Daria Bignardi dice che Caterina va ringraziata “per averci insegnato a vivere”. Massimo Gramellini sostiene che chiunque dovrebbe “guardare la vita con gli occhi di Caterina”.
Caterina la conosciamo già tutti, di lei si è parlato sui giornali, in televisione, su Internet. Ma la sua storia merita di essere raccontata ancora una volta. Anche in un libro.
Caterina Simonsen ha ventisei anni e quattro malattie molto rare che ogni giorno la obbligano a prendere trenta medicinali diversi e a stare attaccata al respiratore per venti ore. Caterina è anche studentessa di Veterinaria, all’Università di Bologna.
Un giorno, nel dicembre 2013 Caterina ha coraggiosamente pubblicato sul web un messaggio. Nelle immagini si vedeva lei con il sorriso nascosto dai tubi che le permettono di respirare. In mano Cate teneva un cartello un testo scritto con i pennarelli: “Io, Caterina S., ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale. Senza la vera ricerca sarei morta a 9 anni”.
La sua presa di posizione ha immediatamente suscitato commenti irripetibili da parte delle frange più estreme dell’animalismo. Quel giorno, a Caterina sono arrivate offese di ogni tipo e persino minacce di morte. Tanto per capire quali fossero i toni, una delle risposte al suo messaggio diceva che “era meglio se morivi a 9 anni. Io sperimenterei sulle persone come te”. Ma dopo l’iniziale spavento, Caterina non si è arresa neppure a contestazioni così violente. Anzi, con la tenacia che da sempre la contraddistingue, ha continuato a spiegare la sua storia, a esporre le sue ragioni.
Ora Caterina racconta la sua vita e la sua malattia in un libro. Si intitola Respiro dopo respiro, è edito da Piemme. Lo trovi in edicola con Donna Moderna, oltre che in libreria e anche online su inMondadori.it.
“Amo troppo la vita e tutto ciò che mi ha dato,” scrive Caterina “ogni istante, ogni respiro, ogni colpo di tosse. Con il tempo sono arrivata persino ad amare le cicatrici che punteggiano il mio corpo, a trovarne un significato. Molti pensano che la malattia, una come la mia specialmente, sia sintomo di tristezza e rassegnazione. Una sorta di attesa. Invece è tutto il contrario…”