Il pesce crudo è ormai entrato nel regime alimentare di molte persone. Una scelta ottimale con il caldo estivo, è molto apprezzato anche quando il clima si fa più rigido. Soprattutto il sushi e il sashimi sono ormai un’abitudine consolidata per pause pranzo, cene romantiche o anche in compagnia, diventando non solo una moda ma un vero e proprio stile di vita.

Il pesce, si sa, è un alimento completo da un punto di vista nutrizionale. Cuocendolo, però, tante di queste proprietà nutrizionali diminuiscono, motivo per cui l’eliminazione del trattamento termico permette di assorbire una maggior quantità di acidi grassi essenziali, vitamine, minerali, calcio e ferro.

Rischi

D’altro canto, il consumo di pesce crudo deve prevedere il rispetto di alcune precauzioni poiché può causare intossicazioni e infezioni determinate da batteri patogeni o da parassiti.

La contaminazione da parte di microrganismi come ad esempio Listeria, Escherichiacoli, Salmonella, infatti, può portare a soffrire di problemi al tratto gastrointestinale. Inoltre si può incorrere in patologie tra cui le parassitosi, determinate dall’assunzione di alimenti contaminati da organismi patogeni, le infezioni per eventuali contaminazioni da microrganismi quali batteri e virus, le intossicazioni nel caso di assunzione di alimenti contaminati da tossine batteriche o delle alghe, e le tossinfezioni dovute alla contaminazione sia da parte di batteri patogeni che delle rispettive tossine.

Anisakis

L’Anisakis simplex è un parassita intestinale che, nel suo stato di larva, si annida in molti pesci come ad esempio il tonno, salmone, sardina, acciuga, merluzzo, nasello e sgombro. È molto più diffuso di quello che si pensa e si estende anche ai tessuti muscolari del pesce se, quando questo viene catturato, non viene prontamente eviscerato.

Per evitare che risulti dannoso per la salute, si possono mettere in atto alcuni accorgimenti che mettono in salvo da possibili contagi. Come da circolare del Ministero della Sanità, il pesce che viene assunto crudo, deve essere stato in precedenza congelato, in quanto le larve Anisakis muoiono dopo 96 ore a -15°C, 60 ore a -20°C, 12 ore a -30°C, 9 ore a -40°C. Da notare che la marinatura non è efficace per eliminare le larve in questione.

Gli amanti dei molluschi e dei crostacei invece possono tirare un sospiro di sollievo: nelle ostriche, così come nelle cozze, vongole, tartufi di mare, gamberi, scampi, aragoste, non si possono trovare tracce di Anisakis, in quanto questi hanno bisogno dell’intestino dei pesci per poter svolgere il loro ciclo vitale, organo che non è presente in queste specie.

Intossicazione: quali sintomi?

Quando un pesce infetto viene mangiato crudo o non completamente cotto, le larve migrano dal pesce alle pareti dell’apparato gastrointestinale dell’uomo, e possono arrivare fino allo stomaco o al colon. La parassitosi causata da Anisakis presenta i sintomi da 12 ore a 7 giorni dopo l’ingestione del pesce contaminato, provocando dolori addominali, nausea e vomito.

Qualora le larve ingerite con l’alimento non vengano espulse entro poche ore o giorni con vomito e/o feci e riescano a penetra nella mucosa gastrointestinale, si può incorrere in una forma cronica, più rischiosa in quanto può coinvolgere anche altri organi come fegato, milza, pancreas, vasi ematici e miocardio. Tra gli altri rischi, da segnalare anche la possibilità di reazioni allergiche determinate dalle proteine antigeniche termoresistenti dei parassiti.

Se si è incappati nell’Anisakis, in caso di forma acuta si può rimuovere il parassita tramite gastroscopio o colonscopio con pinze da biopsia, mentre nelle forme croniche ci si deve sottoporre ad un intervento chirurgico per asportare la parte dell’intestino intaccata dal parassita.

È quindi sempre consigliabile seguire le regole di congelamento, nel caso di consumo nella propria abitazione, o di assicurarsi dal ristoratore che sia stato eseguito tale procedimento ed essere quindi al sicuro!