Una relazione finita per volere di uno solo dei due, un amore non corrisposto o rivolto a un uomo impegnato. Di esempi di amori finiti male, o comunque finiti, ne è piena la storia. Eppure, quando si interrompe una relazione o si soffre perché lui non è coinvolto e non ricambia il sentimento, il dolore può essere davvero atroce: manca il fiato, fa male il cuore (fisicamente), l’angoscia non abbandona mai.
Si può porre fine, in tempi “ragionevoli”, a questo tipo di condizione estenuante? E come si fa? Lo abbiamo chiesto alla dott.ssa Patrizia Frongia, psicoterapeuta familiare e sessuologa (patriziafrongiapsicologa.it).
La biologia
«Iniziamo con una spiegazione biologica di ciò che accade dentro di noi, se si soffre per amore. Quando ci si innamora, si è preda di un vero e proprio disturbo di tipo ossessivo: si ha sempre voglia di vedere l’amato, si avverte il famoso batticuore, si pensa incessantemente all’oggetto dell’amore. Quando finisce una storia o non si è ricambiate, si è comunque preda di un analogo disturbo di tipo ossessivo: non si riesce a smettere di pensare in continuazione a chi ci ha fatto del male, alimentando a dismisura il dolore attraverso una serie di pensieri negativi. Siamo di fronte a quello che viene definito pensiero rimuginativo» spiega la dott.ssa Frongia.
Un taglio netto
È, quindi, necessario imparare a non alimentare il dolore attraverso l’adozione di una serie di strategie che consentano di pensare meno e agire di più. Una delle prime cose da fare, secondo l’esperta, è dare un taglio netto allo stimolo della sofferenza.
«Quando finisce una storia d’amore e se un amore non è corrisposto, è necessario operare una chiusura netta: non si resta amici, non ci si sente, non ci si inviano messaggi e non si “spia” l’amato sui social network. Tutte queste azioni, infatti, altro non farebbero che riaprire in continuazione la ferita allontanando sempre più la guarigione. Il meccanismo assomiglia del tutto a quello che sottende altri tipi di dipendenze. Ed è importante uscire dalla dipendenza, riprendendo in mano la propria vita» continua l’esperta.
Tre settimane
Esiste un periodo di tempo in cui sia ragionevolmente possibile dimenticare un uomo? Sì, e l’esperta ci spiega qual è.
«Per dimenticare un uomo che si è amato o che ancora si ama, sono necessarie almeno tre settimane di tempo, proprio come accade per tutte le altre dipendenze. In questo lasso di tempo è possibile (solo attraverso il taglio netto) allontanarsi dallo stimolo, cambiare l’abitudine e il ritmo» afferma la dott.ssa Frongia.
Centrarsi su di sé
La terza fase, necessaria in questo percorso, riguarda la necessità di riportare l’attenzione su di sé.
«Oltre a operare una chiusura netta con il passato, è importante ri-centrarsi su di sé: uscire con le amiche, camminare, riprendere a fare quello che si faceva prima. È fondamentale “fare”: l’azione, infatti, è il più potente antidoto contro il pensiero rimuginativo» consiglia l’esperta.
Insomma, il motto è “pensare di meno, agire di più“. «All’inizio si farà molta fatica e sarà doloroso, ma la guarigione è davvero a portata di mano. Non si tratta di soffocare o annullare il dolore, ma di non alimentarlo attraverso pensieri negativi. Il dolore è lì, esiste, però è necessario riprendere in mano la propria vita con azioni che allontanino dal continuo rimuginare. Inutile anche ripensare alla storia, ai motivi della rottura, alle dinamiche dei litigi: quando finisce un amore, la responsabilità è sempre al 50% e restare nel passato non aiuta certo a stare meglio» conclude la dott.ssa Frongia.