Le emozioni sono una conseguenza dei pensieri. Se formuliamo pensieri razionali, realistici e adattivi, proviamo emozioni funzionali , se pensiamo invece in modo irrazionale e disadattivo proviamo emozioni disfunzionali, come ad esempio l’ansia. È il paradigma da cui partire per affrontare i disturbi di attacchi di panico , secondo il modello cognitivo-comportamentale.
Se trascurato, il disturbo di attacchi di panico, può sfociare in depressione. E quindi, ad un problema se ne associa un altro.
I sintomi
Singoli episodi di attacchi di panico colpiscono circa il 35-40% della popolazione italiana, configurandosi come disturbo caratterizzato da attacchi ripetuti solo nel 5% dei casi . I dati provengono dall’Associazione Liberi dal Panico e dall’Ansia (ALPA) di Roma. Questo vuol dire che circa 10 milioni di Italiani hanno provato almeno una volta nella vita la sensazione di essere “morsi” dal panico.E per circa 500.000 di questi al primo attacco seguirà un altro, e poi un altro ancora.
“La sintomatologia fisica annessa all’attacco di panico raggiunge l’apice nell’arco di una 15ina di minuti, ed è talmente forte che la persona interessata vive come reale la paura di morire o che accada qualcosa di terribile – precisa la psicologa Carli . Sensazione di mancanza di respiro , apnea, palpitazioni, tachicardia , sudorazione improvvisa sono i sintomi principali, ma anche tremori, sensazioni di svenimento, dolore toracico, oppressione, brividi o vampate)”.
Ai sintomi fisici subentra la paura
“La reazione conseguente di chi si è stato vittima di un attacco di panico è quella di rivolgersi al medico , che dopo un’accurata visita escluderà patologie fisiche, per esempio a carico dell’apparato cardiovascolare o respiratorio – continua la dottoressa Carli.
La persona infatti gode di una buona salute , ma comprensibilmente svilupperà un’altra reazione, questa volta di tipo emotivo , e cioè la costante preoccupazione che l’episodio si ripeta, comportando un grave disagio esistenziale. La sua salute diventerà fonte di pensieri ipocondriaci, le sue attività di routine si limiteranno, i suoi contatti sociali si ridurranno…in una parola, la sua vita sarà frenata fino a cadere nel pericoloso isolamento.
Si tratta di paure inspiegabili dal punto di vista razionale e verso cui non si avverte alcuna possibilità di controllo.
Il circolo vizioso del disturbo di attacco di panico
“Si innesca così un circolo vizioso di ‘paura della paura’, per cui la persona nel tentativo di controllare il panico , e quindi di evitare un nuovo attacco, cercherà di schivare nella quotidianità tutte le situazioni “pericolose” generatrici di crisi, come ad esempio specifici percorsi in auto, i luoghi di ritrovo, i negozi, le code, la compagnia di amici ecc., associando erroneamente queste situazioni all’origine del disturo – spiega l’esperta in psicologia.
In realtà, questi comportamenti di “evitamento” non faranno altro che rinforzare la paura, anziché placarla: la sensazione di sollievo sarà solo momentanea”.
Ecco perché è importante curare tempestivamente il disturbo di attacco di panico, perché potrebbe sfociare in una situazione di isolamento dal mondo esterno e in una forma di depressione maggiore.
Che cosa fa scatenare un attacco di panico la prima volta?
Se da un lato si manifesta in modo imprevedibile , “può succedere che la persona predisposta all’attacco di panico interpreti erroneamente dei segnali ‘diversi’ della respirazione (ad esempio respiro corto, affanno, dispnea) come segnali gravi che provengono dal corpo. Interpreterà quindi in maniera catastrofica quello che sta accadendo, come se stia per sopraggiungere la fine – spiega la dottoressa Carli.
Può dipendere da un evento emotivo?
Di solito c’è un evento scatenante: il primo attacco di panico infatti può verificarsi in concomitanza di una situazione vissuta in modo particolarmente pesante , doloroso o stressante. Ma va specificato che si è gia in presenza di una persona che interpreta in modo disfunzionale i fatti, come ad esempio senza via di uscita o precipitanti.
Curare il disturbo di attacco di panico
L’approccio cognitivo
Fortunatamente del disturbo di attacco di panico si può guarire, purché lo si affronti tempestivamente con un aiuto psicoterapeutico. La psicoterapia è la strada più efficace per ottenere i risultati nel breve e lungo periodo. “Da soli è difficile farcela: la persona deve allearsi con lo psicoterapeuta per modificare le sue interpretazioni cognitive della realtà – precisa la psicologa Carli.
A tale scopo infatti l’approccio cognitivo-comportamentale è il più adatto a curare il disturbo: attraverso la dimostrazione operata dal terapeuta che le sue convinzioni (di morire) sono irrealistiche , la persona impara ad affrontare il disturbo, e a non averne più paura.
…e l’approccio comportamentale (segue dall’altra pagina )
Oltre ad intervenire sul modo di pensare della persona (parte cognitiva del percorso), lo psicoterapeuta la aiuta ad associare le situazioni temute a momenti di rilassamento e non più alla paura che si scateni un altro attacco di panico. Attraverso tecniche di training autogeno e di rilassamento muscolare , la persona impara a fronteggiare la situazione di evitamento.
Due suggerimenti lampo?
1) Mentre si sente che sta per sopraggiungere un attacco, fermarsi a chiedersi : “qual è la cosa più grave che mi possa accadere? In effetti, niente “.
2) Controllare il respiro corto e affannoso di quel momento, aprendo più l’addome che il torace. Serve a ridimensionare la sensazione tipica della mancanza di aria.
Si ringrazia la gentile disponibilità della Dottoressa Nunzia Carli, psicologa e psicoterapeuta ad indirizzo cognitivo-comportamentale di Barletta.