L'olio di Palma e la deforestazione

L’olio di palma e il problema della deforestazione

L’olio di palma è l’olio vegetale più usato sul pianeta. Secondo le organizzazioni ambientaliste, il suo eccessivo impiego da parte dell’industria alimentare ha comportato diversi problemi ambientali. Negli ultimi anni il numero delle piantagioni delle palme da olio, coltivate in maniera estensiva, è aumentato in modo esponenziale, sta danneggiando le foreste pluviali.

Il fenomeno è presente soprattutto in Indonesia e Malesia, che insieme esportano il 90% della quantità totale di olio di palma in tutto il mondo.

Olio di palma certificato

L’olio di palma certificato

Per affrontare la questione ambientalista, alcune aziende produttrici di olio di palma e le ONG hanno istituito delle regole comuni per coltivare le palme da olio in modo sostenibile, cercando di fermare la deforestazione in corso.

Dal 2008 viene prodotto l’olio di palma certificato che ha un logo RSPO. Tuttavia, alcune questioni non convincono le associazioni ambientaliste, come ad esempio l’uso di pesticidi e l’assenza dei controlli sulle emissioni di CO2 durante il processo di produzione dell’olio di palma.

Per migliorare a certificazione RSPO, così come i parametri per l’olio e le piantagioni di palma sostenibile, il WWF, Greenpeace, Rainforest Action Network e altre organizzazioni hanno dato vita alla Oil Innovation Group Palm (POIG). Si tratta di un’associazione che ha lo scopo di incitare i governi e gli imprenditori a migliorare le leggi esistenti, le condizioni di lavoro e di sfruttamento delle risorse naturali, con l’unico scopo di proteggere i polmoni del pianeta: le foreste pluviali.

Olio di palma davvero così ricco di grassi?

L’olio di palma e la sua composizione di grassi

Dal punto di vista nutrizionale, i dubbi di consumatori e nutrizionisti riguardano il fatto che l’olio di palma avrebbe un tasso di grassi saturi superiore ad altri oli, e ciò sarebbe dannoso per la salute cardiovascolare.

Ma è davvero così? Va fatta una doverosa premessa: i grassi alimentari non sono tutti uguali, poiché dal punto di vista chimico sono divisi in: acidi a catena corta (dal valore protettivo contro il rischio cardiovascolare), acidi grassi a catena media (neutri) e acidi grassi a catena lunga (i dannosi). Gli acidi grassi a catena lunga aumentano il rischio di sviluppare l’ipertensione arteriosa, l’arteriosclerosi e colesterolemia.

L’olio di palma è ricco dell’acido palmitico (un acido grasso a catena lunga), ma contiene anche il 51,5% di acidi grassi insaturi protettivi, così ripartiti: 39% di grassi monoinsaturi (acido oleico, tipici di olio di oliva) e 21,6% di grassi polinsaturi, derivante dall’acido linoleico (fonte OMS).

A titolo di confronto, il burro contiene solo il 21,6% di acido palmitico, insieme agli acidi laurico e miristico (media catena) che sono neutrali per il rischio vascolare. Contiene inoltre acido butirrico (catena corta), che è un grasso protettivo nonostante il fatto di essere saturo. Tuttavia, la percentuale di acidi grassi monoinsaturi (quelli protettivi) del burro corrisponde alla metà di quella dell’olio di palma.

L'olio di palma e l'idrogenazione

L’olio di palma e l’idrogenazione

Malgrado il contenuto dell’acido palmitico, l’olio di palma non aumenterebbe il colesterolo totale. Secondo gli ultimi studi è la sua composizione complessa di acidi grassi a non renderlo così dannoso come si pensa. Ma, la questione cambia quando l’olio di palma viene idrogenato, poiché la quantità di grassi saturi (dannosi) ne risulta moltiplicata. L’idrogenazione è il processo attraverso il quale l’olio diventa solido.

Quello che non si sa è che l’olio di palma, allo stato grezzo, è ricco di vitamine, carotenoidi e polifenoli. Bisognerebbe capire se l’olio di palma contenuto nei biscotti industriali per esempio è idrogenato o meno. Ma le etichette sono davvero così chiare?

L'olio di palma e gli studi controversi

L’olio di palma e gli studi controversi

Gli ultimi dati nutrizionali relativi all’olio di palma rivelano che, durante la cottura, “reagisce” meglio dell’olio di semi e di burro, dal momento che resta stabile anche temperature elevate e pare che non si ossidi facilmente.

Ma la questione è discussa, poiché altri studi scientifici rilevano risultati contraddittori, che non possono essere comparati a causa della loro imprecisione nella definizione dell’olio di palma analizzato.

Al momento non c’è uno studio scientifico attendibile sui valori nutrizionali dell’olio di palma a seconda della sua lavorazione (intero, raffinato o frazionato).

Quello che finora si sa per certo è che lo stato migliore di olio di palma è quello intero, cioè grezzo, così come “nasce” una volta estratto dalla pianta. È infatti ricco di beta-carotene, alfa-carotene e vitamina E (alfa-tocoferolo). Il prodotto raffinato, che è il più utilizzato nell’industria alimentare, mantiene solo alcune proprietà dell’olio grezzo.

Olio di palma e pesticidi

L’olio di palma e i pesticidi

Un altro problema legato all’olio di palma è la sua contaminazione derivante dai residui di sostanze chimiche tossiche. Alcuni paesi che coltivano l’olio di palma consentono ancora l’uso di sostanze come il DDT, che in Italia e in Europa sono vietate.

Fortunatamente nelle piantagioni del Sudest asiatico vengono effettuati controlli regolari sull’uso dei pesticidi: i risultati non mostrerebbero residui chimici in quantità superiori ai limiti consentiti dalla legge.