Sembra impossibile eppure è realtà: in casi eccezionali, l’ipnosi può essere usata in alternativa all’anestesia. L’hanno dimostrato due interventi all’avanguardia, uno avvenuto presso l’ospedale San Martino di Oristano e l’altro portato a termine presso l’ospedale di Padova: in entrambi i casi, le donne erano allergiche a ogni tipo di anestetico e l’ipnosi rappresentava l’unica soluzione.
A Padova è stato asportato un melanoma alla coscia. «La paziente ha ricordato ogni parte dell’intervento durato 20 minuti e ha sentito l’incisione del bisturi come un tocco leggero» racconta Enrico Facco, docente di anestesia e rianimazione dell’università veneta.
Com’è possibile? «Si distrae l’attenzione del malato dalla parte del corpo su cui il chirurgo sta operando e lo si induce a concentrarsi su immagini piacevoli. Per esempio un bel paesaggio» spiega Facco «Il paziente entra in un profondo stato di trance e non percepisce così il dolore».
L’operazione di Oristano è stata ancora più straordinaria, non fosse altro che per la durata: un’ora e 40 minuti. «Prima dell’intervento abbiamo fatto due sedute di ipnosi a livello profondo per avere la certezza che la paziente rispondesse all’ipnosi e fosse in grado di entrare in uno stato di trance» dice Nino Sole, specialista di ipnosi clinica e psicoterapia ipnotica «Così, alla donna è stato inserito nel petto un defibrillatore automatico che serve in caso di arresto cardiaco».
Anche se queste due esperienze sono uniche nel loro genere, il dottor Sole è convinto che l’ipnosi in futuro possa diventare una pratica diffusa e dare ottimi risultati anche in sala operatoria.
L’ipnosi in chirurgia è ancora in fase sperimentale, ma può essere preziosa per tenere sotto controllo l’ansia e il dolore in altre situazioni: per esempio, per vincere il terrore del dentista o ridurre le dosi dell’anestetico.
«Anche se è difficile crederlo, esistono pazienti che chiedono al dentista l’anestesia totale» dice Enrico Facco «Sono casi limite, persone che hanno una reazione di vomito appena si inserisce in bocca lo specillo, lo strumento che serve a controllare lo stato di salute dei denti. Con loro, all’ospedale di Padova, usiamo l’ipnosi che dà ottimi risultati. E spesso, tra l’altro, guariscono per sempre dalla paura».
Per attenuare i dolori del parto si ricorre invece all’autoipnosi, che dev’essere insegnata da uno specialista. La partoriente entra in una leggera trance e si concentra su immagini positive e rilassanti. Grazie allo stato di serenità il cervello libera le endorfine, sostanze che stimolano sensazioni piacevoli e che aiutano a ridurre il dolore.
«Il 50% della sofferenza non è legato allo stimolo biologico ma all’approccio psicologico, cioè alla paura del male che ci si aspetta di provare a causa delle contrazioni» spiega Giovanni Farano, ginecologo e psicoterapeuta in un centro privato a Rho (Milano) «Per la preparazione servono otto sedute, due mesi prima della nascita del bambino, poi la donna deve ripetere gli esercizi a casa, per ricreare lo stato ipnotico. In sala parto, invece, ascolterà un cd con la mia voce».
Ma l’ipnosi serve anche come tranquillizzante durante una gastroscopia, così da evitare la sedazione con i farmaci.
«Se una persona è tesa e ha paura dell’esame, logica e razionalità non servono» spiega il dottor Georgios Verros, specialista in gastroenterologia ed endoscopia digestiva presso l’Ospedale Santa Croce di Cuneo «Io induco quello che tecnicamente si chiama “stato modificato della coscienza“, che tranquillizza il paziente perché fa vivere le emozioni negative in modo positivo. Il tono della voce e lo sguardo del medico sono fondamentali. Aver superato le proprie paure senza l’aiuto dell’anestesia è un’esperienza che resta per la vita e aumenta la fiducia in se stessi».
L’ipnosi può essere utile anche nella cura delle cefalee gravi che non rispondono ai farmaci. «Facciamo in modo che i pazienti si concentrino sul momento presente, li aiutiamo con metafore e visualizzazioni a ridurre la percezione del dolore» chiarisce Nicoletta Gava, psicologa clinica, direttore dell’Istituto Milton H. Erickson di Torino, una rete di professionisti in tutta Italia.
Gava si spiega con un esempio: «il paziente potrebbe immaginare che il mal di testa sia un masso incandescente e che lui deve spegnerlo, riducendolo in piccoli granuli che volano fuori dalla testa. Ognuno però sceglie fantasie e metafore diverse. Esistono casi semplici che si risolvono con poche sedute e altri, quando il paziente ha problemi psicologici profondi legati alla cefalea, che richiedono più tempo».