivo da realizzare: lavorare per dimostrare di essere davvero il migliore, non avevo altra strada nella mia mentalità». E si può dire che ce l’abbia fatta. Alla grande. Pensate che il bomber è entrato addirittura a far parte del vocabolario svedese: lo Sprakradet, l’ente custode della lingua svedese (un po’ come la nostra Accademia della crusca, per intenderci), nel 2012 ha pubblicato una lista di 40 nuovi vocaboli entrati nell’uso comune. Tra questi spiccava proprio il nuovo verbo “zlatanare” che significa “dominare”.
Ma non è per questo che assegniamo al “ribelle del calcio” il famigerato leone sanremese che decreta il vincitore della kermesse ligure. Durante questo strano (e un tantino noioso) Festival con molti siparietti già visti e rivisti, rispolveri in grande stile di “vecchie” icone della musica italiana per ingraziare i numeri di una manifestazione che rispecchia esattamente l’incertezza e la noia delle persone chiuse in casa a forza, quello che ha portato più allegria e spensieratezza è proprio Ibra.
Abbiamo finalmente conosciuto il suo sorriso, la sua autoironia, la sua immensa voglia di vita e soprattutto il suo grande cuore. Uno dei momenti più emozionanti e commoventi è stato durante la terza serata quando ha “duettato” (letteralmente, sulle note di Vagabondo dei Nomadi) con l’amico di sempre Siniša Mihajlović che ha vinto la più dura delle gare, quella contro la leucemia.
«Mio amico, grande gladiatore che sa che cosa è il coraggio, che è stato forte in campo, quasi quanto Zlatan», sdrammatizza Ibra mentre i racconti dei due campioni si intrecciano tra le storie in campo e quelle fuori dal rettangolo verde. Mihajlovic parla oggi tranquillamente della malattia, del dolore e della sfida e Ibra ricorda quel momento e il fatto che «Non avevo la forza di chiamarlo, non avevo le parole al telefono, invece è stato lui a darmi forza. Cosa posso fare per te, gli ho chiesto. Mi serve un attaccante che può fare goal».
Zlatan Ibrahimovic lo ha chiamato tutti i giorni: poche parole sono bastate per saldare un’amicizia iniziata (come raccontano gli stessi protagonisti) con una testata in campo.
Altrettanto significativo l’incontro sul palco dell’Ariston con Donato Grande, campione italiano di Powerchair football. L’attaccante della nazionale è riuscito a realizzare il suo sogno, facendo un paio di passaggi con Ibra che con l’ironia a cui ci ha abituati, in questa esperienza sanremese, ha detto: «Fai dei passaggi migliori rispetto ai calciatori che giocano nella mia squadra».
Ibra non è semplicemente l’istrionico campione dalla fantasia calcistica inarrivabile, immarcabile e statuario: Zlatan sa tenere il palco nonostante i limiti imposti dalle restrizioni anti Covid e trasmettere emozioni con un racconto, un duetto, con le sue interviste fatte di domande essenziali e calibrate e di risposte schiette e senza filtri. Che la televisione italiana possa essere il suo futuro quando deciderà di appendere gli scarpini al chiodo? Chissà, ma se così non fosse all’attaccante va riconosciuto il tentativo di affidare a parole e presenza una leggerezza che non accantona la difficile attualità.
«Perché non siete venuti a fare il Festival a casa mia? Ci sarebbe stato spazio per tutti. Achille Lauro l’avremmo messo in garage a controllare le macchine così i ladri si sarebbero spaventati e non sarebbero entrati».