Come leggere le etichette alimentari
Facciamo la spesa convinte di mettere nel carrello tante cose buone: biscotti senza zucchero, grissini senza sale, merendine senza grassi idrogenati. Sì, perché così dice la loro confezione. Spesso, però, non tutto ciò che compriamo è quello che sembra e, anche se un cibo non contiene una cosa dannosa per la salute, non significa che tutti gli altri ingredienti usati siano sani.
Da diversi anni l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare è impegnata nell’aggiornare le normative che riguardano le etichette, per evitare diciture fuorvianti, ma la strada da percorrere sulla via della chiarezza è ancora lunga. Come ci regoliamo nel frattempo? Controlliamo con cura le scritte sulle confezioni.
Alimenti “senza zucchero”
Sulla scatola dei biscotti e sul succo di frutta c’è scritto ”senza zucchero”, “sugar free” e simili? Buona notizia, ma prima di mettere nel carrello, accertatevi che lo slogan corrisponda a verità. Questa dicitura, infatti, si riferisce solo al comune zucchero da tavola (il saccarosio). Ma l’alimento potrebbe contenere dolcificanti diversi, con un impatto sulla glicemia uguale a quello dello zucchero. Occhio, quindi, se fra gli ingredienti trovate:
- sciroppo di glucosio o di cereali,
- destrosio,
- lattosio,
- maltitolo
Anche questi, infatti, sono zuccheri e spesso vengono usati contemporaneamente nello stesso cibo, in modo che nessuno sia presente in quantità eccessiva (ricordate, però che quello che conta è la somma).
«La dicitura “senza zucchero” è ambigua» aggiunge Luca Speciani, medico e alimentarista «perché non sempre specifica se si tratta di zucchero aggiunto oppure naturalmente presente nell’alimento. Spesso, poi, anziché dolcificanti naturali vengono impiegati prodotti di sintesi, come l’aspartame e l’acesulfame, che favoriscono anche loro l’aumento di peso e sembrerebbero persino collegati ad alcuni tumori (all’argomento si stanno dedicando dal 2007 i ricercatori della Fondazione europea di oncologia e scienze ambientali dell’Istituto Ramazzini di Bologna). Meglio piuttosto scegliere alimenti dolcificati con succhi di frutta, per esempio d’uva o di mela, che hanno un impatto minore sulla glicemia, perché i loro zuccheri vengono assorbiti nel sangue più lentamente» spiega l’esperto.
Alimenti “senza grassi idrogenati”
I cibi industriali sono fatti spesso con grassi idrogenati. Si tratta di oli vegetali ottenuti mediante un processo di lavorazione che
li rende meno deperibili e più consistenti. Questi grassi alterati sono particolarmente dannosi per la salute, perché abbassano il colesterolo buono nel sangue e innalzano quello cattivo. Utile, quindi, preferire prodotti che non li contengono. «Purtroppo, però, la dicitura “senza grassi idrogenati” non dà nessuna garanzia salutare.
Al posto dei grassi idrogenati, infatti, possono essere stati usati grassi vegetali a basso costo, come l’olio di palma o di palmisti, per esempio che, anche se meno dannosi, sono tuttora al centro di molti studi, perché si ritiene che possano avere effetti negativi sul colesterolo. Anche in questo caso, controllate l’etichetta e puntate su cibi fatti con olio extravergine d’oliva o di girasole» dice Fabio Piccini, medico esperto in nutrizione.
Alimenti “senza sale”
Se sulla confezione troverete la dicitura “non contiene sale”, non c’è nulla di ingannevole. Tuttavia, quasi sempre l’etichetta si riferisce
al sale aggiunto e non tiene in considerazione il fatto che alcuni alimenti, il tonno per esempio, sono naturalmente ricchi di sodio. Oppure il cibo potrebbe essere stato confezionato con materie prime che, a loro volta, sono molto salate, come la maionese industriale e la salsa di soia (non sempre le etichette indicano anche la composizione di ogni singolo ingrediente).
«Inoltre, al posto del sale, può essere stato usato un altro esaltatore del gusto, il glutammato monosodico (lo trovate indicato così oppure con la sigla E621 o ancora dietro la dicitura “estratto di lievito”). E il glutammato è un potente stimolatore del sistema nervoso centrale: in chi ne fa largo uso può provocare disturbi come la “sindrome da ristorante cinese”, che comporta problemi neurologici, cefalea, irritabilità e stanchezza» chiarisce il dottor Luca Speciani.
Alimenti “integrali“
«Non basta che pasta, pane e biscotti riportino sulla confezione la scritta “integrale” per essere considerati tali» dice il dottor Speciani. «Un cibo davvero integrale deve contenere almeno l’80% di farina non raffinata. Anche in questo caso, quindi, controllate bene la lista degli ingredienti. Spesso, invece, in commercio ci sono cibi chiamati “integrali”, ma realizzati con dosi molto basse di queste farine oppure fatti con un prodotto raffinato mescolato a crusca o cruschello, scarti della lavorazione del frumento, che danno ai cracker o ai grissini il caratteristico colore ambrato, ma nulla più» chiarisce il dottor Luca Speciani.
Alimenti “No Ogm”
Nell’Unione Europea tutti i prodotti che contengono più dello 0,9% di Ogm devono dichiararne la presenza in etichetta. «L’indicazione “No Ogm”, quindi, non esclude la presenza di tracce di organismi geneticamente modificati (i cui effetti sulla salute non sono ancora del tutto noti) dovute a contaminazione accidentale oppure, nel caso delle carni e del pesce, ai mangimi utilizzati negli allevamenti (in questo caso non è obbligatorio indicare in etichetta l’uso di Ogm). Ci sono aziende e catene di supermercati, però, che garantiscono sulle confezioni l’assenza di Ogm nella filiera della loro carne. Quando possibile, quindi, meglio preferire questi prodotti».