«A volte riesco davvero a essere una furia» mi confida alla vigilia della nuova stagione di Mare Fuori (la quarta, dal 1° febbraio su RaiPlay e dal 14 in prima serata su Rai 2). Chi segue la serie lo sa: Pia Lanciotti è Donna Wanda Di Salvo, cattivissima (in apparenza) boss della camorra e madre di Carmine, uno dei ragazzi protagonisti. Una donna decisa e ostinata, che sa farsi rispettare, che ama il figlio, anche se così diverso da lei, e per lui farebbe qualsiasi cosa. Il ruolo della “donna forte” non è nuovo per questa straordinaria attrice, 49 anni, salernitana, cresciuta alla scuola di Giorgio Strehler. Ha interpretato nella serie Circeo Tina Lagostena Bassi, paladina dei diritti delle donne e agguerrita avvocata nel processo ai responsabili del massacro degli anni ’70. Ed è stata Fabrizia Martelli nelle prime 2 stagioni di Doc-Nelle tue mani: una primaria di chirurgia esigentissima e in conflitto con la figlia specializzanda. Donne che lottano, che non stanno zitte.
Pia Lanciotti è Donna Wanda
«Dicono sempre che in Mare Fuori la mamma di Carmine è “la cattiva”, io credo sia semplicemente una donna che deve difendere il suo mondo. Non ha altro…» mi rivela, senza fare troppi spoiler su come evolverà il suo personaggio, su come il suo mondo si frantumerà. «È una donna che ha sempre cercato di proteggere l’incolumità del figlio. I due, in fondo, si assomigliano molto: anche lei avrebbe voluto sporgersi fuori da quel contesto orribile e per tante ragioni non ci è riuscita. Vede nel figlio la spinta salvifica ma conosce anche tutte le trappole del sistema in cui vive».
Una donna forte che non ha scelta
Detta così, sembra una donna che non ha possibilità di scelta. «Apparentemente no, ma io credo che le scelte siano sempre possibili. Dipende da quanta energia si ha, da quanti orizzonti si riescono a percepire davanti a sé. Come diceva un mio maestro, Eimuntas Nekrošius (regista teatrale lituano, ndr), “quanto cielo abbiamo sopra le nostre teste e quanto mare abbiamo sotto i nostri piedi”».
L’intervista a Pia Lanciotti
Si è mai chiesta perché le affidano sempre questi ruoli forti? Quanto c’è del suo carattere?
«Credo tutto. Gli attori, in modo cosciente o no, fanno un lavoro di giustapposizione fra le istanze, le ferite, le crepe del personaggio e la propria vita più profonda. Credo che un buon attore non menta mai. Il personaggio non può non vestire o abitare il tuo sangue, perché è la tua voce, la tua storia, il tuo sguardo che interpreta quella roba là. Perciò io adoro i ruoli femminili forti: credo che siano i più interessanti, sono pieni di luci e di ombre. La cosa buffa, nella mia carriera, è che mi hanno affidato spesso ruoli di madre, sì, ma di madre snaturata, non accogliente».
Cosa pensa delle donne “cattive” nella vita reale?
«Le amo. Trovo che la disobbedienza, nell’accezione più alta, sia un valore. Laddove c’è un’ingiustizia la disobbedienza diventa un dovere del cuore. Le donne che riescono a farlo, nonostante tutto, mi colpiscono. Ma non solo le donne, tutte le creature apparentemente fragili mi scuotono nell’anima».
In che senso?
«Quando, anche nei film, vedo il riscatto finale, mi commuovo davvero. Dagli animali ai bambini, dai neri agli omosessuali, alle donne che hanno attraversato ingiustizie e alla fine ce la fanno… Stendo dei tappeti rossi e ringrazio l’umano di essere anche e soprattutto così. Non dovremmo dimenticarlo. Anche a questo servono le storie».
A proposito di donne forti, lei è la voce dell’audiolibro Autobiografia di una rivoluzionaria dell’attivista afroamericana Angela Davis (su Audible).
«Lo sa che quando ho letto il passaggio sul verdetto di non colpevolezza (per il sequestro e l’omicidio del giudice Harold Haley da parte delle Pantere nere nel 1970, ndr) avevo un nodo alla gola? L’incontro con questa commozione è stato deflagrante: ho immaginato come lei possa essersi sentita dopo essere riuscita a uscire da quel destino terribile».
Un’altra voce che hanno cercato di zittire.
«Una voce femminile… Ma io parlo di femminile e maschile in termini di energia, non di genere. L’energia maschile, un’energia materiale, di azione, ha sempre cercato di soffocare ciò che è ispirazione, accoglienza, istinto, l’energia femminile appunto. C’è un tentativo di mantenerci sempre più piccole di quello che siamo da parte di un potere maschile che abusa del proprio ruolo. Credo invece che il potere debba essere collaborativo: perché lo diventi serve l’energia femminile».
Non facile.
«A volte questo potere è più subdolo perché dobbiamo soggiacere a certi modelli. Banalmente: ha mai visto storie interessanti scritte in Italia per attrici oltre i 40-50 anni? Ma è un discorso vecchio…».
Cominciano adesso le registe donne.
«Esatto. Quanto sarebbe interessante vedere la storia di una donna dopo la maternità vissuta. Dopo che i figli vanno via di casa che cosa accade alle donne? Che cosa accade al loro rapporto con gli uomini? Col mondo? Con se stesse?».
Sembra quasi che dopo una certa età diventiamo invisibili.
«Non è il fatto di diventare invisibili, è che probabilmente siamo troppo grandi e gli uomini fanno fatica a relazionarsi».
Lei appare come una donna forte, determinata, ma dalle sue parole emerge anche un lato spirituale. «Come tutti, nei momenti di difficoltà ti accorgi che non basta questa (mi indica la testa, ndr). Devi legare il cervello al cuore. Intorno ai 29 anni ho incontrato una persona che adesso abita in Messico e lavora con gli sciamani: mi ha insegnato a non puntare il dito fuori di me e che ogni cosa che accade ha a che fare con la nostra vita emotiva, con cui facciamo fatica a relazionarci. Dare un nuovo significato a un evento, ri-narrarlo, senza dare la colpa a quello che succede fuori, alla società, all’altro, ci aiuta a trovare un nuovo senso di marcia nella vita. A lasciare andare. Altrimenti rimaniamo nella rabbia e nella frustrazione. Ti si sviluppa una fede nel tuo potere profondo che ti fa superare gli attimi di scoramento».
Quando ha scoperto di avere una voce?
«Subito, fin da ragazzina. Poi mi sono resa conto che mi facevo più piccola per non arrivare al conflitto, una cosa che mi portava via tante energie e non era risolutiva. Però devo dire che oggi l’ho riconquistata, la mia voce, per cui adesso qualsiasi cosa accada io parlo. Ma ho imparato a farlo con gentilezza, rispettando il pensiero dell’altro».
E quella furia di cui mi diceva?
«C’è: a volte posso anche essere feroce. Io non mi arrabbio, divento proprio una furia!».